Luca Telese

Il sito web ufficiale del giornalista Luca Telese

Luca Telese
Luca telese

Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Pubblico-Italia

di LUCA TELESE

Oggi parliamo dell’Italia e anche di noi. Per una volta scriverò tanto, ma la materia, come potete intuire, è complessa. Partiamo da Pubblico. Non ce l’abbiamo fatta, abbiamo perso. E di più: io, in prima persona, come direttore, ho perso la sfida che avevamo insieme tentato promuovendo e lanciando questo quotidiano. Invocare attenuanti qui non ha senso. È un fatto, è la nostra notizia di oggi, anche se amara.

Proverò in questo articolo a fare una analisi delle tante cause che possono produrre un risultato, ma la responsabilità ultima è mia. In questo paese in cui nessuno perde mai, e tutti si dichiarano vinci- tori sempre e comunque, il senso della storia è semplice: siamo stati sconfitti. Volevamo fare un nuovo giornale libero, pluralista, che potesse essere finanziato con le sue sole vendite: non ci siamo riusciti. Per quante volte io possa riavvolgere la bobina dei ricordi degli ultimi tre mesi, l’almanacco delle cose belle e brutte che abbiamo fatto, non posso prescindere da queste due considerazioni di partenza.

Tre mesi sono cento giorni che volano, quando fai un quotidiano, come un treno in corsa. Ma sono anche il periodo sufficiente per un esame drastico: i numeri dei nostri conti ci dicono che abbiamo bruciato le nostre riserve economiche di partenza. Senza un nuovo finanziatore non possiamo andare avanti. Ho passato l’estate scorsa, in cinquantadue piazze in giro per l’Italia, con il sorriso di Francesca Fornario e i colleghi di questa redazione, a raccontare perché volevamo fare un nuovo quotidiano e a quali condizioni provavamo a farlo, senza avere editori o padroni alle spalle: era una impresa rischiosa come le altre.

Anzi, anche di più. Perché la merce che abbiamo provato a produrre, l’informazione, è la più rara, la più particolare e delicata che si possa mettere sul mercato. È un bene immateriale, ed è allo stesso tempo un bene comune: eppure si vende e si compra. Abbiamo provato a parlare a quell’Italia che avevamo incontrato lungo quel viaggio nella crisi e a raccontarla. Ci siamo appassionati a quella che avevamo definito «l’Italia del coraggio» cercando di inserirla nell’agenda dell’informazione. In alcuni casi ci siamo riusciti, in altri no. Ma ogni volta che accadeva – come nel caso degli «scongiunti» – era per noi una soddisfazione enorme.

Questo giornale anche domani potrebbe riaprire, riaccendendo i suoi motori, se si presentasse un finanziatore, così come si può manifestare, in una favola a lieto fine, un principe azzurro. Sarebbe bellissimo, e anche con un filo di speranza firmerò questo mio pezzo con la mia mail. Ma oggi Pubbli- co deve sospendere le sue pubblicazioni per via di una legge implacabile a cui ci siamo sottomessi impoverire il prodotto: eppure l’ultimo aggiornamento ci dice che avevano bisogno di 8.200 lettori. In questi giorni ne contiamo in media 4.200, di fatto la metà del necessario a sopravvivere.

Sappiamo che per le vendite dei quotidiani questo è il periodo peggiore dell’anno. Sappiamo che per tutto il paese questo è stato l’inverno della grande crisi. Sappiamo che il momento dell’editoria è drammatico, in tutto il mondo, che anche grandi corazzate editoriali perdono copie. Questi lettori sono per noi un grande patrimonio: sono un piccolo-grande popolo che ci ha seguito in questi mesi con affetto, persone che ci hanno voluto bene e sostenuto fino all’ultimo, persino comprando due copie, facendosi sentire e scrivendoci con molto affetto. Ma i conti sono presto fatti: mille copie a 1.50 euro producono circa 400mila euro di ricavi per il giornale. Quattromila copie di sbilancio, per i nostri conti, vogliono dire più di un milione e mezzo di euro di perdita in un anno, per sostenere l’impresa. Per noi è troppo. Le persone che hanno finanziato la nascita di questo giornale, nel ruolo di soci promotori (me compreso) questi soldi non li hanno. In questo anno di crisi, come per tutti, le vie di accesso al credito bancario sono rareffate per imprese che non possiedono beni da ipotecare. Noi non ne abbiamo. Il nostro principale capitale sono le nostre penne.

