Ancora si sta insediando, già medita di cambiare nome al suo ministero: “Ministero della Gioventù è meglio – sospira – ne parlerò in Consiglio dei Ministri…”. Allora provochi: “Per portare nelle istituzioni l’assonanza con il Fronte della Gioventù in cui ha mosso i primi passi?”. Tralascia il protocollo: “Sei scemo?”. E allora perché? “Politiche giovanili è la perfetta incarnazione di un’idea di assistenza: ‘Per me Stato, i giovani sono la sottobranca di un problema sociologico, come i matti e le droghe…. E allora mi invento un apparato che dia loro un… ‘aiutino’”. E invece lei come si immagina il ministero? Nello stanzone affacciato sulle mura color meringa di Palazzo Chigi, nel quadrilatero magico del potere romano la Meloni si fa seria: “Il contrario, direi! Un luogo che abbia come primo obiettivo valorizzare il protagonismo delle giovani generazioni”.
Con Giorgia Meloni ci diamo del tu. Non solo per affinità anagrafica fra trentenni, per uno di quegli incroci di carriera che a volte capitano a politici e giornalisti. Mi capitò di farle la prima intervista della sua vita nel 2002: era ancora una sconosciuta. Una studentessa grintosa cresciuta nella sezione Colle Oppio, emersa nel movimento degli “Antenati”: post-missina, ultratosta. Una che ti spiazzava chiamandoti “Stellina” (una forma irresistibile del romanesco, gli appellativi vezzeggiativi con chiunque per abbattere le distanze formali); una che era stata appena nominata “reggente” dei giovani di An in condomino con altri tre. La verità era questa: dopo vicissitudini interne la sua organizzazione – Azione Giovani – era stata commissariata, e i quattro erano espressione delle correnti, ma nominati da Gianfranco Fini. A fine dell’intervista ironizzai: se uno è “nominato”, il destino probabile è finire “revocato”. Concluse con un ringhio di orgoglio: “Io sono una militante. Comunque vada, questo non può revocarlo nessuno. E mi basta”. Dopo due anni si è celebrato un duro congresso per l’elezione del presidente. Lo ha vinto. Così la Meloni ha iniziato una corsa fulminea verso l’empireo della politica: nel 2006 è la deputata più giovane del centrodestra, e poi (da matricola!) la più giovane vicepresidente della Camera. Infine – un mese fa – il più giovane ministro della storia repubblicana, a soli 31 anni.
Se uno inizia così, o arriva al Quirinale in due anni o è un fallito.
(Ride). “Fallire così mi andrebbe bene. Ma la mia esperienza spiega qualcosa su come funzionano i media in Italia”.
Non mi dire che ti trattano male.
“Per nulla. Godo di una buona stampa, persino immeritata. Tra i colleghi scopro simpatie trasversali che quasi mi stupiscono”.
Paola Concia, l’unica deputata omosessuale dichiarata dice: ‘Altro che Carfagna! Tra le ministre il mio tipo è la Meloni’” .
(Sospiro ironico.) “Magari!”.
Una dirigente di matrice missina che fa in questi casi?
“Non so cosa faccia una dirigente di matrice missina, ammesso che esista. A me ha fatto piacere”.
E poi hai detto che sei contro il gay pride….
“Vedi le semplificazioni? A Klaus Davi ho detto che certi aspetti di carnevalismo esibizionistico, le ostentazioni, che non amo, hanno fatto più danno che altro agli omosessuali”.
Dopodiché se dovessi decidere se vietare o meno il gay pride….
“Non lo vieterei. Ciascuno ha il diritto di manifestare le sue idee come crede. Ma proprio per questo credo anche di poter contestare quel che non condivido”.
Grazie alla Concia, torni in corsa come “Miss Governo…”
“Ah, ah. Ah…”.
Quindi nessun concorso di bellezza, nel tempo dell’immagine?
“Rispondo con Leo Longanesi: ‘Certe onorificenze non basta non volerle, bisogna anche non meritarsele’…”.
Persino Marco Travaglio, uno non tenerissimo con il centrodestra, ti elogia nel suo libro “Se li conosci li eviti”.
(Ride). “Temo che mi risparmi solo perché siamo amici”.
Ricapitoliamo la storia della “ragazza della Garbatella”?
“Parto da questo epiteto per continuare il discorso sui giovani. Da noi chi ha meno di 40 anni è considerato ‘giovane’: è una follia”.
Sarà perché l’aspettativa di vita si allunga…
“Non per far paragoni immodesti: Alessandro Magno a trent’anni aveva già conquistato la Persia! Però l’ideologia dei ‘bamboccioni’ è radicata nella nostra classe dirigente”.
