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«Il cantore della moralità altrui o la sua consorte smentiscano di corsa l’esistenza di una trattativa o la discussione della legge sul conflitto di interessi rappresenterà il loro Vietnam personale». Francesco Storace (AN) |
Luca Telese
È di nuovo polemica su Barbara Palombelli, è di nuovo polemica sulle «mogli di», è di nuovo polemica sulle mogli dell’Ulivo. È bastato che qualche spiffero di indiscrezione sui nuovi palinsesti ipotizzasse la presenza fissa della moglie di Francesco Rutelli nel coro degli opinionisti di un programma-istituzione come Domenica in perché Francesco Storace ruggisse: «Il cantore della moralità altrui o la sua consorte smentiscano di corsa l’esistenza di una trattativa o la discussione della legge sul conflitto di interessi rappresenterà il loro Vietnam personale». «Esagerato», gli ha replicato Gianfranco Rotondi. E ci sarebbero mille buone argomentazioni per sostenere una tesi o l’altra. Quello che è certo, invece, è che il «caso Palombelli» segnala che un ribaltamento di senso si è ormai celebrato nella morale pubblica del centrosinistra e dell’Unione. Un tempo lo standard della morale comunista e socialista si uniformava alla regola della «moglie di Cesare», e c’era, in questa ostentazione di separatezza, persino qualcosa di vagamente «luterano» ed eccessivamente severo. Bianca Berlinguer ha recentemente ricordato che sua madre (per sua scelta) non appariva mai in pubblico; Carla Voltolina – moglie di Sandro Pertini – rifiutò persino il trasloco al Quirinale, per rendere manifesta una separatezza di ruoli che non tollerava contaminazioni. Il caso più clamoroso è quello di Nilde Iotti, la seconda compagna del «Migliore» che raccontò: «Se Palmiro Togliatti fosse stato vivo non sarei mai potuta diventare presidente della Camera». La carriera della più celebre donna comunista della prima Repubblica, infatti, fu ostacolata moltissimo da una unione extramatrimoniale che piaceva poco ai puritani del Pci. Si arrivò al punto che in una celebre canzone militante L’attentato a Togliatti nel raccontare i colpi di pistola esplosi da Antonio Pallante nel 1948 che misero a rischio la vita del segretario del Pci, il paroliere «politicamente corretto» nel suo racconto sostituisse alla Iotti la legittima moglie: Rita Montagnana che era al Senato/ coi dottori e tutto il personale/ ha portato il marito all’ospedale/ sottoposto alla operazion». Peccato che, come è noto, al fianco di Togliatti ci fosse proprio la Iotti e non la Montagnana. Ma se questo fu il passato, oggi tutto cambia. È vero che l’ingresso nel tempo dei media ci ha abituato a mogli-manager che dominano la scena e accudiscono le fragili carriere dei coniugi. Ed è vero che molti adesso considerano Bill il marito giuggiolone di un politico navigato come Hillary Clinton. Ma è vero che persino Hillary restò un passo indietro durante l’età clintoniana, e che le first lady negli altri Paesi assumono una funzione «vicaria», magari, ma mai «parallela». E quando questo principio viene meno iniziano i guai: ne sono prova le voci non ancora smentite, secondo cui Cherie Blair starebbe rischiando il divorzio dal marito Tony, per il disappunto che in lui provoca la sua attività di avvocato e di conferenziere a pagamento. E che la pietra dello scandalo, la goccia che fa traboccare il vaso, sarebbe stata una conferenza da 40mila dollari celebrata durante un viaggio del marito negli Stati Uniti. In Francia, al contrario, ad essere in conflitto di interessi con la compagna, Ségolène Royal, è il leader François Hollande (segretario del Partito socialista che non può sponsorizzare la