Colpo di scena a Palazzo Madama sulle banche. Alla fine la mozione più tormentata della recente storia parlamentare, quella sulle responsabilità dei dirigenti e sui diritti dei risparmiatori, più volte emendata (o rinviata), è passata all’unanimità, sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari e persino accolta dallo stesso governo che le aveva opposto strenua resistenza quando era proposta dalle opposizioni. Il motivo? Molto semplice: la maggioranza rischiava di andare sotto su di un provvedimento che per l’opinione pubblica sarebbe diventato come benzina infiammabile. Soprattutto dopo le contestazioni a Maria Elena Boschi (e l’ ultimissima a Matteo Renzi, proprio su questi temi).
Questo voto al Senato, ieri mattina, dopo una battaglia delle opposizioni durata quasi tre mesi segna un punto di svolta che ottiene due risultati importanti: impone un inasprimento delle pene per chi ha tradito la fiducia dei risparmiatori.
E allarga la platea dei truffati che devono ottenere «i ristori» (cioè i rimborsi dei risparmi perduti). Poi c’ è un altro elemento decisivo: il governo che aveva vinto di sette voti alla Camera quando si era trattato di impedire che quegli articoli entrassero nel decreto, rischiava di andare sotto di tre voti nell’ aula di ieri. Così è scattato un riflesso autoconservativo: bacia la mano che non puoi tagliare.
Anche la genesi della svolta di ieri ci dice qualcosa sugli attuali rapporti di forza al Senato. La prima mozione era nata per iniziativa del gruppo parlamentare di Idea – piccolo ma attivissimo – e anche capace di costruire alleanze trasversali sorprendenti. Poi erano arrivate mozioni simili dei bersaniani, della Lega, del Movimento Cinque stelle e addirittura alcuni testi fotocopia.
La contromossa era scontata: Luigi Zanda – capogruppo del Pd – aveva presentato un’ altra mozione, che escludeva sia le pene aggiuntive che i rimborsi.
Era l’ ultima possibilità di scongiurare l’ approvazione. Però i capigruppo di maggioranza avevano fatto i conti delle forze in campo.
Sia Zanda che i più esperti analisti si erano dedicati al gioco del pallottoliere. Risultato: i numeri dei due schieramenti, se si fosse andati al muro contro muro sarebbero stati sul filo.
Come accade in questi casi le possibili strade del governo potevano essere soltanto due: provare la via del voto (rischiando di andare sotto, dati i numeri risicati) oppure accogliere un resto unico (che a questo punto aveva ottenuto anche le firme dei capigruppo di maggioranza), con un gesto che – adesso – impone di recepire i due punti contesi. Nel dettaglio: anche i risparmiatori delle banche fallite più recentemente (come quelle venete) potessero avere gli stessi diritti al rimborso concessi a quelli di Banca Etruria, Banca delle Marche e Carichieti.
Secondo nodo: l’ articolato consente che sia esercitata nei confronti degli amministratori delle banche l’ azione di responsabilità prevista del codice civile e l’ interdizione perpetua dai pubblici uffici per tutti gli amministratori giudicati responsabili. E’ stato possibile cedere – osservano i maligni – solo perché si è chiuso il giudizio su Etruria?
Forse. Anche se il primo firmatario della proposta, Andrea Augello, osserva: «Per certi versi, se questa fosse la preoccupazione, non sarebbe una scelta del tutto tranquillizzante, perché la retroattività non è esclusa. Tuttavia la cosa importante per noi, e per tutti i gruppi che hanno promosso questo testo, è che oggi dopo il recepimento devono essere allargati i parametri dei rimborsi per chi è stato vittima, e ristretti i margini di tutela per chi è stato responsabile». Augello non nasconde la sua soddisfazione: «Ci siamo riusciti e non era scontato. Per la seconda volta, dopo il caso Consip, il Senato corregge con un atto di indirizzo la linea del governo rispetto ad una questione di grande rilevanza politica».
E qui sta il cuore della questione: cosa accadrà quando si discuterà della legge elettorale? È vero che a Palazzo Madama non esiste voto segreto, ma i numeri sono gli stessi.
LUCA TELESE
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