Ti riferisci a Padoa Schioppa?
“Non solo. Ma la sua terrificante battuta secondo cui il governo Prodi aiutava ‘i bamboccioni a uscir di casa’, è la rappresentazione perfetta di come ‘ci’ vedono”.
Ovvero?
“Se a trent’anni sei ancora dai tuoi è colpa tua: non del fatto che hai uno stipendio di schifo, che sei un Co.co.cò, che nessuno ti fa uno straccio di mutuo”.
Perché ti da fastidio “ragazza della Garbatella”?
“Delle mie origini popolari sono orgogliosissima. Ancora oggi, prendersi un aperitivo nel bar di una piazza della Garbatella, al sole, tra i murales della Roma, e quella fatata dimensione di paese in cui conosci tutti e tutti ti conoscono è il contrario delle periferie lunari che producono rabbia e alienazione”.
Allora cosa non va?
“Sei sempre catalogato alla voce ‘Mostri’. Nessuno definirebbe David Cameron, leader dei conservatori britannici, ‘il pischello dei sobborghi di Londra’, no? Proprio non ci pensano. In Italia è il contrario”.
E perché?
“Non siamo preparati all’idea di un giovane affermato. Non esiste merito. Se sei giovane e sei qualcuno, devi essere un fenomeno da baraccone”.
E c’entra la Garbatella?
“Certo. Non sono più ‘Giorgia Meloni’, ma un effetto collaterale di un fiction, un personaggio fuori serie dei Cesaroni. Il sogno dei giornalisti è vedermi in una puntata, che apostrofo in romanesco Claudio Amendola”.
Capirai, quello è di Rifondazione…
“A parte la stima nata con Bertinotti nell’ufficio di presidenza della Camera, a me dispiace che la Sinistra sia fuori dal Parlamento. Ha pagato tutte le colpe del governo”.
E’ un omaggio di rito?
“Sono distanti da me in modo siderale, ma spesso animati da passione politica autentica. Io sono convinta che in Parlamento è meglio se sono rappresentati tutti”.
Torniamo alla Meloni.
“Se non divento ‘una Cesaroni’, c’è l’altro format giovane: o pin-up, o ‘divetta’. Mi vorrebbero, che so, con un angelo tatuato sull’ombelico alla Asia Argento”.
Ce l’hai il tatuaggio?
(scuote la testa) “Pure tu…. Pensa che a me disturba persino farmi fotografare per strada. Mi immedesimo in chi mi vede: ‘Questa la pago io, perché non se ne va a lavorare?’”.
E se invece ti chiedono l’autografo?
“E’ una regola interiore. Come non usare l’auto blu se non per rappresentanza. Il giorno dell’insediamento tutti i giornali hanno riportato una battuta che ho fatto a un tuo collega della Dire”. Andavo dal Quirinale a Montecitorio e i giornalisti: ‘Che fa, va a piedi?’. Erano cento metri, ho riso: ‘E come devo andarci, a cavallo?”.
Era preparata….
“No, giuro! Sono gelosa della mia normalità, non per buonismo, perché il mondo lo capisco così. Pur essendo ultraprivilegiata, anche economicamente, ancora non riesco a comprar casa”.
Quindi con la politica non ci si arricchisce…
“Magari…. Più aumenta l’acconto che metto da parte, più aumentano i prezzi della Garbatella. E anche in questo c’entrano i Cesaroni!”.
Ornai è una persecuzione…
“No, è ancora la civiltà mediatica. Una buona fiction fa volare i prezzi! Ecco perché bisogna sfruttare i limiti del sistema. Bisogna fare una fiction sulle vele di Scampìa, proiettare nelle scuole Gomorra, raccontare come eroi i precari che fanno un figlio senza pensare alla retta dell’asilo”.
Esiste davvero il “Sistema”?
“Eccome. Esempio: esce una ricerca sociologica, e come titolano i giornali? ‘I giovani trovano lavoro con le raccomandazioni”.
Non è vero?
“Va rovesciato il concetto: molti giovani onesti, soprattutto nel Sud, sono costretti alla raccomandazione. Subire è il contrario di volere. Questa società pone ai ragazzi un tacito ultimatum: ‘O ti fai cooptare, o resti fuori dalla porta tutta la vita’”.
Senza la cooptazione di Fini la Meloni non ce l’avrebbe fatta?