Io, in questo momento, sono addolorato come se una delle persone che ho più care stesse male: vivevo questo giornale come se fosse figlio di una lunga gavetta. Ho chiesto di partecipare alla sua fondazione colleghi incontrati nel corso di una vita. Abbiamo assunto cinque praticanti, che si sono rive- lati cinque talenti. Ci hanno regalato la loro esperienza quattro firme come Ritanna Armeni, Darwin Pastorin, Peppino Caldarola e Marco Revelli: senza chiedere nulla e dandoci tutto.

Questa redazione era il mondo che volevo provare a costruire con le regole del merito e del valore professionale, con il metro della qualità umana. Anche questo, adesso, può sembrare un peccato di vanità. Ma credo che nessuno che abbia frequentato le stanze di Pubblico lo possa discutere. Ci ho provato: ho messo insieme una bellissima comunità di persone che spero abbiate imparato a conoscere: ma non è bastato. Ho fatto degli errori, che adesso mi appaiono chiari, perché sempre il senno del poi illumina le cose, ma non ho rimpianti. Capisco benissimo la sofferenza altrettanto forte di molti amici che con me hanno costruito questo progetto met- tendoci la faccia, le idee e il loro cuore. Capisco anche la rabbia di altri, quando scrivono – come hanno fatto dei redattori, su queste pagine, ieri – un giornale che vende quattromila copie non dovrebbe chiudere. Noi, però, non eravamo un quotidiano come gli altri. La libertà assoluta di cui abbiamo goduto aveva come contropartita il rischio che ab- biamo dichiarato, e scelto, di correre: «Se a dicembre saremo vicini al nostro obiettivo – avevo detto presentando questo giornale – saremo in edicola. Se non ce la faremo rischiamo di andare a casa». Non lo volevo: ma è accaduto.

Per chi come me è stato in questo quotidiano sia giornalista che socio promotore questo rischio è stato doppio: ho perso il mio posto di lavoro e il mio capitale. Ho investito e perso centomila euro perché credevo ad un progetto. Nei primi numeri abbiamo raccontato, con Silvia Giralucci, alcune storie esemplari del nord est, come quelle degli imprenditori che, quando non riescono a far quadrare i conti delle loro imprese, si sentono sopraffatti da un sentimento di sconforto, a tratti persino di vergogna.

Questo sentimento, difficile da decrittare, per chi da lavoratore dipendente non lo mai ha vissuto, nasce da quel pensiero amarissimo che solo chi rischia conosce: hai fatto tutto per nulla e quando perdi niente ti rimane in mano. L’ironia della sorte è che dopo averne scritto per capirlo, io questo sentimento ora lo sto vivendo sulla mia pelle. Avevamo detto che avremmo provato a fare un quotidiano «dalla parte degli ultimi e dei primi» perché c’erano ragioni che andavano comprese, anche al di là delle vecchie gabbie interpretative ideologiche della politica italiana. Ecco, siamo andati oltre: anche la cultura della sinistra nel tempo della crisi deve prendere atto che ci sono imprese in cui, purtroppo, nulla può garantire rendite certe.

Così, da un certo momento in poi il nostro racconto della crisi italiana si è intrecciato su queste pagine con quello della crisi che stavamo vivendo noi. Vedo nei meandri di twitter e del commentificio del web che alcuni dicono: ma eravate così presuntuosi da entrare nel mercato in un momento così duro? Sì, lo siamo stati: se nei tempi di crisi nessuno provasse a fare la sua strada malgrado i tempi duri, da nessuna crisi sarebbe possibile uscire. Vedo che altri chiedono: ma come può una impresa chiudere in soli tre mesi? Se non ha protettori alle spalle che appianino il disavanzo e accumula perdite erodendo il suo capitale, non c’è altro modo per evitare il fallimento.

