È Napoli-Inter, bellezza, mica la gag di Checco Zalone sugli «uomini sessuali/ che sono gente tali e quali/ come noi normali». Fosse stata gridata in bar, forse, sarebbe potuta restare solo una gag scurrile, una battutaccia da commedia all’ Italiana: «Finocchio!». Ma siccome l’ insulto è volato tra due top mister in diretta tv, lo scandalo è diventato molto di più: una sfida tra cosmopolitismo e provincialismo, una decisione che sposterà equilibri di potere e classifica, un duello che segnerà il nostro costume.
Sarà una squalifica che in Italia farà giurisprudenza, e che – per il senso comune – varrà di certo molto più della tormentata legge sull’ omofobia. Forse loro ancora non lo sanno, ma i giudici sportivi chiamati a pronunciarsi sulla dibattutissima contesa calcistica #sarrimancini, in realtà decideranno su due grandi temi: sia sul campionato che sul costume italiano.
Diciamolo subito: Roberto Mancini è un genio. Uno che ha respirato l’ aria dell’ Europa, che in campo ha fiutato subito la potenzialità drammatizzante dell’ ingiuria politicamente scorretta, e che l’ ha (legittimamente) trasformata in un’ arma sportiva, e splendida, in prima persona, e rompendo il tradizionale adagio para-omertoso del nostro mondo pallonaro: «Quel che succede in campo resta in campo». Nel tempo dei labiali e delle moviole tv questa non può che essere una pia illusione. E diciamolo con altrettanta franchezza: Maurizio Sarri ha fatto un madornale errore di leggerezza e sottovalutazione: non solo quando a caldo ha dato a Mancini del «frocio» (il che già equivale ad aver perso la testa) ma anche quando dopo – a mente fredda – si è messo a minimizzare, a fare battute, e suscitare ironie in conferenza stampa: «Gli ho detto il primo insulto che mi è venuto in mente…. avrei potuto dirgli democristiano!».
TROPPE IPERBOLI Sarri, e forse con lui De Laurentiis, hanno giocato la carta dell’ iperbole e della minimizzazione insieme: si può dire tutto perché nulla di tutto questo, in fondo, è grave. Errore. Gli uomini del Napoli hanno consapevolmente continuato a scommettere sull’ insostenibile ombra di un gossip (magari falso, ma non per questo meno contundente nello sport più maschile per eccellenza). Oggi chi difende Sarti continua a farlo anche in sede sportiva quando per evitare una squalifica letale in campionato (almeno quattro mesi) cerca di sostenere che dare del «finocchio» a qualcuno non sarebbe un insulto, se il destinatario dell’ epiteto fosse eterosessuale. Seguendo questa logica in campo si potrebbe dire tranquillamente «sporco negro» a un bianco (non sarebbe razzismo) e «figlio di puttana» a chiunque, (magari poi chiedendo l’ esame del Dna dei genitori per essere scagionati in sede federale). Quello che frega Sarri – però – è la risatina con cui ha accompagnato le sue frasi, e i sorrisi che ha volutamente suscitato mentre teoricamente stava chiedendo scusa.
Quello che dà forza all’ affondo di Mancini – invece – è la durezza lucida che ha messo in campo. Tutti sanno che una squalifica di Sarri lo favorirebbe, ma la forza del suo primo piano quando dice «quello non dovrebbe più allenare» mette in secondo piano ogni cosa.
In italia è la prima volta che accade, ma all’ estero no. Forse l’ unico precedente simile nel nostro Paese sono le volgarissime corna rivolte in fotografia via Twitter da Maurito Icardi all’ ex amico Maxi Lopez (ancor più dolorose, perché facevano riferimento a una moglie scippata, Wanda Nara). Ma accadeva fuori dal campo. Forse solo Mancini martedì sera aveva in mente un precedente britannico, l’ incredibile scandalo esploso nell’ ottobre 2012, quando durante una sfida fra Chelsea e Qpr, il capitano John Terry, secondo una ricostruzione labiale, aveva gridato «Fucking Black cunt!» (letteralmente «Fottuta fica nera») contro Anton Ferdinand (un rivale mulatto del Qpr). Il cosmopolita Mancini sa che nella severissima Europa, lo sventurato Terry – che pure negava – fu costretto alle scuse, alla rinuncia al ruolo di capitano, a una squalifica e a una esosissima multa.
Lo scandalo aveva travolto anche il ct della nazionale inglese dell’ epoca, Fabio Capello (che cercó di difendere Terry dalla degradazione), e il suo amico Ashley Cole (appena svincolato dalla Roma) che si beccó 90mila sterline di multa e il divieto di capitanare la nazionale (solo per aver solidarizzato con l’ amico Terry via Twitter!).
