Il mio modello di sindaco?». Gianni Alemanno risponde pacato. Come se fosse normale, per lui, dirigente con una storia di destra, citare un nome-simbolo della storia del Pci: «Non ho dubbi, Petroselli. Mi piace la figura del sindaco che sta in mezzo alla strada a contatto con la gente, a controllare di persona cantieri e buche. È più vicino alle mio corde del centrosinistra di oggi, salottiero e spesso spocchioso». Siamo nell’ufficio del candidato sindaco di Roma del centrodestra, ma pare un film. Tutti i telefoni dell’ufficio, il cellulare di Alemanno, quello del suo portavoce Simone Turbolente e della segretaria non fanno che squillare. Da Vittorio Sgarbi agli amici di infanzia, dai rappresentati di categoria ai compagni di partito, tutti chiamano per congratularsi. Come se lo sfidante di Rutelli avesse già vinto. Lui inizia mostrandomi un sondaggio – 8 aprile – che lo dava al 36%.
Cosa le fa pensare?
«Che ho preso quattro punti in più di quanto diceva Piepoli. E 670mila voti, 70mila più della mia coalizione!».
Chi sono?
«Ci sono anche molti elettori di sinistra che hanno dato voto disgiunto, per me».
E lei?
«Parlerò a tutti».
È più sorpreso lei o Rutelli?
(Ride sonoramente). «Provo ad immaginarmi cosa pensi lui, partito già sindaco, che prende meno voti della centrosinistra alle politiche, e meno della sua coalizione in città…».
Perché?
«I romani non hanno gradito la sua candidatura: proporre un vecchio sindaco è stato percepito come un errore».
Rutelli non le è simpatico?
«Lo conosco da una vita, ma mi ha colpito un incontro alla Rai. Io mi sono alzato sorridendo e porgendogli la mano. Lui è rimasto glaciale».
Meglio Veltroni?
«Uhhh… da questo punto di vista sì, è un signore».
Rutelli ha fatto i manifesti con le sue foto sull’autobus.
(Ride di nuovo). «Ha notato? In tutte le foto c’è gente più piccola di lui, che lo guarda dal basso in alto».
Lei non le avrebbe scelte?
«Per fortuna sono piccolino e non corro nessun rischio».
Dicono che lei pensi di più a un ministero che a Roma.
(Sorride e sospira). «È vero il contrario, semmai… Visto che ministro sono già stato, e che potrei diventarlo di nuovo, non è una novità di oggi, ho scelto una sfida difficile. Potevo starmene tranquillo».
Bettini paventa un sindaco tagliatore di teste, fascista autoritario.
(Alza gli occhi al cielo). «È ridicolo. Quando ci fu la questione delle Olimpiadi con lui firmai e concordai mozioni parallele alla Camera e al Senato».
Allora grida al lupo per spaventare gli elettori?
«Sì, ed è triste. Ci dipingono come sub-umani, raccontano il ballottaggio come se arrivassero i marziani a sterminare con i raggi laser. Non ci crede nessuno».
Ma lei cosa vuole fare?
«Io? Oggi volo a Parigi ad incontrare i ministri di Sarkozy e forse Jacques Attali. Voglio una commissione che studi i problemi della città presieduta da un indipendente, o da una persona di sinistra».
Assalterà le municipalizzate?
«Al contrario, non ci saranno massacri di fort Apache! Se devo cambiare una poltrona, è quella di Bettini, alla festa del cinema. Ma so che nemmeno lui rimarrebbe».
Lo detesta perché è il regista del centrosinistra a Roma e in Italia?
«Al contrario, lo considero dotato di una intelligenza fuori dal comune. Ma è l’artefice di questo sistema di potere».
Dicono: Alemanno si accorderà coi poteri forti…
(Ride sonoramente). «Altra balla. I rapporti privilegiati con i costruttori, li hanno loro, non certo io».
Mi faccia un esempio.
«C’è voluto un nostro emendamento per reintrodurre l’edilizia popolare, loro se ne erano dimenticati. Io voglio 25mila nuove case ad affitto popolare».
Veltroni ha varato il primo piano regolatore dopo un secolo. Lei lo stravolgerà?
«È un progetto modesto, ma non lo cancelleremo. Introduce l’idea di una città policentrica ma non lo sviluppa».
Perchè?
«Perché mette prima di tutto le cubature, senza preoccuparsi del resto, ad esempio di come garantire la viabilità».
Voi che farete?
«Lo integreremo. E terremo una linea di sviluppo verso il litorale. Bisogna valorizzare il fatto che Roma è l’unica grande capitale europea che ha uno sbocco al mare».
Lei ha preso più voti in periferia che nel centro storico.
«In periferia si soffre di più. Il centrosinistra ha corteggiato la borghesia romana, e ha trascurato gli altri».
Ci sono assessori di sinistra, come a Firenze, che fanno ordinanze anti-lavavetri.
«L’altra sera ho ammirato la chiarezza con cui Giampaolo Pansa, a Matrix, spiegava a Livia Turco che la sicurezza è un problema dei più deboli. Se non altro perché i ricchi hanno i soldi per difendersi».
Lei farà lo sceriffo?
«La sicurezza non è solo un problema di ordine pubblico, ma un tema sociale».
Però ha detto che ci vogliono 20mila espulsioni.
«Certo, tutti quelli che non hanno permesso di soggiorno e hanno commesso reati».
È una colpa che imputa al centrosinistra?
«Sì, perché il fatto che si sia diffusa un’immagine buonista di Roma – un porto franco – ha portato nei quartieri più degradati molti disperati. È una bomba da disinnescare».
Mi faccia un esempio.
«Un giornalista di sinistra è andata a intervistare in Romania la moglie dell’assassino di Giovanna Reggiani».
E che gli ha detto?
«Vivevano in mezzo ai rifiuti. Ma non si erano mai sentiti tanto liberi come da noi».
Chiuderà la festa del cinema?
«Assolutamente no. Però non può nemmeno essere una passerella di star hollywoodiane ingaggiate con gettoni faraonici».
E cosa deve diventare?
«Voglio collegarlo al David di Donatello, il premio del capo dello Stato per il cinema italiano: farne uno strumento di promozione delle produzioni italiane. E di Cinecittà, che è un marchio mondiale».
E le notti bianche?
«Facciamole, ma con più coraggio, in bassa stagione».
Farà apparentamenti?
«Vedremo».
Chi sceglieranno, fra lei e Rutelli, gli elettori di Grillo?
«Se c’è uno che critica la Casta, fra noi due, non è lui!».
Sarà ministro o sindaco?
«E’ una sfida all’ultimo voto, vorrei che tutti andassero a votare. Sa il mio slogan?».
Quale?
«Chi parte perde. E io voglio vincere».
Alemanno ci crede «A Roma vinciamo»
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