L’ha detto, non l’ha detto? “Quel documento è una porcata, un falso”. Alle sette di sera capisci che il giallo sulla frase del presidente della Camera è già diventato un dettaglio, una particella
nebulizzata dall’ondata di rabbia degli uomini di Futuro e libertà. Alle sette, nella redazione de Il Secolo d’Italia popolata dallo stato maggiore finiano, importa davvero poco se il portavoce di Gianfranco Fini, lima o smussa indiscrezioni di agenzia. Nel pomeriggio di un giorno da cani, gli uomini di Futuro e libertà dicono molto di più. Il “documento è un falso”, “Una schifosa immondezza”, “una bufala”, “una patacca” e chi più ne ha più ne metta. Ecco, se la vuoi raccontare la giornata dell’ultimo feroce strappo, il punto di non ritorno nella guerra senza quartiere tra berlusconiani e finiani, devi partire dalla redazione de Il Secolo d’Italia. Pensi di entrare in un fort Apache circondato dagli indiani, e ti ritrovi in una trincea di guerra in cui si infilano baionette sui fucili. In piedi c’è Filippo Rossi, demiurgo di FareFuturo che evoca Mino Pecorelli: “Ma vi rendete conto? È come se OP negli anni Settanta fosse stato editato da Palazzo Chigi! Qui abbiamo i servizi segreti che dipendono dal governo, che lavorano per confezionare dossier contro i nemici di Silvio Berlusconi! È pazzesco! È un incubo!”.
SULLA SOGLIA trovi Enzo Raisi. Al telefono in diretta con Radio 24, e con nella mano un faldone. Chiude il collegamento e ti spiega cosa ha scoperto: “Bè, è un po’ curioso… Il ministro di Santa Lucia non figura nell’elenco del sito ufficiale del governo, mentre invece è presente nella lista che puoi trovare sul sito della Cia! E cosa vogliamo dire di questo editore che pubblica questo giornale, che poi non è un giornale, ma un sito internet?”. Dica, dica. “Un bancarottiere, imprenditore e proprietario di due canali televisivi. Chi vi fa venire in mente questo profilo da galantuomo?”. Nella stanzetta di direzione c’è Flavia Perina in assetto da combattimento. Impreca perché le hanno fregato l’accendino, e perchè bisogna fare un titolo di prima più duro: “Patacca, certo, ma mettiamoci qualcosa di più…”. Ha appena scritto l’editoriale: “Qui se c’è uno che deve rispondere alle domande è Berlusconi”. Ci vede lo zampino del Cavaliere, nel documento? “Nooo! Che dite? Ma scherziamo? Guarda, noi non abbiamo dossier, io non faccio che ritagliare. E ritagliando scopro che tre giorni fa Stefano Zurlo aveva scritto su Il Giornale: ‘Gli uomini dei servizi che indagano a Santa Lucia….’. Ma non è pazzesco? Perché mai i Servizi dovrebbero occuparsi di una storia così? Di un appartamento?”. Poi, rivolto al condirettore, Luciano Lanna: “Patacca, patacca… ci vuole qualcos’altro!”. Chiedi a Lanna: ma i lettori si sono preoccupati, oggi? Avete ricevuto lettere di insulto? L’autore di Fascisti immaginari scoppia a ridere: “Scherzi? Ma qui è un diluvio di messaggi di solidarietà! Qui il più tenero dice: ‘Mandate affanculo l’orribile nano!”. Come, nemmeno uno critico? La Perina, scorrendo sullo schermo: “Leggi tu stesso! Le uniche critiche le abbiamo avute nei giorni della tregua: invece vogliono tutti che si faccia subito il partito!”. Poi Lanna compone il titolo di prima: “Patacca dai Caraibi”, come il film di corsari con Johnny Depp. Entra una giornalista, Annamaria Gravino, che sta chiudendo l’articolo. Entra Annalisa Terranova, la corsivista della cultura. Alla Perina il titolo piace: “Ma ci vuole qualcos’altro… ”. Lanna chiama l’ufficio grafico: “Ce l’hai una bandiera dei pirati?”. Ridono tutti. Ecco, i guerriglieri de Il Secolo sono in battaglia. La Perina è un fiume in piena: “La nostra gente di queste schifezze se ne sbatte! Siamo cresciuti in tempi in cui sui giornali scrivevano la strage di Primavalle l’ ha fatta papà Mattei, capisci? Qui nessuno crede che Fini si metta una lira in tasca! È un boomerang… Più ci sparano addosso, meglio è”. Roberto D’Agostino chiama Radio 24 per protestare: “Voglio Raisi!!! Mi ha dato della barba finta!!!”. A Il Secolo il telefonino di Raisi trilla e lui: “Mi dica lei se questo documento è vero o falso!!”. D’Agostino: “E che ne so?”. Raisi: “Dica sì o no!” . D’Agostino: “Chiamate il governo di Santa Lucia, per sapere se è vero!”. Il deputato finiano: “E intanto qualcuno è coperto di merda!”. Le grida echeggiano per la via.
DAVANTI AL PORTONE del partito, pochi metri più in là, c’è Donato Lamorte, il Richelieu di An: “Non ho parlato con Fini, oggi. Però le dico due cose: primo, questo documento puzza di falso lontano un chilometro. Secondo: se c’è una truffa, l’ingannato al massimo è un ingenuo, l’ingannatore è un colpevole”: Si riferisce al cognato di Fini? E Lamorte: “Se io ho un cognato che fa una cosa così, io lo prenderei a calci in culo! Io non so cosa sia successo, ma so che Fini è al di sopra di ogni sospetto! Gli sono passati milioni davanti agli occhi, figuriamoci se ha bisogno di Montecarlo”. Raisi: “Uno che non ha nemmeno una casa sua, ma scherziamo?”. A Montecitorio, davanti all’Aula, Benedetto Della Vedova e un capannello di giornalisti: “Sentite, io la mano sul fuoco non ce la metto. Ma questo documento al 99 per cento è un falso grossolano”. Ancora, Raisi, sul marciapiede di via della Scrofa: “Primo. Noi lunedì, se si vota, daremo la fiducia. Secondo. Berlusconi, con questa polpetta e i suoi giornali fotocopia ha fatto saltare la mediazione che faticosamente avevamo costruito! Terzo. Da martedì sulla giustizia si torna a ballare….”.
Luca Telese
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