Luca Telese

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Luca Telese
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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

La foto denuncia del cattivismo di chi alza muri

Foto migranti Messico – Questa foto è un dramma, ma forse anche un regalo. Di certo è un pugno nello stomaco. Scomposti e ricomposti, collocati sulla frontiera del dolore un padre e un figlio, o un adulto e un bimbo, se ne stanno stretti l’uno all’altro in una pozza.

Questi due corpi disegnano un quadro obitoriale, una geometria luttuosa, un fotogramma che ferma gli orologi del nostro battito cardiaco. Due corpi, avvinti uno all’altro in un ultimo abbraccio che pare prodotto da un mulinello, dal gorgo della storia, dal caso, dal disvelamento di un abisso, e che eppure, malgrado tutto, sono ancora legati dal bandolo di una maglia dilatata.

Un bambino e un uomo, o un padre e un figlio, o due fratelli, o forse solo due vite dissolte. Un paio di scarpe da bambino immerse per metà, un braccio intorno ad un collo, i volti invisibili, affogati nella pozza d’acqua a faccia in giù: storie che poco prima stavano su una zattera, o correvano lungo un muro, o si infilavano sotto un filo spinato.

Due cadaveri che diventano simbolo dei tempi feroci, una visione dantesca che può dire tutto o nulla, a seconda di come li guardate: sono un regalo per chi vuole aprire gli occhi, un dramma per chi li vuole tenere chiusi, un pugno nello stomaco per tutti gli altri.

Questi due corpi ristagnano in una pozza d’acqua che sta al confine del Messico, ai margini del Rio Grande, ma che potrebbe essere un punto imprecisato del Mediterraneo, o galleggiare vicino uno scoglio di Lampedusa, o anche sulla battigia dell’isola di Lesbo.

Potrebbe trovarsi ovunque. Potrebbe perché ovunque siano, è certo che questo luogo oggi è terribilmente vicino alle nostre coscienze anestetizzate. Come per il corpo di Aylan Kurdi, che frantumò ogni barriera per diventare un messaggio universale, questi due cadaveri infrangono il silenzio e ci parlano.

E lo fanno proprio oggi, mentre un altro muro invisibile si è sollevato sui porti del mediterraneo. Questo muro non è solo il muro di Trump, non è solo il muro di Orban, o il muro di Salvini. Questo muro è il confine fortificato che abbiamo lasciato passare in mezzo ai nostri cuori.

Un padre e un figlio in una pozza d’acqua, Rio Grande, Messico. Due cadaveri spiaggiati da un naufragio, residui ultimi di una piccola grande odissea. Portateli a casa vostra, dicono. E infatti lì vorrei portarli, senza sciogliere questo nodo che forse è solo un groviglio, senza toccare quel lembo di maglia che li avvince, e che a me sembra il prodotto di un ultimo disperato abbraccio di protezione.

Vorrei celebrarle – queste due vite perdute, senza rompere l’incantesimo della catarsi, senza dover capire se questi due corpi sono legati dal sangue oppure solo dal destino.

L’immagine di Aylan, ridotta a fagotto sulla riva di una spiaggia costrinse il mondo a vedere quello che non voleva fermarsi a contemplare. Questi due corpi uniti, galleggiano anche per costringerci a prendere atto di tutto quello che oggi non vogliamo capire.


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