Diceva un celebre slogan del vecchio PCI: “Non si interrompe un film/ non si spezza un’emozione”. Questo non significa chiudere gli occhi sulle primarie, sulle regionarie o sulle referendarie. Se ci sono dei problemi e delle irregolarità non devono essere ignorate: solo non è possibile che questo si verifichi solo per il Movimento 5 stelle, e non può accadere quando “il Big bang – come avrebbe detto Enzo Tortora – ha detto stop”.
È una vicenda simile – altrettanto clamorosa e altrettanto sospetta di “fuoco amico” si verificò con il candidato di Sinistra Italiana Stefano Fassina, che si ritrovò con firme non regolari ed escluso dalla competizione per il comune di Roma (fu poi riammesso, senza però la totalità della sua coalizione). E ancora peggio accadde quando con liste varie in giro per l’Italia.
Se vuoi segare un candidato che non ti piace – in una coalizione accade spesso – non c’è nulla di meglio che fargli mancare qualche modulo e invalidare la sua corsa determinando qualche intoppo burocratico. Ma un altro precedente – ancora più clamoroso, vista la similitudine – è quello che si verificò nelle elezioni scorse, sempre in Sicilia, con il candidato del centrodestra (peraltro lo stesso di oggi) Nello Musumeci. Dopo che era stata siglata una solenne e pubblica alleanza, infatti, Forza Italia si sfilò, presentando una candidatura separata, e condannando Musumeci (in un turno singolo) a perdere. Un gesto sleale, ovviamente sul piano del galateo politico, ma – purtroppo per Musumeci – non contestabile sul piano giudiziario.
Cosa avrebbe dovuto fare la magistratura? Mandare a prendere dai carabinieri i candidati di Forza Italia per costringerli a riconfermare la loro alleanza tradita? E cosa avrebbero dovuto fare a Napoli, quando Bassolino perse le primarie dopo una pioggia di irregolarità ai seggi – soldi pagati, cinesi in fila – per un pugno di voti presumibilmente taroccati? Bisognava depennare Valeria Valente dalle liste d’ufficio e far correre l’ex sindaco? Questo sono solo alcuni degli ultimi casi.
I partiti – se non ci sono regole democratiche riconosciute e codificate da una legge (tipo le primarie all’americana) possono essere obbligati a rispettare una condotta democratica al loro interno? La storia di questi anni è piena di candidati “decapitati” in modo più o meno legittimo, e a dire il vero – molto spesso – in modo del tutto illegittimo. Perché si interviene solo su questo caso? Quando Renzi o Berlusconi impongono un candidato o decidono (è il caso del Pd) di limitare le candidature della minoranza malgrado lo preveda lo statuto di quel partito, dovrebbero scattare delle denunce. Chi non vota mai non incorre nel rischio di essere fermato mentre chi vota rischia di più?
Il nodo di come la politica decide le sue contese può essere risolto solo dall’arbitro di un capo o di un pm. Ma allora bisogna cambiare le regole davvero: via le liste bloccate, e con una riforma si decide che le candidature – per tutti – si votano nei seggi, con gli scrutatori veri. Tutto il resto sono fino e chiacchiere.
LUCA TELESE
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