«Celló-celló-mi-manca….», tutti pazzi per le figurine. Va bene, voglio dirvelo: non ho mai visto un miracolo intergenerazionale come quello del Panini Tour (sabato e domenica a Roma, ma presto a Torino, Genova e in tutta Italia). Vorrei che poteste immaginare con la vostra fantasia quello che ho visto con i miei occhi sotto il tendone e nei giardini di Piazza Vittorio: migliaia di persone che formicolano con i loro mazzetti, ottantenni che fanno quattro raccolte insieme («Ahó, sto a completa’ l’ album per i bimbi de n’ istituto!»), madri e figlie con la mancolista stampata al computer e impaginata a papiro («Ma che te pensi? Che te mollo lo scudetto della Roma a sole venti figurine perché faccio la casalinga? Ma guarda tu questo….»). E poi bambini che iniziano a contare, addizionare, collezionare per immagini, che imparano a memorie tutte le altezze e le date di nascita dei calciatori di serie A (sono i dati base impressi in ogni figu), gente che ti metterebbe in mano il portafogli per avere Rudi Garcia (quest’ anno, incredibilmente più raro di Totti. Avrà fatto incetta Spalletti?), che insegue disperatamente la figurina della terza maglia della Roma, quella bruttissima marmorizzata fatta sparire dalla società dopo la sconfitta drammatica col Bate Borisov («Anvedi, nun l’ hanno messa manco i giocatori, e noi, qui ad impazzi’ pe’ cercalla»), e infine l’ una tantum di quest’ anno, le figurine X, quelle con le caricature antropomorfiche delle diverse squadre.
Alla Panini – come spiega il direttore generale Antonio Allegra, che osserva tutte le date in incognito travestito da collezionista – sono molto pedagogici: sotto il tendone della casa editrice tutti possono cambiare 10 figurine che vogliono uno a uno (a patto che si siano procurati un coupon, partecipando a uno dei giochi socializzanti proposti) ottenendo quelle introvabili. Anche la regola generale del Panini tour è molto egualitaria, il cambio uno a uno: ma poi il bravissimo banditore ufficiale Giacomo Iotti (quel ragazzo farà strada nello spettacolo) si trova davanti i collezionisti folli che offrono qualsiasi cifra per la loro preferita, e prolifera una sorta di borsa nera dove i più avveduti (pure io, confesso) si tengono alcuni pezzi pregiati per le trattative più delicate (quindi gli scudetti, che sono tutti telati, le magliettine, che sono tutte stampate su carta lucida, e i calciatori più amati). Se in quel giardino avesse potuto passeggiare uno scrittore alla Balzac, avrebbe di certo potuto ambientarvi un capitolo della sua commedie humaine: nel mondo delle figurine si distinguono i maniaci, gli ossessivi, i generosi, gli ordinati, gli estroversi, e sono in svantaggio i disordinati, gli scorbutici e gli avari. È tutto un proliferare di scatole, buste, elastici, senso di competizione meritocratica.
Ogni anno mettono su questo fantastico circo: 12 volontari in maglietta, i gadget premio per chi completa l’ album (il sospirato gagliardetto con le frange!), lo spunzonatore che vidima gli album finiti dopo un meticoloso controllo pagina per pagina (come una affrancatura che impreziosisce, ma anche per impedire ai furbi il secondo di giro), e poi il sacro tempio dove si accede con ore di fila in cui ci sono meravigliose rastrelliere con tutti i 700 doppioni a mazzetti, ognuno nella sua celletta. Due ore di fila media per arrivarci, pochi minuti di gioia per lo scambio.
Però sappiate che l’ anno scorso domenica sera era andato esaurito il gagliardetto, e due giorni fa sia lo scudetto della Lazio sia Garcia, facendo schizzare tutte le quotazioni della “borsa nera”. Ogni anno si muovono in Italia cento milioni di figurine, per un mercato che conosce poche flessioni (non cresce mai più del 10%, non si flette mai più del 5%), e i più competitivi, ovviamente, sono gli adulti. Quelli che si buttano in piazza con la scusa dei figli, e quelli che lo fanno anche senza nessuna scusa. C’ è gente che brinda in pubblico all’ ultima figurina attaccata, persone che quando finiscono regalano i doppioni ai piccoli spogliandosi dei loro beni come dei novelli francescani (i migliori) e poi gente strana e malata che si tiene stretta il mazzo, torna a casa con uno strano senso di malinconia, e si rimette a ordinarlo insieme al figlio, con meticolosità maniacalità non sapendo che fare in attesa struggente del prossima raccolta. Gente veramente malata, sociopatici gravi: tra questi, ovviamente, io.
LUCA TELESE
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