“La verità, tutta la verità che si può dire su questa storia, la dico, anche subito. Non ho rimpianti: rifarei tutto. Se c’è una cosa che mi dispiace, e solo per questo ho chiesto scusa al presidente della Repubblica, è aver offeso le vittime del terrorismo”. Roberto Lassini ha il suo studio legale a Busto Arsizio, primo piano di un condominio di architettura moderna, un quadro con la bandiera americana (acquistato al Moma dalla moglie) appeso nella stanzetta del ricevimento. Ha appena cinquant’anni. Solo quando lo vai a trovare lì, ti rendi conto di quanto sia paradossale la sua storia. L’uomo che ha segnato con il suo nome le elezioni di Milano in maniera irrevocabile – qualunque sia il risultato – non è un vip, non è l’emanazione di nessun apparato e forse anche per questo è stato scaricato da quasi tutti i suoi compagni di partito. Democristiano da sempre, accusato di concussione per una tangente da 300 mila euro negli anni di Tangentopoli (e poi assolto con formula piena) presidente del fantomatico comitato “Dalla parte della Giustizia”, quello che ha stampato e affisso i manifesti “Via le Br dalle procure”. Lassini di certo non racconta tutto (per molto tempo non potrà farlo), qualcosa lo aggiunge sotto garanzia di off record (che mi sono impegnato a non violare), ma anche a viso aperto dice alcune cose clamorose.
Avvocato, è rimasto deluso dal suo risultato elettorale?
Per nulla. L’ultima settimana, quella in cui si conquistano i voti decisivi, sono stato fermo. Non ho potuto organizzare nemmeno una cena. Ho dovuto tenere il mio pullman in garage.
Ha ottenuto poco più di ottocento voti, è arrivato 16°. Ma se dovesse vincere la Moratti scatterebbero i primi 36 della lista per effetto del premio di maggioranza…
E entrerei in consiglio anche io.
E in quel caso si dimetterebbe?
Non ci penso minimamente!
Sa che, anche nel suo partito, molti sostengono che sia stato lei la causa della sconfitta al primo turno?
(Ride). Vedo che molti attaccano me, forse perché non hanno la forza di attaccare Berlusconi.
Lei dice molti ma si riferisce a Formigoni e alla Moratti.
Non solo a loro. Il Pdl sulla questione giustizia si è spaccato.
Però non ha risposto alla domanda. Quanti voti pensa di aver fatto perdere alla coalizione?
Perdere? Io credo che con la linea di Berlusconi e – anche – con la mia piccola battaglia di verità, di voti ne abbiamo fatto guadagnare molti.
Ma se i sondaggi della vigilia davano la Moratti in testa!
Li ho visti pure io. Ma le faccio un altro ragionamento. Se la Moratti, come si è detto, voleva centrare la sua campagna sui problemi della città, chi gliel’ha impedito? Non certo io…
Vuol dire che…
Voglio dire che Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, ha scritto: ‘Lassini parla alla pancia del Pdl’. Bè, non c’è dubbio. Io avrei parlato agli elettori sensibili ai temi della giustizia, lei, se davvero voleva, poteva parlare a tutti gli altri. Sa invece cosa ha fatto perdere voti? Il fatto che ci siamo spaventati.
Abbandonando la linea “dura” sui pm?
Non c’è dubbio! Prima abbiamo seguito quello che Berlusconi aveva detto sulla giustizia, centrando il problema. Poi ci siamo spaventati: ci siamo fatti delegittimare dagli avversari, abbiamo strambato di 180 gradi. E la gente non ci ha capito più nulla.
Lei il 19 aprile ha detto: “Se mi arrabbio ho tanto da raccontare”. Era una minaccia, ma diretta a chi?
Era una dichiarazione che è stata un po’ forzata.
E poi ha aggiunto: “Berlusconi ha cercato di consolarmi, assicurandomi che mi capiva e che mi era vicino”.
È vero, è stato moto affettuoso con me.
Lo ha risentito dopo il voto?
Non ho il suo numero. E non voglio disturbarlo, ora.
Lei ha raccontato a ‘Libero’: “Berlusconi era dispiaciuto che mi ritirassi, ha detto che se fosse dipeso da lui non avrei dovuto dimettermi”…
Forse in questo il suo collega di Libero ha un po’ forzato…
Suvvia… Lei ha aggiunto: “Non ci sto a fare il capro espiatorio! Quello slogan è forte, ma riprende quello che aveva già detto Berlusconi sul brigatismo giudiziario dei magistrati”.
Qui c’è poco da discutere, è assolutamente vero.
Scusi, ma che cosa significa? I manifesti lei non li ha fatti?
No, non li ho disegnati, e nemmeno commissionati. Ma me ne sono preso la responsabilità politica.
Però lei sapeva che quei manifesti avrebbero innescato questa reazione.
No, non ho immaginato che intervenisse Napolitano. Ho capito che la cosa stava prendendo una piega più grande di me quando ho visto la conferenza stampa di Bruti Liberati.
Non si finga più ingenuo di quello che è. Lei ha rivendicato quella responsabilità politica.
Ci ho messo la faccia perché sono fatto così.
Ma come c’è finito sul pullman del Milan, la sera dello scudetto?
Per puro caso.
Non mi prenda per fesso.
Giuro. Ho un amico che ha una faccia tosta formidabile, abbiamo superato i controlli. E poi non era quello dei giocatori.
Ma si rende conto? È come salire sul bancone del Papa durante l’Angelus…
Che devo dirle? Non immaginavo.
Io invece penso che lei volesse prendersi un po’ di visibilità, dopo aver dovuto interrompere la campagna elettorale.
E va bene, questo lo ammetto.
E ora cosa farà?
Mi piacerebbe fondare un movimento, nel Pdl, che si batta sui temi della giustizia. Per il resto sono qui, come vede, tra le pratiche del mio studio.
di Luca Telese
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