(Sorride). “Da reggente, al congresso di Bologna, chiesi un congresso del movimento, di permettere che fossero gli iscritti a decidere da chi farsi rappresentare. E’ agli atti…”
E poi?
“L’abbiamo fatto. Di me dicevano: ‘Una ragazza non può fare il Capo’… Ho vinto per 16 voti su 500 delegati! Fini non si era schierato, ma penso che se avesse dovuto puntare, avrebbe scommesso sul mio avversario, Carlo Fidanza”.
….L’hai epurato, come vogliono le regole feroci della nuova politica?
“….Oggi lo considero un amico, uno dei migliori dirigenti”.
Torniamo al rapporto con Fini.
“Sai come mi diede la notizia della vicepresidenza? Nel suo ufficio. Sguardo di ghiaccio. Silenzio. Voce cupa: ‘Non pensavo di dover arrivare a tanto’… Pensai: ‘Oddìo, e che è successo?”. Invece si era vendicato per lo scherzo dei Kaziri, che gli avevamo fatto alla festa di Ag”.
Fini era Ministro degli Esteri…
“Si alzò uno dei nostri con il cranio rasato, un bonzo: ‘Presidente, aiuto… aiuto per i kaziri… siamo una minoranza cattolica perseguitata in Asia. Anche il Papa ha lanciato appello per noi”.
E lui?
“Sai com’è. Tutto serio risponde: ‘Sì, sì, conosco la vicenda…”
Solo allora gli avete detto che era una balla.
“E’ stato fenomenale. E’ scoppiato a ridere pure lui: ‘Più che kaziri siete dei kazzari…’”.
Buon viso a cattivo gioco?
"Mica tanto. Quando abbiamo fatto due scherzi uguali a Veltroni e Berlsuconi, entrambi ripetevano: ‘Non ci ero cascato!’ Insomma, si sono innervositi un po’”.
Come si ribalta la cultura della cooptazione?
«Con la rivoluzione del merito».
Ovvero?
«Sostituendo l’egualitarismo sessantottino, l’idea un po’ chic e un po’ brutale per cui saremmo tutti uguali, con l’uguaglianza».
Qual è la differenza?
«L’uguaglianza del punto di partenza, cioè pari opportunità per tutti, piuttosto che quella del punto di arrivo, che produce livellamento verso il basso».
E come si fa?
«Ad esempio con il prestito d’onore a chi non ha i soldi per gli studi o la detassazione per le giovani imprese. Sostenere i giovani e i loro progetti, indipendentemente da censo e patrimonio familiare. Trasparenza e serietà dei concorsi. Insomma, rompere i privilegi e le rendite che hanno bloccato chi aveva delle idee».
Chiudiamo con i giovani da promuovere e i babbioni da rottamare….
“Un ministro questi giochini non li fa…”
Se vuoi ricorrere ai privilegi della Casta….
“Ho capito. Comincio rottamando Oreste Scalzone e con lui tutti i cattivi maestri, antichi, moderni e contemporanei”.
Un giovane da promuovere?
“Roberto Saviano. Senza di lui, forse, sarebbe stato più facile ignorare il fatto che la Camorra è viva e vegeta”.
E poi?
“Sandra, la precaria di 29 che ha scritto a Napolitano: ‘Non ce la faccio, abortisco’. Poi non lo ha fatto più. Vorrei ricordarla ora, quando smette di far notizia”.
Giorgia Meloni
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3 risposte a “Giorgia Meloni”
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Ecco come fare un’ìintervista! Io sono di sinistra (se questo ha un senso!) ma rispetto una giovane donna come la Meloni che crede nella politica e spero che continui a crederci sempre. Quando ero ragazza la politica mi sembrava astrusa, non riuscivo mai a capire i giochetti di potere, per me una cosa era bianca o nera. Ora c’è solo una grande nuvola grigia. Ho cominciato a conoscere lei come giornalista seguendo Prima Pagina e trovo che sia una persona decisamente corretta. Ora sono entrata nel suo sito e mi diverto e appassiono a leggere delle buone interviste.
Grazie -
Lei è un esempio di come si possano (e si debbano) inserire elementi giovani (specie se donne) non compromessi con il passato, nelle responsabilità di governo, per dare vitalità e smalto all’azione dei governi in carica. Lei e gli altri giovani validi, dinamici, preparati ed entusiasti, dimostrano quanto siano poco credibili le affermazioni dei parrucconi che sostengono la necessità di una presunta “esperienza” anagrafica per sedere in certi posti, dimenticando che l’essere intelligenti e capaci, così come l’essere stolti e incapaci, non sono da collegare con alcuna data di nascita.
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