Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Si sfascia il partito del padrone

"Perché, che cosa fai? Mi cacci? Eh?". E allora Gianfranco Fini sorride ironico, fa il gesto della mano a pendolo, via-via e di nuovo: "Che fai, mi cacci?". Poi si alza in piedi, avanza verso Silvio Berlusconi, punta il dito e gli ripete la frase a un metro di distanza rovinandogli il finale del discorso. Una delle immagini che resteranno di questa giornata, assieme alle mani impotenti del premier che fanno stringi-stringi per chiedere a Verdini di mettere fine all’intervento del rivale. Insieme a quel moto di rabbia che lo porta sul palco subito dopo. Insieme alle parole a pesce, gridate senza audio dal microfono non collegato, mentre parla il suo grande nemico. Ai materassi. Alla fine del discorso di Fini c’è una stretta di mano algida, tra i due, senza guardarsi in faccia. Poi Berlusconi sale sul palco per replicare. E’ furibondo, nero, gli occhi sono due fessure, sembrano pesti. Ma al contrario di Fini non ha una scaletta pronta. Parla a braccio, e finisce il suo discorso nel battibecco: "Un presidente della Camera – grida – non deve fare dichiarazioni politiche! Se le vuoi fare devi lasciare la carica, ti accoglieremo a braccia aperte, ma ti devi dimettere!".
Leso format. Alla fine, il gesto che Berlusconi non perdona all’ex leader di An è il reato di lesa maestà. Anzi, di più: leso format. Ovvero il peggio che potesse capitare a un cultore del rito catodico come Silvio Berlusconi: allestire una coreografia studiata nei minimi dettagli, una liturgia mediatica, una scaletta precisa, e vedersela stravolta da un imprevisto. Prepararsi la scena come protagonista, sul podio dell’Auditorium di via della Conciliazione, trasformato ancora una volta in set televisivo dal fido regista Giuseppe Sciacca (un maestro, quello della Corrida e dei congressi di Forza Italia) e ritrovarsi poi, invece, nel ruolo del co-protagonista, relegato nel controcampo delle inquadrature che facevano da contrappunto al discorso di Fini, avendo dietro alle spalle una tenda nera (quella alle spalle della presidenza) invece del fondale azzurrino. Lui seduto e livido; Fini in piedi, ironico. La scaletta predisposta dalpremier era questa: prima il suo saluto, poi l’intervento di tutti i ministri anti-finiani, persino qualche sottosegretario (come Alfredo Mantovano), quindi – come aveva detto lui stesso – "la parola ai co-fondatori del partito, Fini, Rotondi, Giovanardi". Orologio alla mano Fini avrebbe parlato non prima delle 16, unica voce dissonante nel coro. E Berlusconi avrebbe concluso.
Intervento imprevisto. Ma tutto il programma salta. Dalla sera prima il presidente della Camera fa sapere che non accetterà il ruolo di comparsa. La mattina il nodo non è sciolto. Al premier arrivano diversi messaggi: "Gianfranco non ci sta". Alle 11:50 Berlusconi guarda Fini, lo vede alzarsi. Forse pensa che stia per andare via. Allora improvvisa: “Gli chiediamo se vuole prendere la parola, siamo qui ad ascoltarlo…". Fini non se lo fa dire due volte. Sale sul podio: invece di dieci minuti parlerà un’ora. Una vera e propria relazione. La prima bordata arriva subito: "Anche nella regia, oggi sembra che ci sia l’atteggiamento un po’ puerile di chi vuole nascondere la polvere sotto il tappeto!". Poi le mozioni d’orgoglio: "Sono abituato a dire quello che penso…". Quindi la prima stoccata: "Vedi, Bondi! Sono stato oggetto di trattamenti mediatici, da colleghi, mi riferisco ai giornalisti, lautamente pagati da stretti familiari del presidente del Consiglio!". Sulla sala cala il silenzio, il discorso di Fini si impenna: "Sono stato accusato di alto tradimento, oggetto di bastonate mediatiche, roghi, ipotesi di licenziamento…". Poi il cambio di passo che taglia il fiato ai membri della direzione. Si rivolge direttamente al premier, guardandolo: "Berlusconi te lo dico in faccia: il tradimento che è certamente poco dignitoso, viene da chi alle spalle dice il contrario di ciò che dice pubblicamente, raramente il tradimento è nella coscienza di chi si assume la responsabilità di quel che pensa in privato e in pubblico…". E qui il premier sbotta. La regia lo inquadra. Si agita. Non si sente cosa dice. Quando arriva l’audio la voce è strozzata: "…Non attribuire a me cose che non ho mai dettooo!". Il palco è diventato un ring, un corpo a corpo. Formalmente Fini ribadisce la fiducia al governo, tributa al premier i suoi meriti, ma allo stesso tempo compone il suo j’accuse spietato: "Al nord siamo diventati come la fotocopia della Lega!". Fini cita le mire di Bossi sulle banche, la rinuncia del Pdl ad abolire le province, i decreti sul federalismo, il fatto che "difendere il bambino del padre extracomunitario che perde il lavoro, cacciato dalle scuole è rispetto della dignità dell’uomo". Spara una raffica di domande retoriche: "E’ eretico dire che i medici non devono fare la spia?". Si può accettare che "in Lombardia ci siano solo professori lombardi, e in Veneto veneti?".
Processi cancellati. Il vero show-down è sul conflitto di interessi. Prima Fini attacca sulla proprietà de Il Giornale, poi sulla giustizia: "Difendere la legalità significa andar fieri degli arresti, ma anche non dare l’idea che la riforma della Giustizia non serve a creare sacche di privilegio…". La platea a questo punto fischia. Fini insiste: "Ricordi la nostra litigata sul processo breve? 600 mila processi cancellati dalla sera alla mattina!". Di nuovo Berlusconi grida, dalla presidenza: "Ma dai, Gianfrancoooo!": E lui, passando al chiamarsi per nome: "Silvio, è inutile che mostri insofferenza…". Il premier sale sul palco infuriato, contrattacca: "Il nostro partito è stato esposto al pubblico ludibrio con le presenze in televisione di Bocchino, di Urso e Raisi!". E sul Carroccio: "La verità, come mi ha spiegato La Russa, è che la Lega è la fotocopia delle posizioni abbandonate da An!". Allora Fini pizzica il suo ex colonnello, sarcastico: "Bravo, Ignazio, bravo…". La Russa si sbraccia come per dire no-no. Si arriva al cataclisma. Berlusconi: "Sei venuto da me a dire: 'Mi sono pentito di aver fatto il Pdl! A dirmi: ‘Voglio fare un altro gruppo'!!!". E Fini, in piedi: "Ma che stai dicendo!". Il retroscena è morto, meglio: è tutto sulla scena. Il voto finale conta zero. L’uomo che ha vinto grazie alla tv, ha perso un duello tv, sulla sua tv: una vittoria numerica, una sconfitta mediatica. Il partito dell’amore finisce a pesci in faccia.