Anche questo paradosso è una risposta a quanti tre mesi fa ci dicevano: non crediamo a quello che raccontate, siamo sicuri che alle vostre spalle ci sia un padrone occulto o un partito. Bene, almeno questo lo hanno potuto verificare: non avevamo dietro di noi, né il primo e né il secondo. Altri ancora addirittura ci ricordano una cosa che oggi ci risuona all’orecchio in modo beffardo: ci sono molti altri giornali che vendono come o meno di voi, eppure restano aperti. È vero. Ma noi avevamo detto che avremmo fatto un quotidiano pubblico in tutto tranne che nei finanziamenti.

Se avessimo due milioni e mezzo di euro di contributi – cifre che per la stampa di partito sono congrue e non infrequenti – con la nostra tiratura saremmo in attivo e distribuiremmo dividendi. Ma noi quei fondi avevamo dichiarato di non volerli usare, siamo rimasti fedeli alle promesse di ingaggio. Il mercato italiano, come è noto, non ha le stesse regole per tutti. E chi rischia senza tutele, per esempio, sa che le fatture della carta – nel nostro caso circa 30mila euro al mese – si liquidano tutte in contanti, sennò non stampi. Quando si acquista un giornale senza finanziamenti bisognerebbe sapere che costa di più. Perché se si è disposti a pagare di più per un frutto biologico non si dovrebbe farlo per un giornale senza aiuti?

Ma devo rispondere ad un’altra domanda. Che prodotto ho provato ad offrire, io, come direttore? Quello – spero – che avevo dichiarato di voler fare. Un quotidiano di opinione forte, progressista, che non fosse vincolato ad una appartenenza ideologica o di partito. Non che questo non si possa fare con molta dignità, sia chiaro. Ma c’erano già altri che lo facevano, e meglio di noi. Ho selezionato una squadra giovane, piena di talenti: 19 persone più i collaboratori, tante teste brillanti con idee diverse. Per qualcuno sarà stato un handicap, spero che voi abbiate apprezzato questa voluta distonia.

Ho teorizzato che potesse esistere un giornale che provasse ad unire una comunità intorno ai valori della sinistra, ma al di sopra dei suoi steccati. C’erano in questa redazione tutte le teste e tutte le appartenenze. Ho provato a mettere in patria uno spazio che in redazione avevamo definito il Minority report. Dalle primarie in poi in questo giornale apparivano anche idee diverse da quelle del direttore. Se avessimo vinto sarebbe stata di certo una ricchezza. Oggi, anche tra noi, qualcuno lo considera un eclettismo imperdonabile. Ho pensato un giornale graficamente diverso dagli altri.

Abbiamo chiesto ad un grande studio grafico, quello di Alberto Valeri, di immaginare un quotidiano in cui le immagini parlassero come gli articoli. Abbiamo voluto rendere un omaggio esplicito a un grande quotidiano francese, Liberation. Abbiamo fatto tante copertine che – diversamente da molti altri giornali italiani – erano dominate anche da una sola immagine. Abbiamo assunto – quasi un ardire per una piccola testata – un art director come Manolo Fucecchi: del suo genio visionario avete avuto prova ogni giorno su queste pagine. Racconto qualcosa su di lui perché è stato un punto di sintesi.

C’erano giorni in cui i redattori che scrivevano gli articoli, o le interviste, facevano a gara per prenotare una sua illustrazione. Manolo non diceva mai di no a nessuno, e mi dovevo arrabbiare. Lui disegnava e disegnava con il suo sorriso serafico, ma al momento della chiusura qualcuno restava privo di quella che chiamavamo la «fuceccata». E ci restava male. Un giorno accade questo: tutti sono nella stanzetta di Manolo, dietro di lui, per la consueta questua grafica. Lui ha le cuffie tre in testa, sembra che stia ascoltando musica celestia- le, disegna e sorride beato. Per lunghi minuti nessuno lo vuole interrompere.

Tommaso Labate mi fa: «Starà ascoltando i Pink Floyd». Solleviamo le cuffiette e restiamo allibiti. Manolo che è anche un cronista politico attento ai dettagli fa: «E’ il discorso di Casini all’assemblea dell’Udc, perché quelle facce?». Scoppiamo tutti a ridere. Uno dei nostri grafici, Emiliano Carli, è un genio obliquo: disegnava vignette meravigliose, ma non me le faceva vedere mai. Per poterle pubblicare dovevo andarle a sbirciare nella sua pagina di Facebook. Gli chiedevo: «Emiliano perché?». E lui: «Ahò, sò fatto così: nun me metto in mostra».

