Onorevole Mastella, è felice della notizia che le è arrivata?
«No, arrabbiato».
Addirittura? Dopo otto anni l’ accusa contro di lei cade, il reato sarà prescritto.
«Sì, ma sono addolorato: contento perché una vicenda grottesca giudiziaria finisce nel ridicolo, però ferito per l’ esito di una raffica di inchieste che prima di chiudersi in una bolla di sapone…».
Cosa?
«Hanno travolto un governo eletto, distrutto la mia carriera, colpito e lasciato segni profondi nella mia famiglia».
Della famiglia parliamo dopo. Ma davvero senza gli arresti domiciliari per sua moglie Sandra non sarebbe caduto il governo Prodi?
«Questo mi pare abbastanza evidente.
Un fatto storico acclarato, ormai».
Prodi, da Fabio Fazio, mimó questa scenetta, con una faccia pietrificata: «Si aprì una porta, si affacciò la faccetta di Mastella e disse…».
«”Prima di essere fregato vi frego io”.
Sì, Romano ricorda bene: questa frase è quasi testuale».
Ah!
«Ma era detta prima dell’ arresto, e in sua difesa».
Beh, insomma!
«Era vero: quel giorno io ho avvertito Prodi che stavano ordendo una trama contro di lui».
Nientemeno.
«Mi riferivo al discorso di Veltroni sulla “vocazione maggioritaria”. Anche in questo ho avuto ragione. Veltroni lo voleva fottere e lo ha fatto».
Giudizio prosaico.
«È un dato di fatto».
Clemente Mastella ha 68 anni, e oggi – quando parla politica – sembra quasi rassegnato. Un tempo bastava una domanda per animare il demone che abitava in lui, evocare un aneddoto, prefigurare una intervista. Adesso, su tutto prevale il disincanto: «Di fatto sono un ex politico, la mia carriera è finita in quei giorni del gennaio 2008». Lui, l’ ex portavoce di Ciriaco De Mita, l’ ex fondatore del Ccd con Pierferdinando Casini e la Fumagalli Carulli («Ha i capelli scolpiti con il kalasnhikov», copyright Michele Serra), l’ ex fondatore dell’ Udr con Francesco Cossiga (che picconò anche il suo stesso partito per una battuta di Clemente: «Cossiga è l’ attaccapanni dove appendo il mio cappello»), il papà dell’ Udeur, partito bonsai con un campanile nel simbolo, adesso getta la spugna: «L’ avevo detto: quando sarò riabilitato nessuno mi potrà risarcire».
Ripartiamo dal 21 gennaio 2008: lei esce dalla maggioranza. Tre giorni dopo il governo Prodi cade.
«Non fu solo effetto della mia scelta. C’ era questa crisi una coincidenza con tra i legittimi interessi di Berlusconi, che aveva perso le elezioni con una maggioranza di voti e sentiva di poter dare la spallata, e il desiderio del Pd di far fuori Prodi».
Ne è sicuro?
«Ne sono certo. Io sono stato il fattore più importante, ma non l’ unico».
Mi faccia un esempio.
«Beh, a livello storico, i nostri due voti di sfiducia – quello mio e di Barbato – al Senato non sarebbero stati decisivi: votarono contro anche Dini, i teodem, Fisichella, Rossi, Scalera…».
Voi eravate tre, ma Cusumano tradì.
«E si beccò gli sputi di Barbaro che era rimasto fedele al Campanile».
Perché Veltroni è stato killer di Prodi?
«È un fatto che è stato quasi nascosto. Da sindaco di Roma era coccolato dall’ intellighenzia di sinistra, da La Repubblica, da tanti convinti che i partiti piccoli dovessero sparire».
Perché ?
«Erano certi che con un cavallo forte i progressisti avrebbero vinto. Non era vero e si è visto».
Lei lo considerava una iattura.
«Veltroni si era illuso che essendo non bello, ma di sicuro giovane, potesse vincere con Berlusconi. Considerava il Cavaliere anagraficamente obsoleto: come è noto ha sbagliato i calcoli».
