Avete presente quella storica rubrica de La Settimana Enigmistica, “Cosa apparirà”? Si devono unire una serie di puntini apparentemente slegati e sconnessi, e alla fine appare una figura compiuta. Bene, è lo stesso gioco che si può fare sbirciando la lista degli assenti al voto sulla pregiudiziale di incostituzionalità sullo scudo fiscale di martedì, alla Camera. Come è andata lo sapete: la maggioranza stava per andare sotto con soli 267 voti. Ma le opposizioni, invece di raccogliere tutti o quasi tutti i voti che avevano sulla carta (279) si sono fermate a quota 215 e hanno perso.
Era inevitabile? La risposta è semplice: no. E soprattutto: come mai è accaduto? Risposta: in primo luogo per via di un plotone di assenti: molti (59 su 216) nel Pd, alcuni (8 su 37) nell’Udc, pochissimi (2 su 26) nell’Italia dei valori. Un mucchio di luci spente nel tabellone elettronico dello scrutinio. Avevamo promesso che avremmo pubblicato quella lista, la trovate qui a fianco. Ed ecco perchè, unendo quei puntini neri, fra tante luci rosse e verdi accese, si scoprono alcune cose importanti: in primo luogo che c’erano molti assenti “in missione” (ovvero coloro di cui, per diversi motivi, spesso istituzionali, la presidenza della Camera giustifica l’assenza). In secondo luogo che proporzionalmente c’erano molti meno presenti nel Pd che negli altri partiti (il 72.69% contro il 78.38% dell’Udc e il 92.31% dei dipietristi). In terzo luogo che moltissimi dirigenti, tra gli assenti del Pd, erano dirigenti di primissimo piano: i due candidati alla segreteria, Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. Subito dopo il leader più carismatico, Massimo D’Alema. Quindi una nutrita pattuglia di ex ministri (o ministri ombra). Livia Turco, Cesare Damiano, Pina Picierno, Lanfranco Tenaglia, Beppe Fioroni e Barbara Pollastrini (non Rosy Bindi che era in missione). Il primo paradosso, dunque, è che alcune delle persone più legate all’attività parlamentare del partito, erano assenti in un momento decisivo. E’ normale? Ovviamente no.
Ma questa è solo una delle figure che appare unendo i puntini. Se si usa un altro filtro, quello degli incarichi interni, si fa un’altra scoperta. Antonello Giacomelli è il capo segreteria di Franceschini; Piero Martino il suo portavoce; Ettore Rosato il coordinatore nazionale della mozione e Francesco Saverio Garofani (leggete l’intervista di Wanda Marra) il braccio destro del leader, Emanuele Fiano è il candidato alla segreteria della Lombardia. La figura dunque prende forma e suggerisce una risposta: tutto lo staff del segretario e gli uomini più vicini a lui (forse era meglio non far eleggere collaboratori e amici in parlamento?) erano assenti. Ma se si mette un altro filtro si fa un’altra scoperta: al voto non hanno partecipato nemmeno Sandro Gozi, il portavoce della mozione Marino, Michele Meta (il coordinatore nazionale ). E poi l’ex portavoce di Prodi, Sandra Zampa. Dallo stenografico risulta che tre deputati Realacci Ileana Argentin e Galletti hanno dennunciato un errore tecnico cdel sistema. Ma conterà qualcosa il fatto che quello stesso giorno Bersani e Franceschini si sono scambiati accuse feroci e hanno passato il pomeriggio a vergare comunicati di fuoco? Ieri, dopo che uno dei leader di sinistra e libertà, Claudio Fava, ha sollevato la questione (“Hanno regalato lo scudo fiscale al governo”) il piddino Claudio Bressa dava una risposta singolare: “Le assenze erano nella media”. Se il 30% di assenze fossero “nella media” in un voto di importanza capitale (inferiore solo alla fiducia) ci sarebbe da preoccuparsi. Se non altro perchè il governo, invece, aveva fatto di tutto per serrare i ranghi: sui suoi banchi, martedì, tutti ministri e i sottosegretari parlamentari erano stati convocati per fare numero. Solo che, malgrado il tam tam, moltissimi deputati del centrodestra non erano recuperabili (perchè fuori Roma). Allo stesso tempo, si capisce che il voto era importante, visto che in Aula c’erano Piero Fassino, Walter Veltroni, Antonio Di Pietro (la mozione era promossa dall’Idv) Paolo Gentiloni e tanti altri. Pubblicare i nomi di chi non ha votato non è una lista di proscrizione, ma una garanzia per gli elettori. In America si fa per ogni scrutinio. Non è mica un paese bolscevico.
Luca Telese
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