Stella Prudente che ha cucinato delle pagine di esteri impeccabili un giorno chiedeva: «Ma a chi lo faccio fare il corsivo su Gaza?». Mi raccontò di quando aveva scoperto da inviata che nella striscia i bambini non dormivano mai: il corsivo alla fine lo ha scritto lei, in prima, ed è stato uno dei più belli. Avevamo in squadra persino un cantautore, nonché socio, come Luca Bussoletti: è stato uno dei più rigorosi e produttivi, alla faccia dei cliché sugli artisti. Con Marco Berlinguer, che per me è un fratello, abbiamo litigato urlando per finire in tempo una intervista a Stefano Rodotà a quattro mani. Il giorno dopo mi ha detto come se nulla fosse: «E’ venuta bene, però». Un’altra sera, per un litigio su un posto al tavolone tra due redattori, iniziato alle dieci del mattino, abbiamo fatto così tardi che non siamo arrivati in Calabria.

Negli indimenticabili giorni in cui abbiamo chiuso il giornale felici, tutti convinti di fare un grande prodotto, la nostra sede di Lungotevere dei Mellini era un posto da cui nessuno se ne voleva andare. Labate ha un carattere di merda, voglio dirlo: ma è un cane da tartufo, uno dei più grandi cronisti politici della sua generazione. E’ simpatico e spaccone come un personaggio archilocheo, quando prende d’aceto mi dice: «Lù, attento, io sono calabrese!». Gabriella Greison non riferiva delle sue interviste: le reinterpretava come se fosse in una compagnia di melodramma, e una volta «recitando» l’imprenditore Cucinelli si è commossa.

Paolo Valentini ha un respiro americano come le sue letture: per una equazione misteriosa le facce limpide producono scritture eleganti e cristalline. Francesca Schianchi è un carisma misterioso e dolce: una ragazza che tutti in redazione amano. Andavamo a mangiare su un barcone sul Tevere, dagli amici del circolo dei nuotatori (il più proletario) in un luogo dove scendendo gli argini i rumori della Capitale si quietavano. C’era tra di noi questo grande fuoco di passione che i giornali riescono ad accendere, nei loro momenti fondativi: il piacere di partecipare allo spettacolo della vita – come direbbe Walt Whitman – e di poter contribuire con un verso. Funzionava la macchina delle tante diversità, ed era bello pagare i prezzi che questo comportava.

Ricordo una domenica pomeriggio, una discussione quasi drammatica, tra di noi, nella sparuta pattuglia di chi era di turno, intorno ad una copertina sul diritto delle donne alla procreazione. E alla diagnosi pre-impianto gratuita negata dalla legge 40. Uno dei nostri redattori, Francesco Curridori chiese il suo Minority report per parlare della propria storia. Per dire a Mariagrazia Gerina e a Stefania Podda (che avevano firmato quella copertina) che lui quando pensava alle diagnosi pre-impianto, vista la sua storia di invalidità e i suoi malanni, temeva di diventare un «non nato». Non ero d’accordo con lui su quel presunto rischio eugenetico: ma il giorno dopo ho impaginato quell’articolo biografico trattenendo le lacrime. Perché le verità sono sempre cosí quando le racconti tutte, attraversano le nostre vite senza risparmiarci. E anche perché il buonismo non esiste mai.

Stefania, cardine dell’ufficio centrale al fianco di Fabio (Luppino), è una di quelle giornaliste che preferisce far scrivere gli altri piuttosto che scrivere lei. E per fortuna che esistono questi temperamenti, perché fra di noi ci sono persone che se potessero scriverebbero un giornale intero da soli. Una mattina, leggendo la copia del giorno, si scoprì che Boris Sollazzo era riuscito a pubblicare quattro articoli diversi per altrettanti servizi. La sua risposta era disarmante: «Ma erano tutti belli, no?». Roberto Brunelli, capo della cultura, avrebbe scritto ogni numero dei Beatles e di Springsteen, perché ognuno di noi ha i suoi demoni, lui è un cultore, e io per questo lo ho amato. È un giornale pieno di difetti e di passioni. Ma non si può fare un giornale senza un esperto dei Beatles.

