Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Bassolino: «Se non mi candido io, a Napoli il Pd scompare»

Antonio, vecchia volpe: fai le primarie perché hai l’ apparato alle spalle…
«Quale apparato?».
Il vecchio apparato del Pci, che controlli…
«Ma tu sei tutto matto! Non c’ è più nulla. Se si votasse domani il Pd, nelle condizioni di ora, arriva con fatica quarto!».
Possibile?
«Tutto disgregato, distrutto. Ridicole guerre per bande, nessun legame con la città».
Sì ma tu hai ancora il tuo staff, no?
«Staff? Ma guardati intorno!».
Sei solo.
«Ho un unico aiuto. Il mio Ipad. Non ci sono uomini, mezzi, partito, nulla. Post dopo post, su Facebook, e a piedi, nelle sezioni, una a una».
Sei un anti-Renzi, l’ anti partito.
«Uhhh…».
Metti a rischio delicati equilibri nazionali correndo alle primarie.
«Ti do una notizia: alle primarie ho votato Renzi. Qui equilibri non ce n’ è. Il gruppo dirigente è fuso, candidati competitivi non ne vedo».
E quindi?
«Se non corro io arrivano prima De Magistris, centrodestra, e M5s. Lo sanno tutti. Corro per riaprire una partita sennò già chiusa».
Incontro Antonio Bassolino nella sede di «Sudd», la sua fondazione. Centro di Napoli: da cinque anni si è ritirato qui, solo attività culturali.
Arredamenti austeri, saletta convegni, fotogallery alla parete. Prende una foto in bianco e nero.
Ci sono Enrico Berlinguer, Pio La Torre e lo stesso Bassolino, da giovane: «In mezzo al terremoto. L’ immagine racconta un giorno che mi ha cambiato la vita. Non parliamo della Serracchiani, per l’ amor di Dio…». Stuzzico: «Dici che due vicesegretari non ne fanno uno: sei feroce». Bassolino scuote la sua chioma, ormai tutta candida. Il vocione tonante di sempre: «Io ho annunciato di candidarmi, e loro? Prima fanno uscire con fonte anonima all’ Ansa – anonima, manco il Pcus! – che non sono il loro candidato. Poi provano a fermarmi dicendo: “Non può correre”! Ma che primarie sarebbero? Renzi, dopo aver vinto proprio con le primarie non può condividere queste fesserie». Seguo Bassolino da tanti anni, ho scritto cose durissime su di lui, durante l’ emergenza rifiuti, ma mai si è tirato indietro. Anche oggi, quando vertici e base del Pd si dividono su di lui, non si sottrae a nessuna domanda.
A partire da questa: alla soglia dei settant’ anni chi te lo fa fare?!
«La passione per la mia città e la politica, Luca. Non ho altre ambizioni».
Parto da una cosa che non ti ho mai chiesto: è vero che eri balbuziente?
«Sì, da ragazzo. Balbuziente da soffrire».
Vedendoti comiziare non si direbbe.
«Ne parlo raramente, per molto tempo non ne ho parlato volentieri».
Avevi difficoltà serie?
«Scherzi? Elementari, medie, anche al liceo.
Mi inceppavo. Non so spiegarti la sofferenza».
Immagino.
«Tu stai parlando e a un certo punto ti inceppi: come un disco rotto. Il fuoco ti arriva addosso, sul viso, in gola, sulla lingua… Paura, ansia: non sai se ne esci. Immagina le interrogazioni. O che sei con una ragazza. E ti inceppi».
Come nei sei uscito? Logoterapia?
(Risatina) «Logoterapia? Ah ah ah… Luca, sono del ’47! Quando avevo 14 anni non esisteva».
Facevi esercizi? Maestri di dizione?
«Macché, figurati».
E allora?
«Non ci crederai. Mi ha guarito la politica. E tanto sacrificio. Sai, ogni tanto ancora oggi, se sono molto stanco, per un secondo mi inceppo.
Quando riprendo il controllo mi ricordo di tutta la strada fatta».
In che senso ti ha guarito la politica?
«A 16 anni, per indicazione degli operai di Afragola, vengo nominato segretario della sezione cittadina: dovevo parlare per forza».
Sì, ma come?
