Devo raccontarvi un aneddoto. Ero a Roma sul palco a fianco di Nadeen Selvadurai, il giorno in cui è venuto a raccontare il suo Foursquare a Roma, e non me lo scorderò mai. Per darvi un’idea: ammiratrici in visibilio e webmaniaci incravattati che chiedevano autografi con le lacrime agli occhi, pareva di essere con i Beatles nel 1970. Già il pubblico era impressionante: “Vedrai”, mi aveva detto con un sorriso Salvo Mizzi, il dirigente Telecom che aveva organizzato l’evento con il genietto. Bè, stavo vedendo. Due terzi del pubblico – compreso uno dei relatori al mio fianco, Luca Conti, smanettava continuamente su Twitter e Facebook commentando tutto in diretta. Bene. Solo che si arriva al paradosso che si finisce per prestare più attenzione a ciò che si scrive sul Social network che a quel che si sente con le proprie orecchie. Mentre Selvadurai parlava, teste chine a smanettare. Ma, come è noto, appena si entra nella Rete, scatta il gioco delle ombre per cui sul Web tutti si sentono giganti. Twitt-post memorabile: “Questo Selvadurai non ha capito il Foursquare”. Mentre cercavo con lo sguardo nel pubblico il furbissimo autore, Selvadurai (leggete cosa dice il piccolo genio nell’articolo di Tommaso Rodano) mostrava, in realtà, di avere capito benissimo (e più di tutti). Rispondendo a una domanda sulle implicazioni economiche del suo giochino spiegava: “Non obbligo nessuno a parteciparvi”. Già. Ovvero. Foursquare “vende” i suoi dati, perché li acquisisce su base volontaria. Il segreto è tutto qui: “Geolocalizzare” sembra un termine scientifico, ma diventerà una paroletta magica di chi vuol far soldi nel nostro tempo. “Geolocalizzare” significa per un venditore sapere dove trovare il suo cliente e a quali condizioni. Leggo su Foursquare che cento persone hanno fatto “il check-in” a un convegno di Forza Italia? Corro lì e gli vendo una statuetta di Berlusconi. Scopro che ci sono mille convegnisti musulmani a cento metri dalla mia libreria? È il momento di tirar fuori il Corano. Ha ragione Selvadurai. L’adesione è volontaria. Ma la molla che ci porta a farlo è il fattore ludico che sempre di più lubrifica la commercializzazione della Rete. Mi diverte un mondo diventare “il sindaco” che ha scoperto per tutti – per dire – l’ottimo ristorante Caprera, a Roma. E allora autodenuncio la mia presenza. Siamo tutti pionieri, ma siamo tutti monitorati per auto-delazione. È vero che se vado a una festa mangio un pasticcino più volentieri: ma in realtà non dovrei prenderlo perché sono a dieta. L’auto-delazione ludica è volontaria, ma è anche una tentazione proibita. Ci battiamo come leoni per la privacy, ma poi, per restare nel branco consegnamo i nostri segreti ai Selvadurai del Terzo millennio. Nulla di male, basta saperlo.
Luca Telese
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