di LUCA TELESE
C’era una volta “la doppiezza togliattiana”, adesso c’è “la doppiezza grillina”. La prima era la locuzione con cui si definiva la contraddizione tra la via italiana alla democrazia scelta dal “Migliore” in Italia, e la fedeltà al legame di ferro con l’Unione sovietica professata dal suo partito a livello internazionale. La seconda è il gioco di parole con cui vorrei raccontare l’incredibile contraddizione tra la summa di manie cospirative, sentimenti anticomplottisti, e guerra proclamata a lobby e poteri occulti che nel M5s sono un elemento costitutivo e identitario, e il procedere sinuoso del suo guru Gianroberto Casaleggio, grande frequentatore di lobby, cenacoli ristretti, e meeting esclusivi a porte chiuse come quello di Cernobbio. Quello stesso meeting, cioè, che Claudio Messora – oggi portavoce della comunicazione grillina – solo un anno fa da blogger denunciava come un luogo segreto, illegittimo e inaccessibile del potere.
Già ieri, a caldo, Linkiesta ha acceso un faro sulla doppiezza grillina e sul paradosso del suo protagonista principale. Ma oggi vorrei cominciare questa riflessione con una breve sequenza: si tratta di un video lungo un minuto e mezzo, il filmato dell’ingresso di Casaleggio a Cernobbio. Basta quello. In questi novanta secondi di vecchia odiata televisione, in cui Casaleggio entra in scena, prima ancora che parli, il linguaggio del suo corpo, catturato dalla vituperata telecamera di un media troppo frettolosamente dichiarato obsoleto, mostra in maniera implacabile tutte le sue contraddizioni. La prima è il silenzio ostentato. Casaleggio sembra sottointendere questo nondetto: non ti rispondo perché sei mio nemico. Il secondo è l’imbarazzo: non ti posso parlare perché la tua domanda insegue una mia contraddizione irrisolta. La terza è la stizza: mi dà fastidio che tu sia qui a farmi una domanda perché io a questa domanda non posso rispondere senza farmi del male. La quarta è il leggero brivido di panico: mi devo rivolgere al servizio d’ordine di Cernobbio perché solo loro mi possono proteggere.
E subito dopo, come se non bastasse, Casaleggio dentro la sala inscena la pantomima della guerra (persa) con i fotografi e gli operatori, a cui voleva inibire le riprese e gli scatti. Vista l’insostenibilità di questa posizione, il guru ha dovuto capitolare. Ma forse dentro la pretesa del non far riprendere, si nascondeva l’illusione, vagamente orwelliana, di poter cancellare l’imbarazzo mediatico dell’incontro con i potenti, semplicemente privando i media di una immagine, o meglio di una prova della sua presenza. Se è così, più che di un errore, si è trattato di una grande ingenuità.
La doppiezza grillina si alimenta di questo paradosso non risolto, ma a ben vedere può anche morire di questa contraddizione. La televisione, che Casaleggio dice di voler combattere, è ancora molto più libera della rete che si può censurare o oscurare con altrettanta facilità. Lo streaming che per Casaleggio e Grillo avrebbe dovuto scardinare i palazzi del potere, è diventata un’arma a doppio taglio che mette in difficoltà il movimento, ogni volta che viene usato.
Casaleggio se proprio voleva, poteva anche andare a Cernobbio, a patto che avesse accettato di mostrare il suo intervento in diretta. Poteva uscire vincitore se fosse entrato nelle stanze chiuse da rivoluzionario, portando il suo verbo di web trasparenza. Entrando da “clandestino”, invece, Casaleggio fa sì che sia ancora una volta la televisione a essere ancora rivoluzionaria: perché è solo lo sguardo d’autore del video che ci mostra le contraddizioni del suo viso. Così come lo streaming del M5s ci rivela che nel Movimento le porte chiuse servono per mascherare la difficoltà della democrazia.
Se non avessimo visto il candido intervento del senatore Luis Orellana, non avremmo potuto misurare la durezza inusitata e ingiusta della reazione che lo ha investito. Orellana ha semplicemente ipotizzato che si potrebbero fare delle alleanze. E lo ha spiegato così: «In Sicilia noi siamo al governo». Apriti cielo: gli hanno dato, nientemeno, che dello “Scilipoti”. E poi, questa è la cosa incredibile, nel secondo giorno di riunione, lo streaming del Movimento dopo questo strappo imprevisto è stato oscurato. È per questo che Cernobbio fa male a Casaleggio e alle Cinque stelle. Perché l’ultima doppiezza che quei novanta secondi minuti di tv hanno mostrato è questa: da un lato il compiacimento del Casaleggio Manager, compiaciuto per essere finalmente entrato nel salotto buono del potere, dall’altro il disagio del Casaleggio guru, preoccupato per il suo cortocircuito comunicativo. È stata la vittoria del primo Casaleggio, a mettere al tappeto il secondo: e qui, la doppiezza, è diventata conflitto di interessi.
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