#ZingaPrendilGommone. È semplice, e sta tutto in un hashtag. Credo che Nicola Zingaretti dovrebbe farlo, e con lui Nicola Fratoianni, Emma Bonino, e – se vuole – persino Mara Carfagna.
Dovrebbero tutti prendere il gommone e andare a bordo della Sea Watch, stamattina, soprattutto se la nave dello scandalo sta per forzare il blocco imposto dal decreto sicurezza.
Dovrebbero farlo tutti perché così sarebbe plastico che in questo paese ci sono solo due linee: o con Matteo Salvini, per i porti chiusi. O con l’opposizione per stabilire che gli esseri umani che scappano dai lager e dalle galere hanno diritto all’asilo, come prescrivono la legge del mare e la dichiarazione dei diritti dell’uomo.
Fino ad oggi è stata una sfida impari: da un lato una coalizione, e un leader , dall’altro un pugno di civili e di obiettori eroici ma isolati. Il parroco sul sagrato. Gli abitanti e le famiglie di Castelnuovo di Porto, che sono andato a fermare i torpedoni dello sgombero. Il geniale Simone, spirito libero della periferia di Roma, il ragazzo che ha messo in crisi Casapound. E poi padre Krajewski, l’elemosiniere staccacontatori. Solo a Casal Bruciato una rappresentante delle istituzioni – Virginia Raggi – ha avuto il pregio di nuotare controcorrente.
Adesso Zingaretti – e con lui gli altri – ha la possibilità di osare il gesto simbolico chiaro, scarlatto, inequivocabile. Di qua o di là. E dunque di là, dalla parte di chi è stato bloccato per 14 giorni in mezzo al mare. Come un appestato. Al fianco di chi mezzo disidratato chiede di essere accolto dopo aver traversato il Mediterraneo.
Forse il leader del Pd pagherebbe un piccolo prezzo per questo gesto di sfida: qualche molmostoso dissenso interno. Qualche commentatore acido. Qualche sopracciglio levato a livello europeo.
Tuttavia le leadership – non solo quelle moderne – si formano sempre nella lotta, nel pieno di una battaglia, nella capacità di osare. Il leader, se non è un amministratore di condominio, è colui che guida un sentimento collettivo, che lo indirizza verso un obiettivo, che lo trasforma in energia.
A Nicola Zingaretti bisogna ricordare che stavolta non c’è bisogno di girare fantomatici territori inseguendo la chimera di un partito di massa che non esiste più. Non serve un tour casa per casa. Serve una direzione, una scelta di campo, una rottura.
Oggi, la metafisica politica fa sì che possa esistere un unico confine vitale da attraversare, per prendere questa rotta e renderla visibile al mondo. È la scelta tra la remissione e la volontà, tra la paura è il coraggio.
ZingaPrendilGommone, e fa quello che le sinistre e le opposizioni hanno sempre fatto, in ogni tempo e luogo della storia. Mettiti dalla parte dei più deboli e ingaggia la battaglia senza calcoli preventivi. È questo – da sempre – l’unico modo per provare a vincere.
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