E quindi, ancora una volta, l’Italia è appesa al fascino discreto della sua divinità cotonata, quindi l’Italia potrebbe essere affidata al gentiluomo di sua Santità Gianni Letta, dopo essere stata in queste ore sull’orlo della faida, della guerra civile, preda della sindrome da 25 luglio con i traditori appesi al palo. Oppure additati alla caccia “Wanted”, ricercati, come sulla prima pagina di Libero di ieri mattina.
E quindi l’Italia potrebbe riscoprire il fascino delle buone maniere e della santa ipocrisia istituzionale dopo aver sfiorato il baratro: ieri Flavia Perina, direttrice de Il Secolo d’Italia e pasionaria doc di Futuro e libertà non aveva dubbi: “Quella infame lista di proscrizione compilata dal quotidiano di Maurizio Belpietro è qualcosa di più di un tentativo di infangare gli avversari, è un modo per uccidere nella culla la possibilità di un governo Letta soffiando sul fuoco della resa di conti fratricida. Quella paginata non è solo una offesa contro di noi – aggiungeva la Perina – era una pistola puntata alla tempia dei moderati del Pdl”.
Davvero è curioso questo continuo oscillare tra la farsa e il dramma. Ieri sembrava che il nome di Letta fosse come un fiore sulle bocche di tutti. Gettato nell’agone da Pier Ferdinando Casini (“Andrebbe non bene, ma benissimo, per presiedere un nuovo governo”, diceva il leader centrista ai microfoni di Lilly Gruber), ma anche indicato come fonte nei dossier di Wikileaks (“Letta dice che la salute di Berlusconi è rovinata”…) e poi sulla bocca dello stesso Silvio Berlusconi: “Gianni Letta è l’uomo più leale che io conosca”.
E dunque, nel calderone cangiante della crisi, “il lettismo” diventa una variabile della governabilità italiana, la vox media che può tenere insieme tutto, i lealisti e i traditori, i berlusconiani e i post berlusconiani, può essere quello che fu Talleyrand per la Francia, il custode del potere leale, il garante di tutte le transizioni, l’unico che salva la testa dalle affettuose cure di Madame de Guillotin.
Anche un altro finiano doc, come Enzo Raisi, curiosamente, ieri metteva in relazione la prima pagina di Libero e le voci di un possibile governo che vedesse l’ex direttore de Il Tempo alla guida di una rifondata maggioranza di centrodestra: “Magari Letta premier, magari… Sarebbe la soluzione della crisi, l’unica via di uscita da un clima che finché resta Berlusconi diventa sempre più irrespirabile”. Raisi dice di essere preoccupato: “Se dal centro non arriva un segnale di distensione in periferia ci saranno delle vittime”. Esagerazioni? “Guardi, io non esagero mai. Ieri, dopo la simpatica istigazione a delinquere di Libero, qualcuno ha preso l’invito alla lettera e ha mandato in ospedale Valter Ciabochi, un consigliere comunale del nostro movimento. La diagnosi è contusione del setto nasale. Le pare uno scherzo?”.
Dunque Letta diventa la carta di riserva, l’unico che potrebbe rassicurare anche Silvio Berlusconi. Un uomo Mediaset, un fedelissimo di sempre per permettere al Cavaliere di non rivedere in un nuovo premier lo spettro di Lamberto Dini, il traditore del 1995. Ma davvero ci sono margini per mettere in piedi una trattativa di questo tipo? Fino a ieri la cosa certa era che il Cavaliere ripete ai suoi di non voler gettare la spugna: “Li chiamerò traditori in tutte le piazze d’Italia, li inchioderò alle loro responsabilità, renderò pubblici i nomi di tutti quelli che eletti nel Pdl si azzarderanno a votare con le sinistre il 14 dicembre”.
Ieri Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi si sono combattuti a distanza con un continuo scambio di fendenti, “La crisi è da irresponsabili”, ripeteva il Cavaliere, “Vuole comandare e perde pezzi, ribatteva Fini, che – assicurano i suoi – questa mattina potrebbe tornare a prendere la parola per censurare “La lista di proscrizione di Libero”.
Ma siccome per ora nessuno sembra avere la forza per infliggere all’altro il colpo di grazia, l’ipotesi di una mediazione dopo la tempesta, e di una tregua dopo la battaglia del 15 dicembre continua a prendere corpo, correndo in parallelo con gli scenari di sangue. Letta come è noto piace anche al Pd, è stato indicato da Walter Veltroni in tempi non sospetti come l’uomo del dialogo, è l’esponente del centrodestra che ha mantenuto i rapporti con la sinistra anche nei momenti più difficili.
E che l’ipotesi prenda corpo, nei corridoi del Palazzo, se non altro, lo dimostra il fatto che Ignazio La Russa si affretti a smentire: “Il governo Letta è un’ipotesi infondata”. Invece non c’è ombra di dubbio che un “governo cotonato” diventerebbe addirittura indispensabile se il verdetto di Montecitorio dovesse consegnare la fotografia di due schieramenti separati da un voto di scarto. Letta come modo per uscire dal berlusconismo, Letta come modo per perpetuare il potere del Cavaliere.
E l’interessato? Cesella frasi sibilline: “Il mio incarico? È solo pro tempore”, dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Una cosa è certa: l’enigma del Talleyrand di Avezzano è di quelli che si rivelano solo alla prova della storia.
Luca Telese
Rispondi