Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Placido, Berlusconi e la morale talebana degli ultras

Allora, due o tre giorni fa – non ho conservato la mail ma mi è arrivata davvero, giuro – un signore mi ha scritto: “Caro Telese, mi voglio assicurare che lei non consideri questo dubbio offensivo, ma gradirei farle alcune domande. La prima è: che cosa si prova ad aver lavorato venti anni per la mafia?”.
Immagino che questo lettore, uno dei pochi ma agguerritissimi che protestano e considerano “illegittima” e “sbagliata” la mia assunzione a Il Fatto, si consideri un antiberlusconiano doc. E che sia sinceramente persuaso dell’assunto talebano che e alla base della sua domanda. Siccome ha lavorato in un giornale di Berlusconi, dice, Telese deve essere considerato più o meno alla stregua di un picciotto di Provenzano. Ora, siccome non sono cattolico, e non perseguo l’obiettivo di convertire gli infedeli, credo anche che in questo paese chi è talebano abbia il diritto di restare talebano (purchè non rompa i coglioni agli altri) e i laici debbano preservare la propria salute mentale senza addentrarsi nei labirinti della paranoia. Poi, però, ieri e oggi ho seguito il dibattito che si è acceso interno alle dichiarazioni di Michele Placido che, a Venezia, si è trovato a rispondere alle domandine polemiche di chi gli diceva: “Ma come, fai un film di sinistra e sei prodotto da Berlusconi?”. Siccome Placido non è politicamente coretto (grazie a Dio) e se ne frega di adulare i pirla, ha risposto per le rime: “Ma scusa – testuale – con chi cazzo li devo fare i film, se ci sono solo la Rai e la Medusa?”.
Ebbene, oggi su Libero e il Giornale, trovate questi titoli-fotocopia: “Placido non sa chi sia Berlusconi ma prende i suoi soldi” (il quotidiano di Feltri) e “il sinistro Placido fa soldi con Silvio” (quello di Belpy). Per un attimo trascuriamo il fatto che anche Tornatore – che non è stato polemico con B. – era stato crocifisso perchè il suo Baarìa è stato elogiato dal Cavaliere, e andiamo all’osso di questa curiosa morale fustigatoria. La singolare convergenza fra alcuni (presunti) anti-berlusconiani e alcuni acclarati ultra-berlusconiani produce questo doppio teorema: a) siccome in Italia quasi tutto è di Silvio, non si può fare un film con la Medusa perché sennò si diventa “suoi servi”. b) Però nemmeno si può fare un film critico con Silvio (o anche solo indipendente da lui) perchè sennò “si sputa nel piatto in cui si mangia”. Ovviamente, dovrebbe essere il contrario: se uno ha le palle di fare un film che non risponde alle commesse del committente dovrebbe essere considerato un virtuoso, e non viceversa. E poi, se permettete, ho sempre polemizzato con Vespa (anche recentemente, in una intervista a Radio 3) quando prova a stabilire questa equazione: la Rai è del parlamento, il parlamento è del governo, e quindi il mio editore era prima la Dc, e oggi Berlusconi. Dovrebbe essere esattamente il contrario: la Rai è del Parlamento, quindi del Paese, quindi non deve rispondere a una logica proprietaria.
Ho provato a spiegarlo in più occasioni, ma vorrei metterlo a fuoco meglio: entrambe le posizioni che ho illustrato, apparentemente opposte, sono segnate da un germe di intolleranza e di integralismo pericoloso. E cioè dall’idea che la libertà e la coscienza di chi lavora debbano essere appaltate al suo “padrone”. Che questo non sia una preoccupante e immotivata distorsione dei principi costituzionali che dovrebbero governare la libertà di stampa e di espressione, ma una legittima e necessaria conseguenza del rapporto fra datore di lavoro e dipendente. E’ curioso che alle soglie del terzo millennio, i paradossi della modernità ripropongano stereotipi che erano stati superati nell’800, il mito dei padroni del vapore, che compravano la vita dei loro dipendenti, come si faceva con gli schiavi. Se non altro perché la concezione padronale del lavoro in un paese segnato dal conflitto di interessi, è diventa in questo modo l’anticamera di un pensiero totalitario. Fa una certa impressione, sulla via di questo demenziale disegno, vedere marciare uniti gli integralisti che dicono di straccarsi le vesti per combattere il regime di Berlusconi, e quelli zelanti che operano per costruirlo. Entrambi incoerenti, certo. Ma più preoccupanti i primi, che si mettono gaiamente al servizio dei secondi. O no?

Luca


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52 risposte a “Placido, Berlusconi e la morale talebana degli ultras”

  1. Avatar Giovanni
    Giovanni

    Era già chiaro e non era il caso di appurarlo. Se fai delle domande che non ti collocano automaticamente in una fazione, allora loro si disorientano, si arrovellano, cercano una etichetta, perchè tutti devono essere come loro e averne una, e alla fine comunicano anche il risultato. Ovviamente sbagliato.

  2. Avatar Federico
    Federico

    I giornali sono un insieme di fogli con sopra un po’ di articoli. E ognuno risponde per quanto scrive.
    Io sono un liberista radicale e convinto secessionista, sono un fautore del capitalismo più selvaggio e detesto tutti gli statalismi parassitari (da Tremonti in su), ma se il Manifesto pubblicasse le mie cose ne sarei solo lieto (su certi temi, per giunta, mi sento abbastanza in sintonia con ciò che lì di solito viene scritto: sul ritiro dall’Afghanistan, ad esempio). E’ pur vero che nell’Italia tribale di oggi ogni giornale è un quasi-partito, ma poi sta ad ognuno muoversi con autonomia.
    Una sola ultima considerazione. Qualcuno, commentando il pezzo di Telese, ha scritto che il Nano sarebbe il male assoluto. E’ una follia, che attesta soltanto come in Italia per molto tempo ancora dovremo rinunciare ad avere un’opposizione. E quindi continueremo a sorbirci le scemenze dei Berluska, dei Tremonti e via dicendo.

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