Dice Lino Banfi che è stato da Silvio Berlusconi e che lo ha trovato “molto abbattuto”. Esce da Palazzo Grazioli una delle maschere più popolari della comicità italiana e dice, come un improvvisato portavoce emotivo, che il presidente del Consiglio “Si opererà alla mano”. Questa comunicazione, apparentemente anodina, contiene almeno altre due notizie e lascia intuire un piccolo terremoto.
La prima notizia è che – volontariamente o meno – la rappresentazione del Cavaliere è passata dalla radiosa epifania del nuovo miracolo italiano, al malinconico crepuscolo degli acciacchi e della manutenzione del corpo. L’uomo che raccomandava ai suoi corazzieri di Publitalia di avere “Sempre il sole in tasca”, adesso affida, quasi romanticamente, a uno dei suoi amici, la rappresentazione di uno stato lunare: ”L’ho visto abbattuto da mille vicissitudini”.
La seconda notizia, forse più importante, è che non cambia solo lo stato di salute del Cavaliere, ma anche il mondo che gli gira intorno, e la rappresentazione che offre di sé. Un tempo Lino Banfi portava a Palazzo Grazioli il carisma di nonno Libero, e il Cavaliere inanellava la sua maschera di italiano ilare e vincente nello share delle fiction nazional-popolari a quello dei suoi testimonial preferiti. Intorno al leader e al padre della patria, il cielo iperuranio era popolato di uomini, donne e simboli che comunicavano, con la loro stessa iconografia e con la loro fama, la forza del loro messaggio di solidarietà al berlusconismo.
La discesa in campo del leader azzurro, per dire, fin dal 1994 fu propiziata dai grandi endorsement della star di rete: Mike Bongiorno disse che avrebbe votato – ovviamente – per il Cavaliere, una poco più che adolescente Ambra spiegò (con la complicità malandrina del noto auricolare) che “Occhetto è un diavoletto”, Raimondo Vianello affermava, da impolitico, che avrebbe votato per l’amico Silvio, e il medico personale Umberto Scapagnini certificava la soprannaturale forza del sovrano neo-medievale con il crisma dello stregone scienziato: “Silvio è tecnicamente immortale”.
Adesso Ambra è cresciuta – non è più una ragazzina – e parla con piglio da guru di opposizione in una delle puntate più viste dell’odiatissimo Annozero. Adesso Mike Bongiorno non c’è più, ma ha fatto in tempo a dire parole di amarezza per come era stato accantonato da Mediaset. Adesso anche Raimondo Vianello se n’è andato, e del rapporto con il Cavaliere resta il fotogramma drammatico di un funerale con evocazione del defunto, adesso Scapagnini, miracolosamente scampato a un coma, recupera la forza fisica, e dichiara che “Berlusconi ha almeno sei rapporti a settimana”: basterebbe questa distanza fra l’illusione della vita eterna e della contabilità del satiro per testimoniare un passaggio di epoca.
Dice ancora Banfi: “Ogni anno il 9 luglio Silvio mi fa gli auguri e mi chiama vecchio, perché lui ha due mesi meno di me”. Lino rispetta una tradizione e, dopo aver ricevuto gli auguri al telefono da Silvio Berlusconi, va a fargli visita, a Palazzo Chigi, apparentemente senza cambiare il rituale. Ma il problema non è solo in quello che dice, piuttosto in tutto quello che sembra fatalmente cambiato in questo rito e nei suoi due protagonisti.
Banfi andava dal Cavaliere a portare il buon umore e a ricevere il conforto, mentre adesso – che non vuole più vestire i panni di nonno Libero – porta la saggezza di chi ha deciso di invecchiare, a conforto del disagio di chi non riesce a farlo. È curioso che sia Banfi a infondere sicurezza al re Leone e non il contrario. È curioso che un comunicatore attento come il presidente del Consiglio affidi il racconti un tempo ieratico del suo corpo a un amico, subappalti l’estetica del disagio, dopo aver monopolizzato persino la narrazione epica del suo attentato. Per un re taumaturgo è una cessione di sovranità. E, forse, il conforto crepuscolare dei vecchi amici è molto meglio del tentativo di sostituirli con le nuove fetali, e con la impresentabile illusione delle ragazze dell’Olgettina.
Sarebbe davvero bello se Berlusconi decidesse di diventare coetaneo di nonno Libero invece che compagno di scorribande di Papi.
di Luca Telese
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