Luca Telese

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Luca Telese
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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Fango alzo zero

Aggredire il nemico, screditarlo a mezzo stampa, fustigarlo senza requie, scarnificarlo. Sulla copertina dell’ultimo numero di Panorama i Tulliani diventano “i Tullianos”, non una coppia di fratelli arrampicatori, dunque, ma l’assonanza onomastica di una famiglia mafiosa, un quadro illustrato a tinte fosche, volti scuri e colori scuri che nemmeno Botero, bianchi e neri polizieschi e virati di blu, come solo quelli dei “Sopranos” e dei serial killer di Carlo Lucarelli. Nulla di sorprendente, purtroppo. È l’esagerazione gotica che uccide la nobiltà dell’inchiestismo, e lo trasforma in una beffa inquisitoria, in una parodia di giornalismo. È la guerra termonucleare di carta (stampata). È il “trattamento-Boffo”, secondo il neologismo Giorgio-Stracquadagnesco che si prepara ad entrare nei manuali dell’ordine: inchiestismo a senso unico, monomaniacale, distruttivo. Questo non è un articolo, questa è l’anatomia di una moderna purga, un processo di sapore moscovita a testate unificate. Questa è la fenomenologia di un massacro ai danni del presidente della Camera, che sembra coordinato da una squadra di novelli Viscinskij (in omaggio al pubblico ministero dei processi staliniani).
TUTTO FA BRODO per attaccare Gianfranco Fini, per i giornali del centrodestra. I cognomi dei suoi fedelissimi? Appigli per giochetti di satira, parafrasi di quart’ordine, ed esercitazioni di umorismo triviale, un Corrierino dei Piccoli virato nello stile del Vernacoliere. Incredibile la prosa fantastica sfoderata da un direttore come Mario Giordano ieri su Libero, che fingendosi il presidente della Camera immaginava questo monologo: “Mi sveglio di notte urlando i nomi dei miei fedelissimi: “Bocchino! Bocchino!”. Ma così Elisabetta si arrabbia ancora di più: “Per come ti comporti nemmeno un bacino”. Ti vien voglia di chiedere: Mario, ma per chi altri si è mai entrati sotto le coperte, si è sfoderato il repertorio della caserma, l’immagine del gioco di parole sul sesso orale come fonte di discredito? Per chi altri Mario Giordano ha derogato alle regole elementari del pudore giornalistico? Per Pierluigi Bersani forse? Macché, al confronto solo rose e gladioli per gli uomini del centrosinistra. Per Nichi Vendola? Macchè, trattato con un rispetto, su quelle stesse pagine ed intervistato come un leader amico da Barbara Romano. Dice Carmelo Briguglio: “Questo è un giornalismo di cui bisogna controllare la gerenza”. Intende dire che sono i giornali di Berlusconi che colpiscono il nemico di Berlusconi. Ma stavolta ogni frontiera è stata superata. Il Giornale, ieri, ospitava le solite quattro pagine di articoli demolitori contro il presidente della Camera, le gigantografie delle fatture di acquisto della cucina Scavolini (nemmeno fossero le prove finali dell’Olocausto ) le consuete quattro pagine di firme della petizione Vandeana che chiede la cacciata di Fini da Montecitorio, più una intera pagina di Vittorio Sgarbi, che in un modo o nell’altro – sia pur con soave eleganza – dava alla Tulliani della mignotta.