Lei cos’ altro disse quella mattina a Prodi?
«Testualmente? “Muoviti Romano se stai fermo sei fottuto”».
Metafora alata. Quale era il pericolo?
«Il ricatto di Veltroni: vado a votare e distruggo gli alleati negandogli il posto in coalizione».
La mattina dell’ ordine di arresto dov’ era lei?
«A casa».
Da solo?
«Ironia della sorte stavo finendo il discorso che avrei letto alla Camera sull’ ordinamento giudiziario. Un messaggio di pacificazione dopo le guerre fra magistratura e politica. Che beffa!».
Incredibile coincidenza.
«Tu credi alle coincidenze in politica? Io no».
E cosa succede?
«Mi chiama il mio portavoce e mi dice: “Sulle Agenzie il titolo è: La Lonardo indagata per concussione, richiesta di arresto”».
E lei?
«Chiamo Sandra, al telefono: scoppia in lacrime. Di lì a poco le arriveranno i domiciliari, per un mese».
Era crollata?
«Sa, una persona perbene non immaginava che le potesse accadere».
Qualcuno le disse qualcosa che la aiutò a capire cosa stava accadendo?
«Andreotti, folgorante come sempre, “Io perlomeno sono riuscito a salvare dalle inchieste la famiglia”. Aveva capito più di me».
A cosa si riferiva?
«A tutto. In quelle ore per il mondo diventai Al Capone, e anche i miei parenti furono travolti».
Ad esempio?
«Non se lo ricorda più nessuno, ma un collaboratore di giustizia disse anche che la camorra aveva regalato un’ auto a mio figlio Pellegrino!!».
A lui esplose pure il matrimonio.
«Si è lasciato con la moglie, Alessia Camilleri, nel 2009. Non voglio mischiare sentimenti e politologia, ma non è facile essere imparentati con Al Capone».
Il peso della vergogna.
«Anche solo lo stress. Saltano i nervi. Noi come famiglia abbiamo retto l’ assedio mediatico.
Mio figlio che litigava con le Iene perché erano venute a portare la sporta con le arance…. La piccola Sasha terrorizzata dalla scuola».
Ceppaloni era tutta con voi, peró, c’ ero.
«Sì, ma incrociavo anche sguardi di odio. Eravamo dipinti come ladri e assassini».
Concussori a dire il vero.
«Un mese di arresto domiciliare per Sandra. E l’ anno dopo, nel 2009 nove mesi di confino: non poteva ritornare in Campania».
Lo fece?
«Le dico solo questo: Sandra doveva operarsi per problemi ginecologici e ottenne un permesso. I carabinieri vennero a controllare se era davvero lì o se era una finta».
Linea dura.
«A un ergastolano che scriveva poesie, negli stessi giorni, concessero una deroga: a lei no».
Però fu lei, di sua iniziativa, a lasciare il governo.
«Su di me calò il gelo, diventai un appestato.
Avessero fatto per me un decimo della difesa che hanno fatto con la Boschi!».
Anche in privato?
«Mi chiamarono in forma riservata Prodi e D’ Alema. Gli altri muti. Era chiaro il messaggio».
Quale?
«Pigliatevi lo scalpo di Mastella, tanto non ce ne fotte nulla».
E oggi?
«Mi chiedo perché».
Le nomine però le aveva fatte!
«Quelle che ho fatto le rivendicavo, perché era la politica che aveva diritto a scegliere, per legge. Metà di quelle che mi hanno attribuito erano false».
Ad esempio?
«Una a Benevento. Tentata concussione per un primario che nemmeno conoscevo. Ma c’ era di peggio. La Stampa scrisse che la mia casa di Ceppaloni era stata fatta con le tangenti».
Mica se lo saranno inventati.
«Lo riferiva una signora che frequentava casa mia, citando un costruttore morto da anni».
E non era vero?
«Mia moglie, che su questo è americana, tirò fuori e esibì tutte le fatture pagate. Abbiamo vinto la causa, il giornale pagò 25mila euro».
Lei è giornalista, sa che si possono pubblicare delle notizie sbagliate, senza malanimo.