In questi cento numeri sono in qualche modo andate inventariate anche le nostre vite, anche il campione umano che rappresentavamo, tutte le biodiversità che incarnavamo. Il giorno del voto sulle primarie avevo ipotizzato che tutti i redattori raccontassero che cosa votavano: «Troppo narcisistico», mi avevano risposto. Così non lo abbiamo fatto. Ma sarebbe stata una bella mappatura delle diverse anime che vivevano in questo giornale. Il sabato arrivavano in redazione «quelli di Orwell», lo straordinario supplemento culturale che ha accompagnato il giorno in cui vendevamo di più. La domenica mattina usciva «Pupù», e il pomeriggio di questo giorno festivo discutevamo le copertina di «Yanez», con Roberto Corradi, che tutti in questa redazione considerano un portento, visto che chiudeva otto pagine tutte da solo. Nella stanza dei grafici si erano creati il loro spazio anche gli sportivi di «Socrates», guidati dalle lenti corrucciate e pensose di Giancarlo Padovan, uno che ha sviluppato una pericolosa dipendenza dal calcio e da Sky. Lo lasciavamo che guardava partite del campionato scozzese a notte fonda, e lui la sera spegneva le luci e i computer di tutti: che bella coppia, lui e Matteo Patrono, il serafico e l’adrenalinico. In mezzo, come un adepto, silenzioso, Federico Paniccia: il pivello che nei film americani diventa immancabilmente eroe. Ricordo la bellissima discussione su Socrates, per omaggiare insieme un grande campione e la «filosofia dello sport».

Cosa abbiamo raccontato di importante in questo viaggio? Un passaggio importantissimo della storia italiana, un punto di svolta. Il ventennio breve del berlusconismo e la stagione effimera dei tecnici che si sono chiuse insieme. Adesso si arriva ad una partita finale in cui la sinistra combatterà contro due destre e contro un polo populista che si è organizzato intorno a Beppe Grillo. Conterà poco, ma alcune cose importanti che sono accadute in questi mesi, questo giornale le aveva capite prima. Ad esempio che la logica del carisma dentro il movimento Cinquestelle avrebbe prodotto l’espulsione dei ragazzi entusiasti che lo avevano fondato. Io – e qui parlo di me – ho iniziato questo viaggio a Bagnacavallo, in un appassionante dibattito in cui un militate del Pd contestava la mia dichiarazione di intenti al grido di: «Vorrete mica criticare Bersani?». Ebbene, su questo giornale, poi, ho criticato Bersani, e ho anche detto che lo avrei votato al ballottaggio, dopo aver votato Vendola al primo turno. Non credo che sia una contraddizione: credo che sia un modo laico di guidare le cose.

Ho iniziato questo articolo dicendo che ho perso. Ho perso perché ho deciso io il vestito che volevamo confezionare, le risorse che credevo necessarie, l’obiettivo di un giornale ambizioso, di 24 pagine. Sognavo un quotidiano «complementare», che arricchisse chi lo leggeva dandogli elementi che nel turbine del web e altrove non trovava. Adesso sembra che lo abbiamo fatto male: sia troppo che troppo poco diverso. Eppure ho chiamato io a lavorarci le persone di questa redazione: non ho costretto nessuno, né gli ho nasco- sto i rischi, ma porto questa responsabilità. In qua- lunque modo si giudichi, Pubblico è stato un quotidiano diverso. Le sconfitte non passano indifferenti, le sconfitte ti illuminano di una luce fredda che mette i brividi. Mi resta in testa un verso di Pietro Ingrao su cui da vent’anni mi lambicco: «L’indicibile dei vinti / il dubbio dei vincitori». Oggi parla anche di me.

luca@lucatelese.it


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172 risposte a “Pubblico-Italia”

  1. Avatar Karima
    Karima

    Aveva ragione Silvio..chi disprezza vuol comprare..

