di ALDO GRASSO
Potenzialmente “Tetris”, il talk politico condotto da Luca Telese, è lo show più interessante, più imprevedibile e linguisticamente più complesso della nostra tv. Potenzialmente è meglio di Anno Zero, dell’Infedele, di Ballarò, per non parlare dei vecchi talk condotti da conduttori ingessati. Si è dato una struttura sbarazzina, una costruzione che ricorda i talent show (c’è una giuria di qualità che giudica i protagonisti), una figura che ironicamente richiama i mai esplicitati “editori di riferimento” (La7, venerdì, ore 21:10). L’altra sera si discuteva dello stato dell’informazione nel nostro Paese e della legge sulle intercettazioni che approderà in Parlamento la prossima settimana, dopo che il discutibile rapporto di Freedom House sulla libertà di informazione nel mondo ci ha relegato al 73° posto in classifica, a pari merito con Tonga.
Se solo “Tetris” imparasse l’arte sottile del “sottrarre”, dell’“asciugare”, del ridurre (come certi editor facevano con libri diventati poi fondamentali), riuscirebbe ad esprimere meglio tutta la sua carica di novità. Tempi troppo lunghi (tre ore sono impossibili da reggere), troppa carne al fuoco e spesso temi troppo astratti, troppi ospiti in studio (sommando gli invitati, la giuria, le guest star …), troppa indulgenza del conduttore, cui a volte sfugge, nel tentativo di curare il proprio personaggio, il controllo della discussione …
Se inviti un avvocato bravo come Caterina Malavenda la discussione non deve sfociare nei pregiudizi politici, altrimenti si vanifica tutto.
Eppure, lo ripeto, “Tetris”, alla sua quinta stagione, è la sola vera novità del genere: non è semplice mescolare registri diversi in questo tipo di discussione (se poi hai in studio Castelli, Sansonetti, De Magistris …) ma è anche l’unica strada del rinnovamento, non essendo ancora nato in Italia un Jon Stewart o un Steven Colbert.
(dal Corriere della Sera, 17 maggio 2009)
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