«Con dei trucchi. Provo a spiegarti. Mi inceppavo sempre, non so perché, su un nome: Nino Daniele, segretario di San Giovanni a Teduccio, un dirigente importante a Napoli…».
Perché?
«Certe parole ti si attorcigliano in bocca».
E il trucco?
«Uno solo, smontare le parole: iniziai a chiamare Nino Daniele-Nino. E improvvisamente riuscivo a sciogliere la matassa».
Funzionava?
«Eccome: ancora adesso, per scherzo, lo chiamo così, tutto attaccato. Se cambi accento puoi farcela».
D’ accordo, ma i comizi?
«Questa è la magia: più il comizio era importante, meno mi inceppavo».
Come mai?
«E che ne so? Miracolo. Lo stato d’ animo, le cellule concentrate, le facce attente, non so. Ancora oggi ogni comizio lo vivo come un’ opera d’ arte, uno scambio. Quelli che guardo, per magia, non mi fanno inceppare».
Padre comunista, come te?
«Noooohhh figurati! Giardiniere di Afragola: un vecchio liberale».
Di vedute liberali?
«No no: liberale nel senso del Pli».
All’ epoca se votavi Pli eri «di destra».
«Ossì! E un figlio comunista per lui era vera disperazione. Diceva “Antó devi fare il medico così ti passa la malattia della politica”. Cioè il Pci!».
Che legame c’ era tra le due cose?
«Mai capito. Soffriva ma non parlavamo. Comunicavamo attraverso mia madre…».
Finché?
«Un giorno, proprio durante un comizio, dietro un albero vedo qualcosa».
Cosa?
«Prima un cappello, poi una fronte, e poi mi dico: “Papà!”. Era venuto, tutto imbacuccato.
Emozione immensa».
Finalmente ne avete parlato…
«Né quella volta né mai».
Mai in tutta la vita?!
«Mai. Solo una volta, quando mi candidai, mia madre mi disse: “Antó, papà ti ha votato”.
Le mamme del sud! Ho pianto».
E lo hai ringraziato?
«No. Conoscevo le sue idee, l’ avrei imbarazzato. Oggi i padri giocano alla playstation con i figli: quelli erano altri tempi. Lui era taciturno, riservato. Mi bastava saperlo».
Il terremoto del 1980 ti cambia la vita.
«Ero a casa, leggevo: improvvisamente tutto balla. Mia moglie avvolge nostro figlio in un asciugamano e scappa».
Li segui?
«Scherzi? Avevo 33 anni, da 4 ero segretario in Campania: mi attacco al telefono».
I media ignorano la catastrofe, nessuno se ne accorge.
«Peggio. Ricordo il Tg1, alla sesta notizia: “Grave scossa a Eboli provincia di Potenza”».
E cosa fai?
«Chiamo in direzione. Trovo Pio La Torre, gli dico: “È una catastrofe”. Poi scendo, vedo mia moglie e mio figlio ma li devo lasciare in piazza.
Corro a piedi a l’ Unità. Donne in fuga dai quartieri spagnoli, disperate…».
E tu?
«Con Rocco Di Blasi e Vito Faenza andiamo in macchina a cercare l’ epicentro. Napoli-Bari bloccata, girammo come pazzi».
Quando capisci la gravità?
«A Caposele. Lì avevo parlato mille volte ma non trovavo la piazza dei comizi. In mezzo a una radura di macerie riconosco un vecchio compagno che piange: “Dov’ è la piazza?”. Mi dice: “È qui”. Non c’ era nulla. Poi vedo l’ ospedale nuovo, accartocciato con le persone sotto. Niente soccorsi, lo Stato non c’ era…».
E cosa fai?
«Chiamo Berlinguer: “Enrico: ci sono migliaia di morti”… Ora capirai a cosa servivano i partiti».
Cosa accadde?
«Enrico chiamò Pertini: “La situazione è drammatica”. Pertini – gigante – non aspettó un minuto e fece una sfuriata storica».
Sommerso di critiche: un presidente che attacca lo Stato.
«Sì, ma arrivarono subito i soccorsi!».
E poi?
«Venne Berlinguer con La Torre. Lo ricordo passeggiare come un Cristo fra le macerie. La foto apparve ovunque».
È storia…
«Pochi giorni dopo, con la seconda svolta di Salerno Enrico ruppe con la Dc e propose l’ alternativa: fine del compromesso storico».
