Ci voleva il geniale e innegabile talento coreografico di Giuliano Ferrara. E il clima di amichevole competizione nella tavolata di direttori-big (Ferrara, Sechi, Belpietro, Feltri e Sallusti) tutti aspiranti consiglieri del Principe. Ci volevano gli ospiti molesti. E poi l’aria agrodolce e adrenalinica del crepuscolo, la platea di pantere grigie un po’ incazzate, l’odore di Napalm al Capranica di mattina presto, il crepitare della competizione e lo spettro della successione per la “libera adunata dei servi del Cavaliere”. E poi – ovviamente – ci voleva Lui: convitato di pietra, anzi di cartone con Alessandra Mussolini che finito l’intervento corre a baciare esterrefatta quella sagoma del beneamato premier che fa bella mostra di sé sul palco: “Oddio! Oddìo che orrore! È anche sgranato. Se sapesse che lo avete fatto così piccolo!”. E ci voleva il direttore del Foglio che risponde con sublime e perfida ironia: “Veramente è a grandezza naturale!”. Allora bisognerebbe parlare di quella sagoma: forse era una citazione, e Ferrara aveva in mente il poster di Lenin formato uno a uno (anche lui non era un gigante) in piedi di profilo che furoreggiava nelle case degli anni Settanta: forse era un altro divertissement. Ma effettivamente era una foto con capigliatura rada pre-trapianto che l’occhio vigile di Mity Simonetto avrebbe sicuramente cassato.
Però Mity è andata in pensione (e questo è un segno dei tempi), Mamma Rosa non c’è più, e Silvio stesso non si sente affatto bene. Al Capranica Berlusconi non è venuto, e in questa miscela umana la Festa per il caro amico Silvio, che fino al giorno prima doveva essere un seminario preparatorio per “tornare allo spirito del ‘94”, ha finito per trasformarsi in un helzapoppin picaresco, un (in)volontario rito funebre del berlusconismo, in cui forse non tutti erano consapevoli, ma in cui si suonava come nei funerali di New Orleans. Una cerimonia in cui ognuno aveva una sua diversa idea dello scomparso e di come gestire l’eredità, e quella sagoma diventava per tutti la foto del “Caro estinto”. Una metafora così chiara, a fine mattinata, che Vittorio Feltri, con la consueta schiettezza, ammoniva strappando la risata: “Uè! Non si può fare un funerale senza la salma!”. E in cui la solita Mussolini diceva: “Bisogna riesumarla”. Insomma, un festa wedding & funerals, ma anche un po’ balcanica, come un film di Emir Kusturica in cui qualcuno ridendo prima o poi tira fuori il kalashnikov e spara. E quindi ci volevano anche le contestazioni furibonde alla giornalista di sinistra “infiltrata” Marina Terragni, così ispida nella provocazione: “Per i giovani di Milano Berlusconi è vecchio. Per loro Berlusconi è muffa!”. Boato di rabbia dalla platea: “Sarai vecchia tu!!!”. Ululato dal loggione: “Ma chi è ‘sta stronza?”. Signora imbufalita in prima fila: “Taci, racchia!”. Anche Ferrara tira fuori la pistola. Prima per placare gli indignados azzurri. Poi si incazza a sua volta con la Terragni, che picchia sul beneamato leader come un trapano: “Scusa Marina! Ti ho invitato perché facessi una pacata e provocatoria analisi della sconfitta di Milano, non un violento comizio antiberlusconiano!”. E che dire di Ritanna Armeni? Eroicamente vuole spiegare alla platea dei “Servi”: “Perché serpeggia la delusione nei vostri elettori? Un intero mondo è venuto meno! Il berlusconismo è finito e non tornerà”. A chi lo spiega, Ritanna? Al signore con il bandierone sei per tre autoprodotto? (“NO AI PACS, con Storace, Rauti e Berlusconi in difesa della famiglia naturale”). Difficile stabilire un feeling: “Tu non sei nemmeno iniziata!”. E Ferrara: “Lasciala finire!”. E il contestatore: “Io non sono d’accordo”. Il direttore: “È la tua idea, non la sua!”.
Chissà se l’Elefantino se lo era immaginato così, l’intervento dei suoi “ospiti”. O se il modello che aveva in testa era quello di Piero Sansonetti che esordisce così: “Visto che avete fischiato la Terragni e la Armeni, vi pregerei di fare altrettanto con me…”. Ma poi l’ex direttore di Liberazione (oggi a Calabria ora) si aggiusta il ciuffo e cede al suo demone narcisista: “Dirò una cosa che vi farà piacere e due che non vi fanno piacere”. Invece ne dice una che strappa applausi scroscianti: “Berlusconi ha un grande merito: quello di aver portato in Italia la cultura garantista. E poi quello di essersi opposto allo strapotere dei magistrati” (sono già due cose). E una sola “negativa” (si fa per dire): “Berlusconi è l’uomo che ha ridisegnato il volto della destra. Ma anche della sinistra”. Capirai, lo applaudono ancora di più.
Insomma tutto questo spettacolo mette in ombra il canovaccio iniziale. Ovvero l’esercitazione di “frondismo” classico di Ferrara: “Non ti ingessare. Non aver paura. Non temere di diventare una statua di cera, torna a combattere!”. Con i consigli, anche bruschi: “Ti abbandoni a noiosissimi monologhi, ma il paese si è stufato!”: E con la novità del giorno: “Primarie libere – grida Ferrara – generali, semplici: il 20 ottobre”. Macché. È d’accordo Mario Sechi, ma non Belpietro. E nemmeno Sallusti, che dice: “Berlusconi è un monarca e il berlusconismo una monarchia. E se tu, Giuliano vuoi sottrargli alcuni poteri, metti a rischio la monarchia. E quindi meriti di essere punito con la pena di morte”. Ride. Ma solo dopo averlo detto. La Santanchè è con lui. La Meloni è incazzata (con la Polverini). Galan non si capisce cosa voglia. Alla fine della fiera: uno dei più applauditi è Sansonetti: vuoi vedere che se si fanno le primarie del centrodestra le vince lui?
di Luca Telese
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