  2. Avatar Lucianania
    Lucianania

    Inzuppare il biscotto e la passione degli italiani cribbio…( par condicio)..mica siamo qui a spennare Rita pavone…

  3. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    Anche il corriere della sera soffiava sulla crisi. hahahahaha ma come ? Proprio ora che c è Monti con il SALVAITALIA hahahaha Mi sa che al corriere hanno sbagliato i conti . Erano impegnati a fare articoli su ruby invece di pensare al loro fallimento che si avvicinava . hahahaha Traditori della patria che hanno scherzato col fuoco della crisi e sono rimasti scottati. Hahahahahaha

  4. Avatar la zanzara
    la zanzara

    che pena !! di tutta una storia gloriosa della sx oggi rimane :

    i crozza,i santoro e………………….quattro finocchi …………..CHE PENA !!

  5. Avatar la zanzara
    la zanzara

    mai come negli ultimi vent’anni la sx italiana ha avuto a disposizione la miglior ” ferrari ” di tutti i tempi , ma ha guidato come se avesse avuto una “panda scassata” spinta a mano dai tifosi ( luca telese fra questi ultimi)……………………….” si ragassi, dai che la la facciam, anche gli altri hanno una diane 6 che non va mica tanto ben ….)

  6. Avatar la zanzara
    la zanzara

    ……………………poi e’ arrivato il prof, con la patente ; ma la cosa clamorosa e’ che un comico, di 65 anni li ” passa ” TUTTI ………. ” A NUOTO ” !!!!!!!!!

  7. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    l imprenditore che ha comprato pubblico è gia’ finito in galera. Telese porta una jella tremenda.

  8. Avatar Bettolaio
    Bettolaio

    Lavoro lavoro..la priorità e il lavoro…ma quando CAsso me lo danno un lavoro?

  9. Avatar Augusto
    Augusto

    Son come San Tommaso..se non voto non ho credito..

  10. Avatar Fabioo
    Fabioo

    Mi piacciono quelle che in politica si riempiono la bocca solo con le parole…casso!

  11. Avatar Obrama
    Obrama

    Prodi is good !!!

  12. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    Proto proprietario del giornale di Telese è finito in galera . Io stringo il cornetto quando vedo il cagliaritano comunista in tv.

  13. Avatar Michela
    Michela

    Chi mi compra ?

  14. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    Battiato ha dato l impressione di essere un comunista con l alzheimer . Pensavo di aver gia’ visto molto con quel rinco di pannella ma questo stordito di battiato li irride tutti.

  15. Avatar Lottizzetto
    Lottizzetto

    Chi mi compra a mi?

  16. Avatar Federico
    Federico

    ” romano” Prodi is good!

  17. Avatar Fabioo
    Fabioo

    Proprio bella e brava la bianca..ma il bianco Pippo Baudo al festival non ci azzeccava un casso..

  18. Avatar Marco
    Marco

    Lessenziale e’ vincere..fazio is good!

  19. Avatar Andrea
    Andrea

    Mi piaccioni i grandi talenti…mentana e più una sola…che un solista

  20. Avatar Beppe
    Beppe

    L essenziale e essere..non apparire

  21. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    Chi era ospite di telese una trasmissione si e l altra pure ?? GIANNINO. Io ho capito che TELESE PORTA UNA JELLA TREMENDA VERA .

  22. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    TELESE AVETE FATTO PROPRIO UN BEL LAVORO AHAAHAHAH . A furia di calunniare e denigrare gli avversari politici i voti di sinistra se ne sono andati verso beppe grillo . ahahahah

  23. Avatar Mario'1 e Mario'2
    Mario’1 e Mario’2

    Saliamo per vincere non per essere Terzi..

  24. Avatar Francesca
    Francesca

    Ahaha tu si ue meglio..rimmell pe chi CAZZO aggia vota?

  25. Avatar Francesca I
    Francesca I

    Deus qui panem dentibus

  26. Avatar Francesca !!
    Francesca !!

    Marutt o cazz!!

  27. Avatar Angela
    Angela

    Puttana vergognati !!

  28. Avatar Martin
    Martin

    Angela La cotoletta alla milanesa la giri tre volte nell’uovo yaaa?

  29. Avatar Angela
    Angela

    Maiale is good!!

