Ha giurato da sola l’altroieri aggiudicandosi, in ordine di tempo, l’ultimo alloro ministeriale del governo Berlusconi. Ma subito dopo – racconta – è corsa a Fiumicino: «Dovevo passare la serata con mio figlio, era una promessa. E le promesse di mamma si mantengono sempre». Michela Vittoria Brambilla, nella sua prima intervista da ministro del Turismo, si ritaglia questo unico spazio privato. Per il resto ti sommerge parlando di portali, convenzioni, comitati, agenzie di promozione dell’Italia all’estero. Molto seriosa, poco incline all’ironia.
Ministro Brambilla, senza di lei ci sarebbe questo ministero?
«Certo. Mica stato un regalo di Berlusconi alla sottoscritta».
Intendo dire: senza il suo lavoro da sottosegretario di un anno.
«Il lavoro è stato importante, ma ci sarebbe lo stesso. Era una promessa del nostro presidente in campagna elettorale. Se ho facilitato questo progetto, ovviamente, ne sono contenta».
Poche interviste, poca mondanità, ha sostituito al ruolo di pasionaria azzurra, quello di sgobbona di governo.
«Non c’è nessun aspetto di immagine, è un fatto vero. Sono da sempre una donna del fare, per abitudine e carattere. Fin dal primo giorno a Palazzo Chigi, ho abbassato la testa e mi sono messa a lavorare».
E prima?
(ride) «Sono una persona pragmatica. Diciamo che l’ho abbassata ulteriormente per pensare solo al mio lavoro».
Quando legge che La Repubblica scrive «da modella Omsa a Palazzo Chigi», che pensa?
«Non leggo, non me ne curo».
Cosa ha trovato, nel turismo quando ha iniziato a lavorare?
«Un disastro. Per essere sintetici: non esisteva una politica nazionale, nessuna strategia».
Cioè?
«Ognuno faceva da sé, come ha raccontato Vasco Errani alla conferenza nazionale del turismo: c’erano venti diverse politiche di promozione turistica! Una per regione o giù di lì… ».
Un dato che illustra questo scenario?
«Il turismo rende alla Spagna il 18 per cento del Pil. All’Italia solo l’11%. Siamo passati dal primo al quinto posto».
Adesso abbandonerà la responsabilità del settore «iniziative movimentistiche» del Pdl?
«Non ci penso nemmeno, perché mai?».
Un ministro «movimentista», in piazza…
«Invece quel nome è stato scelto proprio perché la piazza è il nostro luogo elettivo. Il popolo, la gente… Il giorno dopo che il gioielliere è stato rapinato a Cinisello Balsamo, ero in ospedale da lui con La Russa per portargli solidarietà».
Adesso può fare delle nomine…
«Veramente poche, o nessuna. Quando ho potuto farne una importante, l’unica che spetta al mio ufficio, ho indicato un giovane».
Matteo Marzotto, presidente dell’Enit.
«Un imprenditore, di 41 anni, che ha imposto la sua azienda nel mondo e l’ha venduta».
Ha dovuto pregarlo?
«Il momento era propizio: da persona scrupolosa ha voluto verificare se era in grado di rivestire quel ruolo, e ha detto sì».
Mi dà un obiettivo su cui verificare il suo lavoro, a fine mandato?
«Non uno: ne ho tantissimi!».
E se ne deve scegliere uno?
«Il presidente Berlusconi ha detto che si può raddoppiare la quota di Pil prodotta dal turismo, lavoriamo per questo».
E una cosa concreta che lei ha già fatto?
«Stiamo varando al nuovo portale del turismo italiano… ».
Rutelli ci si è rovinato…
«Sul passato non voglio fare polemiche: è stata di certo un’esperienza non felice».
E sul futuro?
«Ne faremo una vera e propria vetrina, dove imprenditori e territori potranno promuovere la loro immagine e le loro risorse»
Ad esempio?
«Ho inserito una cosa a cui incredibilmente non si era pensato: il portale darà la possibilità di prenotare viaggi, soggiorni, pacchetti integrati».
E dal suo sito scomparirà l’immagine del cane preferito, quello bianco?
(ride) «Nooo… Prima di tutto si tratta di una signora, e si chiama Carlotta. Sembra un maremmano, credo sia una bastardina, di sicuro è una figura di grande intelligenza».
La sua passione per i cuccioli di ogni tipo produrrà un turismo animalista?
«Non ci crederà: la nostra disattenzione per gli animali respinge molti turisti stranieri, abituati ad altri standard di civiltà».
Lei dice che c’è un problema di cultura sul nostro turismo.
«Sì, qui in Italia, si è abituati a considerarlo come un divertissement, o un folclore. E non come a una risorsa vitale».
Il problema più grande?
«Un dato macroscopico. Venezia, ogni hanno ha circa 20 milioni di turisti: più o meno come tutto il Sud».
Perché?
«Prima di tutto per le infrastrutture: la maggior parte degli stranieri, purtroppo, si ferma a Roma».
E come si fa, in attesa delle infrastrutture?
«Abbiamo creato un comitato congiunto con la Cai. Per quanto possa sembrare assurdo, fino ad Ora Alitalia e governo "non si parlavano"… ».
E adesso?
«Se ci serve una rotta diretta, la concorderemo. Magari anche per eventi mirati».
Come i giochi del Mediterraneo.
«Esatto. La nostra idea è utilizzarli come un grande spot per le bellezze abruzzesi. Con la Rai, grazie a Mauro Masi, abbiamo concordato delle "cartoline" sui nostri tesori, da far precedere alla diretta di ognuno dei giochi».
E i suoi circoli della libertà?
«Sono nel Popolo della libertà, e sono una risorsa».
Berlusconi le ha dato consigli?
«Lo slogan che mi ha dato è: far scoprire l’Italia agli italiani».
I vostri rapporti come sono?
«Meravigliosi. È davvero difficile litigare con lui. Posso dire che in tutto questo tempo non mi abbia mai dato un ordine. Discute, si informa, lavorare con lui è un privilegio».
E la sua leggendaria rivalità con Tremonti?
(sorride) «Se è leggendaria, questa domanda è inutile, no?».
Ma se non lo è potrebbe non esserlo…
«In questo anno nel governo abbiamo lavorato con uno strepitoso spirito di squadra: è in tutti noi, ministro Tremonti compreso».
Che idea si è fatta di tutta la polemica intorno alle veline?
«È un termine che non mi piace. Le veline non esistono».
Addirittura.
«Non in politica, almeno: quanto alle giovani e ai giovani che abbiamo promosso, e all’idea di mandare facce fresche in Europa, ne sono una strenua sostenitrice. Fra l’altro, ci sono anche i maschietti, non trova?».
«Ho abbassato la testa: sono pragmatica e lavoro»
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