E LO FACEVA – almeno lui – con la consueta anarchica irriverenza, se è vero che nella narrazione sgarbiana saltava fuori che anche Feltri era arrapato dalla giovine fanciulla, rampante sì, ma al pari di una foresta di giovani tigri di centrodestra, in caccia di un buon partito, da Elisabetta Gregoraci (vallettopoli) ad Antonella Troise (raccomandata di Saccà ed eroina degli spot sui rifiuti della presidenza del consiglio). Lo Sgarbi che esterna su A e alla Zanzara è senza filtri, quello pubblicato da Il Giornale ovviamente riguardoso per il suo direttore, che a quanto pare – secondo Sgarbi – aveva gettato un occhio sulla pulzella finiana. Al tutto vanno aggiunte le esternazioni ad orologeria di Luciano Gaucci, che da Santo Domingo oscilla fra Panorama e Libero per esibire la sua pantomina di povero amante romantico, tradito nei suoi affetti spiensierati. Poverino, a crocifiggerlo e a seppellirlo basta il meraviglioso essemmesse di Aldo Busi a Dagospia: “Davvero la Tulliani stava con lui per interesse? Noi eravamo convinti che fosse perché era alto, bello e con gli occhi azzurri”. La guerra delle due rose del centrodestra, visto attraverso l’occhio monomaniacale di questa furia distruttiva appare come un turbine di squallore, come una apocalisse che non risparmia nulla e nessuno, nemmeno i suoi artefici. Gli stessi giornali che gridavano alla violazione della privacy quando nel centrodestra le veline frequentavano le scuole di partito e traboccavano dalle liste elettorali, le stesse testate che ignorano le maggiorate azzurrine collocate a fare gli assessori, che sorvolano sulle letteronze e sulle showgirl tramutate in eurodeputate e sui menestrelli imbarcati sui voli di Stato a spese della collettività, adesso si scatenano contro una sola velina. Quella che si è macchiata di un unico reato. Accasarsi con il nemico del capo. Quando era nel gregge delle possibili candidate azzurrre era innocente, adesso diventa perfida.
GLI STESSI editorialisti che chiedevano a gran voce il riserbo quando gli scatti di Antonello Zappadu illustravano il membro eretto di un primo ministro (l’indimenticabile Topolanek) nella villa della Certosa (“Ho giocato in giardino sui bambini”, diceva, ed era chino su una fanciulla nuda) ora si scoprono pruriginosi sulla spiaggia di Ansedonia. Dove una memorabile pagina di giornalismo inventivo la scrive l’inviata di Libero Roberta Catania, tutta impegnata a decrittare attraverso pochi fugaci fotogrammi il dramma di “Ely e Gianfranco separati in casa”. Si arrampica sugli specchi la povera Catania, spiega che “i due arrivano allo stabilimento su macchine diverse, e che per circa due ore non si degnano di uno sguardo”. Ora, a parte che sarebbero anche cazzi loro, la cosa grottesca è che non si tratta di loro due. La donna che non degna Fini “nemmeno di uno sguardo”, immortalata dai paparazzi e sparata sulle prime pagine dei giornali non è Elisabetta Tulliani ma l’attrice (una che solo lontanamente le somiglia) Lilli Franceschetti Bianchi. Le rotative erano già partite, quando l’errore madornale dei segugi è stato scoperto da una bambina di cinque anni, la madre della vittima dello scambio di persona. Sulle panzane del premier che vola alla festa della minorenne Noemi questi giornali non indagavano: sulle contraddizioni di Fini sono pronti a versare pece bollente.
IL “GIORNALISMO vendicativo”, di cui abbiamo raccontato in presa diretta l’avvento, a partire dal caso Boffo per passare alla fustigazione a mezzo calzino del giudice Mesiano (colpevole di indagare su Berlusconi) oggi infesta le pagine dei giornali. Il giornalismo vendicativo ha un tallone d’Achille che nessun difensore d’ufficio, da Vittorio Feltri ad Alessandro Sallusti, da Maurizio Belpietro a Marcello Veneziani (che immaginiamo incatenato nella sua casa di Telamone, intento a vergare ogni giorno una articolessa contro Fini) può eludere. È consapevolmente ipocrita e doppiopesista: si cura, cioè, solo del nemico. E poi trasforma la notizia in un’arma, in uno oggetto contundente, la piega alla spietata grettezza della logica “mettinculista”. Se va in culo al nemico del Capo mi interessa, sennò, no. Funziona in un solo caso: non se fa contento il lettore, ma se soddisfa il committente.

