Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Berlusconi fa i conti di lista e di governo

Voce del verbo «conferire». Raccontano che in queste ore Silvio Berlusconi abbia ricevuto alcuni dei leader delle potenziali liste apparentate, uno ad uno, alla sua maniera: senza dir nulla prima, e mettendo loro davanti al naso un foglietto con due numeri disegnati con la sua penna, divisi semplicemente da una riga: a sinistra c’ era scritto 0,8%, a destra 1,3%. Una delle interessate, stupita, ha chiesto: «Ma cosa vuol dire?».
E lui, con uno sfavillante sorriso, ha fornito questa spiegazione: «È semplice: se voi venite con me, nelle liste di Forza Italia mi conferite lo 0,8% dei voti. Se correte da soli prendete l’ 1,3%. Quindi decidiamo insieme cosa è meglio fare».
Questo aneddoto spiega quanto Berlusconi abbia capito bene lo spirito della legge.
Ogni coalizione può avere liste apparentate che corrono anche se non raggiungono il quorum del 3%. E ovviamente sono utili liste che portano voti (in più!) alla coalizione. Ma bisogna stare attenti a non rimanere fregati dall’ effetto boomerang di questa strategia. E cioè che la lista civetta, o anche semplicemente «minore», sottragga voti al partito cardine della coalizione. Esempio: i Verdi nel centrosinistra sono speculari al partito animalista a cui Berlusconi pensa da un anno. E sono perfetti dal punto di vista dell’ equilibrio “coalizionale”. Non raggiungono il quorum quasi matematicamente, conferiscono voti alla coalizione, non ne rubano nessuno – rispettivamente – a Forza Italia o alla Lega.
Ma se si immagina quante potenziali liste ci sono nella diaspora di centrodestra, ci si rende conto di quanto sia reale il rischio boomerang. Prendete Lorenzo Cesa e la sua nuova formazione centrista che ha la fortuna di avere la titolarità del simbolo dello scudocrociato. In Sicilia, Cesa ha fatto una operazione da manuale che pare la prova generale in vista delle elezioni politiche. Se tu hai dalla tua parte Angelino Alfano quella lista scudocrociata ti prosciuga l’ elettorato di Ap e sventa l’ effetto boomerang perché non intacca nessuno dei tre partiti forti della coalizione (Matteo Salvini, Berlusconi e Giorgia Meloni).
E se Alfano andasse nel centrosinistra, o da solo, la lista centrista scudocrociata diventa una calamita con cui attirare voti centristi che altrimenti il centrodestra perderebbe. Se quindi in Sicilia Cesa va bene (e Ap meno bene), potete scommettere che troverete il suo scudocrociato da una parte (a destra, come ha fatto in questo caso, scommettendo su Nello Musumeci) e Alfano fuori.
Attenzione: molti pensano che la lista che non si qualifica per il proporzionale (perché è sotto l’ 1%) non produca vantaggi alla colazione. Non è vero: siccome in virtù di uno dei principi più contestati del Rosatellum tutti i voti del proporzionale si riverberano sul maggioritario, in ogni collegio quel potenziale 0,5% non qualificante sul proporzionale ti aiuta a vincere un duello sul filo del rasoio. Ma c’ è anche il rischio opposto: questa volta è quello che corre il partito sul proporzionale, ed è quello che spiega il ragionamento e il foglio a due numeri del Cavaliere: per la regola che si è dato con Salvini, Berlusconi ha bisogno anche di arrivare primo sul proporzionale per conquistare la leadership del centrodestra. Quindi, per paradosso, se la coalizione apparentasse dieci liste che prendono l’ 1% l’ una (producendo +10 per la coalizione), ma che tolgono lo 0,5% l’ una a Forza Italia, il centrodestra avrebbe più chance di vincere (più 10%), ma gli azzurri perderebbero il ballottaggio con il Carroccio. E così arriviamo al caso di Raffaele Fitto: il suo movimento Blu è radicalissimo in Puglia, ma pesca (anche) in un elettorato vicino a Forza Italia. Oppure: Idea di Gaetano Quagliariello ha due anime. Una può prendere dei voti nell’ area Meloni (quella vicino al senatore Andrea Augello), l’ altra pesca in quella di Forza Italia (Eugenia Roccella, Carlo Giovanardi).
Per questi partitini, dunque, serve un surplus di ingegneria elettorale: una quarta gamba centrista apparentata ci può stare, tre no, perché erodono il partito madre. Ma che arma ha il Cavaliere per convincere i «marginali radicati» a non provare l’ avventura in proprio? Ne ha una potentissima: il (finto) collegio uninominale.
Funziona così: Forza Italia – per dire – si prende Fitto, ma lo «moltiplica» anche in tutti in collegi proporzionali in cui pensa che attragga voti (ad esempio in Puglia) e in cambio gli dà uno o due collegi uninominali sicuri in cui correre. In questo modo, la lista civetta non rischia l’ osso del collo e l’ azzeramento della rappresentanza, ha i suoi posti sicuro sul maggioritario, e «conferisce» il suo pacchetto di voti al partito madre.
A destra e a sinistra c’ è una sola certezza: vince chi profila meglio le liste della sua coalizione. Che il Cavaliere stia passando i giorni a far di conto, lo dimostra il Cencelli che ha sfoderato ieri, facendo le quote di un ipotetico governo di centrodestra: «20 ministri», ha detto, «di cui 12 non politici, tre a Forza Italia, tre alla Lega e due a Fratelli d’ Italia». Torniamo alla legge elettorale: aumentando la raccolta e la varietà dei gusti sul proporzionale (prendi una lista liberale con Vitttorio Sgarbi e Geminello Alvi, prendi una lista scudocrociata, prendi i mitici pensionati, maestri di quorum, infatti ce ne sono due, prendi le eroiche casalinghe) aumenti la raccolta: ma ogni volta che accetti l’ apparentamento di un simbolo devi anche valutare il rischio di erosione. Vale per il Cavaliere, e vale anche per Renzi. Occorre fare bene i conti.

LUCA TELESE


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