  30. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    Grazie Telese HAI AIUTATO ILCENTRODESTRA A VINCERE AL SENATO AHAHAHAAHAH Dove sei ?? A casa di santoro ??? hahahaha

  31. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    Gli ospiti che telese ha propinato per anni a in onda : GIANNINO TROMBATO ; MARIO SECHI TROMBATO ; DI PIETRO TROMBATO. Consiglio agli ospiti di telese di armarsi di cornetti e sale prima di andare negli studi de la 7 . Chi si avvicina a telese si sfracella !!!!

  32. Avatar Angela
    Angela

    Segretario forzaa..fammi male, aprimi tutta infarcisci i la faraona con mostarda salata, calpestami con la forza druida, capovolgi il materazzo e lavora sul marmo, senti con le tue mani rugose come e dura la pianura panada, slingua con tendenza in miei capezzoli capricciosi, ricoprami di borra inciuciosa e godi godi godi di piùuùù ahhhh

  33. Avatar Angela
    Angela

    Venierr nel culo!!!!!

  34. Avatar Ma mi faccia il piacere HAHAHA
    Ma mi faccia il piacere HAHAHA

    Lo invitate a la 7 quel venduto di mario sechi ??? Si è venduto per un seggio al senato che poi tra l altro non ha neanche ottenuto. Questo lascia intendere che razza di sapientoni vengono a disquisire a la 7 . Presentavate un giorno si e l altro pure i vostri illuminati colleghi giornalisti GIANNINO E SECHI . ORA PER CORTESIA SCEGLIETE OSPITI PIU’ VALIDI E NON I VOSTRI COLLEGHI INCAPACI.

  35. Avatar Er gotha
    Er gotha

    Sapete misticare solo i numeri a vostro piacimento..non avete ancora capito che abbiamo vinto noi di rimessa giocando sui limiti mentali del demagogo illuminista grillo e di quellaltro..coso..che pensa di avere ancora gli artigli ma verrà sbranato dal coccodrillo

  36. Avatar Er gotha
    Er gotha

    Ma chi lo ha detto che Berlusconi e un grande latin lover? Non ce una donna che dice chiaramente di essere entrata nel suo partito solo per fargli la corte e portarselo a letto..manca tutta una documentazione ufficiale di atti sessuali osceni che possano confermare le parabole fantasiose del mito ..dal mito alla realta…vi lanciassi un alto slogan tipo: tutte matteper bersani? Che ne pensate..

  37. Avatar Er gotha
    Er gotha

    Linteliggenza economica di Berlusconi e grillo messi insieme equivale a quella di un limonaro fallito che conta i frutti che si deve portarea casa per fare vedere quanto e bravo a fare i soldi..

  38. Avatar Angela
    Angela

    Su.lo slogan la peso pure io così..che dire. Idem con patate!

  39. Avatar Er gotha
    Er gotha

    Grillo ha fatto un movimento di 500 Mila euro sui suoi conti segreti…la smetta di prendersi gioco di noi..

  40. Avatar Beppe
    Beppe

    Sono una persona pulita io ..Non voglio avere a che fare con l’associazione intellettuali di sinistra…non ho l’AIDS..

  41. Avatar Italo
    Italo

    Aderisco al l’appello per la prorocatio benevolentia..per continuare con fli..cioè a fare liberi inciuci..

  42. Avatar Italo
    Italo

    Angela te la spiego io la green economy..più al verde di così..

  43. Avatar Italo
    Italo

    Per ora per pd e pdl ce Rimasta solo la corrutazio..

  44. Avatar Santa Maria rodriguez
    Santa Maria rodriguez

    Me gusta er macho vileda..

  45. Avatar Italo
    Italo

    ARRIDATECI Antonio bassolino! Basta evolvere un euro con sms..

  46. Avatar Francesca I
    Francesca I

    Maria si proprio na zoccola..

  47. Avatar Aldo
    Aldo

    Santa Maria prega per noi peccatori adesso per la nostra rielezione amen!

  48. Avatar Maria stella
    Maria stella

    Sia gloria al pdl nei secoli e nei secoli

  49. Avatar Italo
    Italo

    ..dimetti a noi i nostri debiti..

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