«Senti questa: Marcello Sorgi durante una puntata di Porta a porta raccontó che quando aveva smesso di far il direttore era andato a seguire le vicende di Mastella».
E?
«Dice che al Gambrinus mentre prendeva un caffè con i colleghi era arrivato un signore della prefettura e aveva dato le mie intercettazioni».
Anche questo può capitare.
«Uno della prefettura? Non un rappresentante dei magistrati, ma un potere dello Stato».
Mastella, pensa che ci fu un complotto?
«Di questo oggi sono convinto».
Perché?
«Gli inquirenti a Napoli dicevano agli indagati dell’ Udeur: “Vi pare che un partitello come questo debba comandare in Italia?”».
Questo prova solo antipatia politica.
«Non posso produrre prove. Ma gli uomini della mia scorta, mesi prima, mi avevano avvertito che ero sorvegliato e intercettato».
Perché?
«Non lo so».
A lei era riuscito il capolavoro di prendere un ministero di prima fascia con il 2% «Questo è sicuro».
Con la trovata dei «Francesco Marini» sulle schede per identificare i voti Udeur nel duello con Andreotti…
«Dal punto di vista politico se non mi avessero pugnalato non mi ammazzava nessuno».
Anche lei, però: la battuta sul cappello per Cossiga….
«Davvero ho detto questa fesseria?
Ho rimosso. Pensa che fu Sandra a farci far pace, scrivendogli una lettera».
A Cossiga?
«Malgrado quello che era accaduto, durante la vicenda ci difese».
Perché complottare contro di voi?
«Eravamo un collante di quella maggioranza».
Era inquisito per aver concusso Bassolino.
«Follia! Lui ha sempre detto che era una normale trattativa politica è così era stato. Non l’ hanno mai interrogato!».
No?
«Sarà testimone della difesa. Ero poi accusato anche di aver fatto nomimare un primario al Santo Bono».
Non era vero?
«Non sapevo chi cavolo fosse! Ho provato che all’ epoca era già primario!».
E poi?
«Ti dico la perla: io resto indagato a Napoli per associazione a delinquere, ma i miei presunti complici a Benevento sono stati assolti perché il fatto non sussiste!».
Sarà accolto l’ invito del Gip a riformulare i capi d’ accusa, considerati insufficienti?
«Dopo sette anni? Non credo visto che tra un anno il reato verrebbe prescritto».
Chi l’ ha difesa?
«Il professor Alfonso Furguele, un santo, che mi disse: “Le hanno fatto una mascalzonata”».
Ma perché adesso non se la gode?
«Da allora non c’ è una notte che non mi svegli di soprassalto. Il mio partito è saltato. Sono diventato un’ anatra zoppa».
È stato rieletto in Europa!
«Per un regalo emotivo della mia gente. Per lacrimosa e istintiva generosità».
Ce l’ ha con i giudici?
«Non ce l’ ho più con nessuno. Sono cattolico, perdono. Per quanto…».
Cosa?
«I due principali accusatori sono morti».
Come come?
«Annunziata, il direttore dell’ Asl di cui Sandra aveva detto “per me è un uomo morto”. Se n’ è andato per tumore».
E l’ altro accusatore, Fantini ex segretario regionale dell’ Udeur?
«È morto pure lui, con il fegato spappolato».
Incredibile. Restano altre pendenze?
«L’ accusa di abuso d’ ufficio per aver fatto avere un Cococo di tre mesi a un ragazzo».
Era vero.
«Fosse vero meriterei una medaglia».
Ma perché un complotto di poteri forti?
«Eravamo decisivi. Il Pd in Campania con Bassolino prendeva più voti dell’ Emilia Romagna.
L’ Udeur aveva due ministri. Dopo di noi il meridione è scomparso dalle carte geografiche della politica».
Il rimpianto più grande?
«Una persona della mia famiglia, per questa storia, ha sofferto di depressione due anni».
Chi?
«Non conta. Rinuncerei a tutto il potere che ho avuto, alla poltrona di ministro, a qualsiasi cosa, per restituirgli quei due anni di vita persi».
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