sua candidatura e ogni tanto la deve censurare per i suoi interventi per evitare l’accusa di conflitto di interessi). Nella nuova sinistra di governo, invece, forse per qualche mal digerito retaggio femminista, le donne iniziano a ingombrare la scena, o addirittura a sostituirsi ai coniugi. È noto il caso di Anna Serafini, definita «la zarina» per il suo operare alle spalle del marito come assistente-consigliera-manager in tutto il periodo della segreteria, e il suo cruccio: «Sono stata discriminata per colpa della carriera di Piero!». Un dilemma che si è risolto solo nelle ultime elezioni, con uno sfavillante ritorno in pista di Anna nei Ds: ricandidata e rieletta in Veneto (malgrado avesse superato il tetto di legislature imposto agli altri parlamentari) grazie a un emendamento che non considerava un ostacolo le legislature non consecutive. Un provvedimento che nel partito era stato subito ribattezzato il «Salva-Serafini». E polemiche non meno accese hanno suscitato in Campania le vite parallele di altre due first ladies. La prima Sandra Mastella, è oggi presidente del Consiglio regionale campano, dopo un ruggente ultimatum imposto dal suo stesso consorte. Perché a casa Mastella se non altro vige la regola della trasparenza, e quando quella poltrona era in bilico Clemente ha messo in campo tutto il suo peso perché venisse assegnato alla donna che ama. Una glasnost invidiabile e mai nascosta, se è vero che nel 2001 donna Sandra fu anche candidata (e sconfitta) nel collegio uninominale beneventano. Le cose si sono invece molto complicate nella vicenda di Anna Maria Carloni, moglie di Antonio Bassolino, e animatrice infaticabile di Emily, l’associazione di lobbyng rosa più forte dell’Unione. Alle regionali la Carloni arrivò a presentare una sua lista tutta di donne, con una scelta che creò non pochi problemi a Bassolino, a cui i Ds rimproveravano troppa arrendevolezza ai capricci della moglie. Chi abbia prevalso è facile da constatare, visto che poi la Carloni ha ottenuto nei Ds un seggio senatoriale alle ultime elezioni. Diverso il caso di Flavia Franzoni (che è scesa in campo per «aiutare» il marito» vista l’ottima immagine di cui godeva), mentre è ancora più interessante quello di Linda Lanzillotta, attuale ministro per gli Affari regionali, che ha iniziato come moglie del più affermato Franco Bassanini (lui era ministro dell’Ulivo, lei «solo» assessore comunale della giunta Rutelli) e che adesso ha sorpassato e oscurato il marito. E queste storie forse avrebbero meno peso se non fossero contornate da un formicolio di peripezie matrimoniali e parentali, come quella celebre della love story estiva ed extraconiugale fra l’ex sindaco (allora in carica) di Cosenza Eva Catizone e il segretario regionale dei Ds, Nicola Adamo (che le diede un figlio). Una storia così tormentata, che quando il partito scaricò la prima cittadina, si pensò ad una vendetta politico-sentimentale. Armando Cossutta portò in parlamento la figlia Maura (adesso nel Pdci sono caduti in disgrazia entrambi), Alfonso Pecoraro Scanio il fratello calciatore, Marco. Alla fine, la vera disgrazia di Barbara Palombelli non è nel suo legame, ma nella sua traiettoria. Per anni, tra lei e il suo partner non c’era storia: lui raccontava persino di aver campato con lo stipendio della moglie, quando era uno squattrinato funzionario radicale, mentre lei faceva le interviste ai potenti della prima Repubblica, vendeva best seller, animava salotti ed era una star di prima grandezza del giornalismo. La vera disgrazia della Palombelli, a voler essere cattivi fino in fondo (e noi lo siamo), è che oggi sia diventata solo «la moglie di Rutelli».