E tu, con i pantaloni corti, in comitato centrale.
«C’ erano personaggi come Terracini e Longo: discutevano sul compromesso storico, ma parlavano sempre del 1929».
Passioni antiche…
«In qualsiasi discussione tornavano sempre lì: bisogna fare più attività antifascista in Italia o all’ estero? Ah ah ah…».
Hai visto il tempo dei giganti, ora nessun incarico.
«Nemmeno nel direttivo di sezione… Eh eh!».
Ti hanno rottamato.
«Mi sono autorottamato, è diverso».
Ti diranno: sei quello delle inchieste.
«In cui sono stato assolto, dopo aver accettato il processo».
Ti daranno del bollito.
(Sguardo sornione) «Il bollito è un piatto prelibato».
Per il tuo partito sei un rudere. Sei finito.
(Qui si inalbera) «Sai, c’ è la democrazia. Chi è finito lo decidono gli elettori che votano. Sono un rudere? E perché si agitano tanto per me?».
Se perdi, perdi la faccia…
«C’ è un’ enorme difficoltà, è una scalata da fare in condizioni avverse. Io amo la montagna dove si sale un passo alla volta».
Tutto calcolato?
«Ci vuole un po’ di follia per partecipare alla battaglia, ma posso combatterla ad armi pari».
Fai il modesto o sei megalomane?
«Posso andare al ballottaggio e riaprire la partita».
Sei solo come un cane, nel Pd.
«Questa solitudine è il mio punto di forza. Il Pd è lacerato. Dai capi corrente non mi aspetto nulla: ma cresce intorno a me la passione di chi non si rassegna».
Perché De Magistris no?
«La città si è chiusa, separata da Roma. Un sindaco deve dialogare anche se è duro».
Lo dici tu che ti menavi con la Mussolini?
«Proprio con lei c’ è un rapporto leale».
Ti gridava “A Bassolì!” da Santoro…
«Le rispondevo alla napoletana: “Sbagli palazzo”».
Cioè: «Attaccati al tram!».
«Mai state cattiverie tra noi».
Merito di chi?
«Suo e mio. Ho sempre rispettato l’ opposizione. Quando il centrodestra fece ostruzionismo rimasi tre giorni e tre notti in consiglio. Fermo».
Sei diventato buonista?
«La politica non è marmellata. Ma devi difendere le istituzioni. Ho sempre dialogato con Berlusconi premier: se è stato eletto va rispettato».
E De Magistris non lo fa?
«Nemmeno per sogno: e danneggia Napoli.
Tra istituzioni non può esserci guerra».
Fammi un esempio.
«Dice: “Napoli comune derenzizzato”. E fa ridere».
Addirittura?
«Lo scrive un ragazzo dei centri sociali? Simpatico. Lo dice un sindaco? Tremo! Di estremismo si muore».
Perché non sostieni un giovane, tipo Migliore?
«Se mi avessero detto: “Ti guardi attorno?”, l’ avrei fatto. Ora è tardi».
Traduco: Migliore non ti va bene.
«Fammi dire!!».
Cosa?
«Finalmente il Pd convoca le primarie. Mi candido, facendo una cosa “bassoliniana” e “renziana”: assunzione di responsabilità e coraggio».
Che pensi della Serracchiani?
«Non provocarmiiii….!!».
Non è un risposta.
«Le sue parole sono state un clamoroso autogol».
Cos’ è che Renzi non capisce del sud?
«C’ è un limite nella composizione di governo e Nazareno. Il gruppo dirigente è debole. Servono due squadre, una più ricca espressione della diversità».
Traduco: non ci sono meridionali.
«Stai semplificando».
Traduco ancora. Renzi pensa: al sud si vince solo con le clientele, lì il Pd è corruttibile.
«Il problema del Pd è solo il sud? È ovunque!».
Che problema?
«Renzi ha conquistato palazzo Chigi dal basso. Ora cerca di cambiare il Paese dall’ alto. Così non riesce. Qui è il nodo».
Hai un progetto?
«Vinco le primarie poi si vede».
Hai sbagliato tanto, in Regione.
«Vero. Ma sono stato l’ unico politico a fare autocritica: ne hai visti altri?».

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