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4 risposte a “Si sfascia il partito del padrone”

  1. Avatar alessandro
    alessandro

    Ciao Luca, ho letto con interesse il tuo articolo apprezzandone la chiave di lettura a tratti ironica. Però non condivido quando evidenzi la sconfitta del Banana. Il discorso di Fini ricalcava concetti di sinistra, di quella sinistra che gente nostaligica come me non sentiva da un pezzo. Il suo manifesto dissenso ha sicuramente dato speranza a molti di noi che vedono mister B, per la prima volta da diverso tempo, attaccato e ferito nell’orgoglio. Però ti dico, mi capita di guardarmi intorno e constatare che molti berluscones si sentono addirittura rinvigoriti da questo mezziogiorno di fuoco. E secondo me corriamo anche il rischio che si moltiplichino con maggiore intensità.
    Il loro indiscriminato tafazzismo (quello dei berluscones) mi fa tornare in mente il famoso format degli anni 80 in cui ironicamente alcuni partenopei dicevano : “Non siamo noi i razzisti, sono loro che sono napoletani”.

  2. Avatar Armando
    Armando

    Ottimo Telese!! Divertente e convincente!
    Da più parti mi sono sorbito noiose elucubrazioni su chi fosse il vero vincitore del duello. Se uno tiene conto che nelle ultime due elezioni il Pdl si è rivelato in caduta libera in termini di voti (la tenuta generale della coalizione è infatti merito della Lega che con il suo incremento di voti supplisce al declino del Pdl), la domanda sorge spontanea: lo spettacolo di ieri rafforza o indebolisce il Pdl? Gli elettori che ultimamente hanno abbandonato il centrodestra sono interessati a queste cose o sono ancora più convinti a votare altrove? Secondo me la risposta giusta è la seconda, e penso che in questo momento il Pd abbia una grossissima occasione. Telè, digliele te due paroline a Bersani, che qui non se ne può più!!

  3. Avatar Paolo
    Paolo

    Caro Luca, conosco più di una persona che ha votato per la Lega nord, ma in cuor suo non avrebbe voluto alimentare e premiare il PDL. Tale e tanta era in costoro la voglia di eleggere qualcuno finalmente sensibile agli arcinoti problemi economici dei lavoratori, da “rimuovere” il pensiero che, così facendo, avrebbero votato anche per un partito e un presidente del consiglio che non hanno certo affrontato e non risolveranno i disagi economici della gente. Molti di coloro (i votanti Lega nord) hanno anche “rimosso” la caratteristica più odiosa della Lega, ovvero la ripulsione e l’ostilità, spesso indecorosamente manifesta, verso i “non nostrani” (un tempo erano i terroni, ora sono gli extracomunitari). Il discorso di Fini che, per certi aspetti richiama alla mente la denuncia di Giacomo Matteotti rivolta all’allora capo del governo nel ’24 (stessi moti di stizza e d’insofferenza dei due premier per le parole del locutore di turno), ha sottolineato, tra l’altro, l’assurdità di un qualsivoglia tipo di coesistenza tra uomini suoi e uomini della Lega oramai in simbiosi, questi ultimi, con quelli di Berlusconi. Cordiali saluti e…continua così. Paolo

  4. Avatar pasquino
    pasquino

    Mah …. io non ho visto uscire vincitore Fini. Gianfranco (affettuosamente parlando) ha tirato fuori questioni arcinote e ritrite come lo strapotere e manganello mediatico delle TV e giornali di Silvio (ma fino a quando non hanno attaccato lui andava tutto bene?), che la sua voce dissonante non è ascoltata e che il Premier privilegia l’asse con la lega e asseconda le farneticazioni leghiste con le relative proposte disgregative dell’unità d’Italia . Tutto già visto, tutto già sentito. Cosa è cambiato allora? Il peso politico della lega è aumentato esponenzialmente il suo (di Fini) ridotto ai minimi termini. Il suo discorso (di Fini) se pur di alto profilo anche a me ha dato l’impressione che nascesse dalla consapevolezza che come uomo politico non ha più il ruolo del predestinato al dopo Berlusconi,ma solo della comparsa. Come Casini sarebbe aupicabile che ricominciasse tutto da capo, con un nuovo movimento politico emancipandosi definitivamente dalla morsa di Silvio e della Lega. Fini non mi dispiace ma attendo da lui un atto di vera rottura.

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