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LA REPLICA / Cossiga: perché difendo le mogli di sinistra
FRANCESCO COSSIGA
Ho letto l’articolo di Luca Telese – mio spericolato compagno di viaggio insieme all’amico Gallo del Corriere della Sera in una Israele moralmente, organizzativamente e psicologicamente in guerra perché aggredita, sola e con pochi amici, tra cui l’Italia non è certo avvertita come tale -, articolo nel quale riporta le critiche a mogli di politici che non fanno altro che, oltre a essere mogli e madri, continuare a fare il loro lavoro o cogliere da cittadine quelle opportunità che la società anche politica offre alla loro intelligenza e capacità. E così, poiché nel nostro Paese non ci sarebbero problemi gravi e reali di moralità, il fatto che la giornalista Barbara Palombelli possa avere una nuova collocazione nell’armata dei giornalisti della Rai solleva un problema perché lei anni fa sposò un intelligente e bel ragazzo, al quale è rimasta sposata, che è poi diventato ed è ministro e vice-presidente del Consiglio dei ministri. Conosco da molti anni Barbara – non da moltissimi perché moltissimi anni lei non ha! – e certo siamo amici, io vecchio signore e politico al tramonto o forse del tutto tramontato, lei quasi ragazzina e poi giovane signora al seguito di un esagitato presidente del Consiglio dei ministri e poi bizzarro presidente della Repubblica in giro per il mondo. È una brava giornalista, penalizzata dal fatto che è anche bella e simpatica… Ma poiché il marito è diventato «cosa», lei non dovrebbe guadagnarsi un posto in carriera. Conosco da molti anni Sandra Mastella – non da moltissimi perché moltissimi anni anche lei non ha! -, e certo siamo amici. È un donna volitiva e intelligente, di carattere meridionale e di istruzione americana, ottima moglie e madre e che, con tutto l’affetto per il marito e mio giovane amico Clemente, avrei visto meglio di lui al ministero della Giustizia perché sono certo che avrebbe messo in riga i magistrati riottosi! Ma intelligente, preparata e con l’aggravante di essere anche bella, in questa società che si proclama evoluta e moderna, non potrebbe fare il presidente del consiglio regionale della Campania, perché il marito è un uomo politico.
Queste critiche sentì formulare anni fa nei confronti di quella grande donna che fu Nilde Iotti, che però potè diventare presidente della Camera dei deputati solo dopo la morte del marito Palmiro Togliatti: ma molti suoi compagni e compagne di partito non glielo perdonarono mai. E così, all’inverso il marito dell’onorevole Barbara Pollastrini, intelligente donna politica comunista e membro del governo, non dovrebbe coprire un rilevantissimo posto di banchiere privato.
Certo che con questo metro la Chiesa, che è in realtà molto più avanti della «società moderna» nella valorizzazione delle donne, non avrebbe dovuto proclamare santa la giovane Chiara d’Assisi perché molto probabilmente era stata, prima della totale «conversione a Cristo» di lui, la «fidanzatina» di Francesco d’Assisi, santo rivoluzionario anche lui.
Ma come la mettiamo con la signora Blair, moglie del primo ministro britannico, grande avvocato che ha difeso cause anche contro l’amministrazione presieduta dal marito? E come la mettiamo con Hillary Clinton che, moglie del presidente degli Stati Uniti d’America, alla sua uscita dalla Casa Bianca è stata eletta senatore per lo Stato di New York e si accinge ad essere designata candidata democratica e forse anche ad essere eletta presidente degli Stati Uniti? Ed a ben vedere anch’io non sono privo di pecche, perché ho un figlio, che se anche molto in gamba è pur sempre mio figlio, colpa non lieve! Che per la seconda volta, e non certo per i miei appoggi, è stato eletto membro della Camera dei deputati. Povera Nilde, povera Barbara, povera Sandra, ma perché non siete nate in Inghilterra o negli Stati Uniti invece che nella «progreditissima» nostra Patria?
P.S. Mi dicono che anche mia nipote Bianca Berlinguer, brava e, aggravante imperdonabile! anche bella, giornalista, sarebbe «penalizzata» dal fatto di chiamarsi Berlinguer. Immaginiamoci se si fosse chiamata… Marx!
Il Giornale, 5 settembre 2006
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