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8 risposte a “Fango alzo zero”

  1. Avatar marco
    marco

    Luca come non mai sono totalmente d’accordo con te….ti seguo e leggo spesso i tuoi articoli che sono intellettualmente obiettivi,cosa rara nel mondo giornalistico,emerge in modo macroscopico la dipendenza di Belpietro e Feltri nei confronti di Berlusconi,insomma, sono adulatori per proprio tornaconto,altro che rispetto dei lettori,i due direttori sono alle prese con un fare narcisistico per guadagni e carriere luminose,ma mi domando, come mai in tv che sono spesso invitati e anche tu stesso Luca non hai la severita nei loro confronti che hai usato giustamente in questo articolo,forse in Tv hai meno spazio di critica…non so…noto un atteggiamento più accondiscente, forse è una mia impressione……spero……comunque sono sicuro che i vari Minzolini…Bechis…Belpietro….Feltri….Vespa……sono spesso il riflesso del classico italiano…che leccare non guasta mai….altro che intellettuali giornalisti….soggetti che prendono ordini e qualche amico dei servizi gli passa qualcosa…vedi Bechis e company..come diceva un amico mio l’amore eccessivo non porta a l’uomo ne onore,ne dignità..mi sa che questi soggetti amano troppo Berlusconi…contenti loro….

  2. Avatar Neon+Atlas

    Ci sarebbe da sperare in un boomerang spaziale, in un click che scatta nella testa della gente e li porta a vedere in controluce sulla carta igienica di sti giornali il signor B. e tutte le cosette da chiarire… mah.

  3. Avatar Franco Bonavia
    Franco Bonavia

    Caro Luca, se cambi i “Tullianos” con i “Berluscones” invece di una famiglia mafiosa scrivevi di una organizzazione mafiosa. Se cambi sponda politica, ai Berluscones di oggi si contrapponeva la “merchant bank” di palazzo Chigi di ieri, sempre di organizzazioni mafiose si trattava. Nessuno è immune, ne i tuoi articoli sono “intellettualmente obiettivi”. Agli italiani rimane scegliere il meno peggio. Che è come dire sguazzare sempre nella merda: questa si è una frase obiettiva, ma giornalisti che ce lo ricordino non ne vedo. Ciao.

  4. Avatar Rocco
    Rocco

    (“Ho giocato in giardino sui bambini”, diceva, ed era chino su una fanciulla nuda)

    forse volevi scrivere “Ho giocato in giardino coi bambini”

  5. Avatar Luca
    Luca

    Sottoscrivo in toto, i vari Feltri-Belbietro ecc. sono degli indecenti lecchini, talmente in sintonia con i desiderata del loro padrone da eseguire quelli che dovrebbero essere gli ordini, senza nemmeno o prima ancora di averli ricevuti.
    Detto questo, però il fuoco a volontà fatto di fango poteva dal Fini essere utilmente contrastato o sopito del tutto semplicemente fornendo delle reali spiegazioni sulla vicenda di Montecarlo. Si é portati pertanto a ritenere che le spiegazioni non vengono fornite perché verosimilmente é stato colto con le mani nella marmellata. Ordunque, se sei martello batti e se invece sei incudine, statti! D’altro canto non mi pare che le testate progressiste siano state molto dolci di sale quando hanno legittimamente contestato a Papi il vizietto di frequentare la Noemi….

  6. Avatar SM
    SM

    Ottimo articolo, purtroppo veritiero. X Luca: sì, certo, ma un Pres.Cons. che frequenta una minorenne probabile parente di una famiglia mafiosa è tutt’altro paio di maniche rispetto ai Tullianos.

  7. Avatar Rosa
    Rosa

    Adriana Lilli Franceschetti, questo il suo vero nome, è sempre stata mora, solo ultimamente tinta di biondo e con un decoltè di gran lunga molto più ridotto rispetto all’attuale evidentemente modificato.
    Inoltre, non sembrerebbe molto conveniente per il Presidente Fini frequentare la figlia del protagonista di uno dei peggiori scandali bancari italiani.
    Il padre Giacomo Franceschetti, è l’ex presidente della Bipop che ricordiamolo, aveva truffato più di 70.000 risparmiatori!

  8. Avatar Lilli Adriana Franceschetti
    Lilli Adriana Franceschetti

    Cara Rosa,
    l’invidia è proprio una brutta malattia.
    La disinformazione è peggio ancora.
    Informati meglio e scoprirai anche non posso che esser molto orgogliosa di essere figlia di mio padre e lo sono anche le persone che lo conoscono.
    Non sempre è da credere a tutto quello che scrivono i giornalisti e quello che è successo a me l’ estate scorsa ne è la prova!!!!

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