«SEI UN NEGRO» Sempre al Chelsea un tifoso, Stephen Fitzwater, pochi mesi prima era stato bandito a vita dallo stadio per aver insultato Didier Drogba. E solo un anno prima, nel 2011, la Federcalcio inglese non aveva avuto nessuna pietà nemmeno per Luis Suarez (all’ epoca al Liverpool) accusato da Patrice Evra di insulti razzisti nei suoi confronti, durante una partita pareggiata 1-1 ad Anfield. Vicenda incredibile: una commissione indipendente comprovó che le accuse erano fondate, ed inflisse ben 8 giornate di squalifica a Suarez (costretto a pagare una multa di 40mila sterline) prima che chiunque sapesse di quale insulto si trattasse. Evra infatti – proprio come Mancini – aveva denunciato il bomber uruguagio in televisione, affermando che Suarez lo aveva apostrofato con un termine razzista per ben 10 volte. Aveva però aggiunto: «Mi rifiuto però di ripeterlo in pubblico».
Il fattaccio era avvenuto il 15 ottobre 2011, durante la partita Liverpool-Manchester United.
Solo dopo l’ archiviazione del report della Federazione la dinamica era stata rivelata: Evra aveva chiesto spiegazioni a Suarez per un fallo duro e lui gli aveva risposto simpaticamente: «Perché tu sei un negro!». A quel punto, Evra aveva sfidato l’ avversario a ripetere quel che aveva detto, e Suarez lo aveva liquidato con altrettanta sobrietà: «Io non parlo con i negri». Suarez avrebbe ripetuto sette volte in due minuti la parola «nigger», e nessuno si era messo a sottilizzare sullle sfumature di colore della pelle di Evra prima di censurarlo.
Dopo le condanne esemplari, né il Liverpool né lo United avevano fatto ricorso. Non solo: i reds erano stati subissati di polemiche per non essere stati abbastanza severi.
Il cosmopolita Mancini conosce benissimo queste storie, sa che la modernità arriverà anche in Italia e non si limiterà alle telecamere per accertare i goal sulla linea di porta. Ma anche l’ allenatore dell’ Inter ha il suo scheletro nell’ armadio: nel 2000 – ha ricordato ieri Dagospia – il Mancio era il vice allenatore di Eriksson alla Lazio e la sfida di Champions tra biancocelesti e Arsenal fu caratterizzata anche dalle accuse di Vieira a Mihajlovic: il centrocampista rivelò che il serbo lo aveva chiamato «bastardo negro» e «scimmia negra di merda». E il Mancini de 2000 commentava: «L’ agonismo esasperato può portare a momenti di tensione e grande nervosismo.
Credo che anche qualche insulto ci possa stare. L’ importante è che tutto finisca lì».
Nel 2007, dopo lo striscione «Napoli fogna d’ Italia», esposto a San Siro, il mister aveva detto: «Era solo uno sfottò, come ce ne sono ogni domenica su tutti i campi. Non è stato bello, ma non si è trattato di una cosa così grave…». Il paradosso vuole che Mancini, che non era ancora andato ad allenare in Inghilterra, dunque, minimizzasse come il Sarri di oggi.
Ma l’ allenatore del Napoli, evidentemente, ha continuato a ignorare il rischio che sta correndo, soprattutto perché non è più un problema fra loro due: nel tempo dei social la notizia ha fatto il giro del mondo, e la Figc adesso ha su di sé gli occhi del pianeta. In questo caso, l’ ingresso della battaglia civile nel campionato italiano più incerto e combattuto degli ultimi anni, il politicamente corretto applicato al calcio, diventa una vera arma non convenzionale.
Il Mancini allenatore, con la sua denuncia, potrebbe ottenere di mettere fuori dal campionato il suo diretto concorrente Sarri per almeno quattro giornate. Anche perché il Napoli ha già vissuto (malissimo) la decapitazione del tecnico subita contro il Torino, quando – per la doppia espulsione dei mister – Sarri era stato costretto a dare indicazioni solo grazie ad un surreale balletto di massaggiatori che facevano la staffetta fra panchina e la tribuna.
IDEE MEDIEVALI L’ idea un po’ medievale che Mancini dovrebbe dimostrare di essere eterosessuale per non essere offeso, oppure dichiararsi gay per poter ottenere la squalifica la dice lunga su quanto il Napoli stia rischiando. Chissà come gongola Berlusconi secondo cui Sarri non aveva stile per il Milan. Chissà quanta sofferenza per tutti coloro che avevano esaltato in Sarri il figlio di operai diventato impiegato di banca, e poi – per testardaggine – mister. Con il giudizio di oggi – comunque vada – due belle favole si concluderanno senza lieto fine.
Luca Telese
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