L’opposizione ha l’occasione d’oro di dividere la maggioranza, eppure anche stavolta si scatena la faida interna. Da una parte Franceschini spinge verso i grillini, dall’altra Renzi si mette di traverso perché teme il voto e preferisce logorare Zingaretti.
Dario Franceschini colpisce con il fioretto. Matteo Renzi risponde con un colpo di un bazooka. L’ex ministro della Cultura torna a indicare l’accordo con il M5s come via maestra per una nuova politica del Pd: «La strategia dei pop corn ha portato la Lega dopo un anno al 35%. Abbiamo buttato un terzo dell’elettorato italiano, quello dei 5 stelle, in mano a Salvini». L’ex segretario si imbufalisce: «Tutte le volte che faccio un’intervista contro Salvini e Di Maio parte qualcuno dal Pd che mi attacca. Ci sono abituato, non è più un problema. E mentre io difendevo la comunità di donne e uomini del Pd dalle schifose strumentalizzazioni di Di Maio sulla vicenda dei poveri bambini di Bibbiano, altri aprivano ai grillini».
Ma il dissidio è strategico, più profondo. Di nuovo Franceschini, spiegando perche occorre aprire un dialogo con il Movimento: «Si può aprire un tema politico senza che parta una campagna interna di aggressione? Senza i #senzadime, o l’accusa di volere poltrone? E si può dire», aggiunge Franceschini, «che senza la ricostruzione del campo di centrosinistra e la ricerca di potenziali alleati che sta facendo Zingaretti difficilmente il Pd potrebbe arrivare col proporzionale al 51%?››. Il ragionamento non fa una grinza. ma tutti sanno che proprio su questo tema il Pd di Maurizio Martina andò in frantumi, come oggi rischia di accadere al Pd di Zingaretti.
E così su Facebook Renzi scrive parole infuocate: «Penso che il Pd dovrebbe occuparsi di fare opposizione al governo, non a me. Ma questa è un’altra storia», prosegue l’uomo di Rignano, «ci vuole chiarezza, una volta per tutte. E allora prendo sul serio le parole di Franceschini, in un`intervista in cui per metà attribuisce a me la colpa di tutto ciò che è successo in questi mesi e per metà fa l’elogio del M5s: “Insieme possiamo difendere certi valori”, dice Dario dei grillini». La postilla è algida: «Insieme a loro, ok. Ma #senzadime, sia chiaro. Perchè io non vedo valori comuni con chi ha governato in questo anno.
Si potrebbe riprodurre in integrale questa disputa. Ma occorre capire come il cortocircuito dentro al Pd sta influendo nella crisi, e persino nelle mosse della Lega. L’intervista di Franceschini conferma molti dei timori che Salvini ripete ai suoi: «Attenti che il rischio voto potrebbe portare tutti a coalizzarsi contro di noi». Salvini fa l”esempio di Umberto Bossi che nel 1995 gli diceva perche non temeva le minacce di voto anticipato di Berlusconi: «Lui aveva il boccino del governo e lo ha perso, adesso lo abbiamo preso noi». Come è noto, Forza Italia minacciava l’Aventino, le tv del Cav invocavano il voto, e poi nacque il governo Dini. Il leader del Carroccio legge nelle parole di Franceschini il rischio di questo scenario. E «tifa» per Zingaretti che due giorni fa ripeteva a In Onda: «Vuole sapere le possibilità di un nostro governo con il M5s? E una cifra rotonda: zero».
Tuttavia gli sherpa renziani stanno lavorando ai fianchi di Zingaretti. Quando giovedi scorso il segretario dem aveva letto l’ormai celebre tweet di Maria Elena Boschi e le parole con cui Renzi provavano a imporre alla segreteria una mozione di sfiducia aveva fatto un salto sulla sedia. Ufficialmente Zingaretti aveva scelto di non polemizzare. Tuttavia anche sulla fisica le linee al Nazareno sembra siano due.
Andrea Cappelli, portavoce del segretario, era stato costretto a diramare una nota in cui spiegava che la proposta della Boschi agli uomini di Zingaretti piace poco o nulla. Perché è tanto importante? Bisogna rileggere una dichiarazione della settimana scorsa in cui Salvini diceva di avere fiducia «nel ruolo di garanzia del Colle». Questi due segnali apparentemente distanti sono collegati. Tutti sanno che in caso di crisi sia per il Pd del segretario che per la Lega il pericolo più grande sarà quello di scongiurare un qualsiasi governo: «Noi siamo pronti al voto, il nostro avversario è la Lega» dice Zingaretti. «Non ci sono altri governi oltre questo», continua a ripetere Salvini. Parole quasi identiche.
Qui si è inserito il caso Boschi. Zingaretti è convinto di aver costruito dopo il Russiagate un «capolavoro politico». Ai suoi dice: «Ci davano per morti, abbiamo recuperato 7 punti. Abbiamo sensibilizzato i vertici del Parlamento e costretto Salvini ad andare dove non avrebbe voluto, cioè di fronte alle Camere».
E prosegue: «Sia la Casellati sia Fico sono interessati a istituzionalizzare il percorso con un intervento del ministro alle Camere. La crisi è diventata seria quando Conte ha sconfessato Salvini sull’invito a Savoini in delegazione». E proprio a questo punto è arrivata la manovra dei renziani, che secondo Zingaretti ha una sola finalità: «Costringere il M55 a rientrare nei ranghi e a ricompattare la maggioranza intorno a Salvini».
Subito dopo è arrivata la reazione di Franceschini. Agli interlocutori stupefatti il segretario spiega: «È ovvio che un voto di fiducia otterrebbe l’unico risultato di portare Di Maio a sostenere Salvini». Allora, perché i renziani lo fanno? Per Zingaretti è fuoco amico contro il Pd: «La fiducia mette il carro davanti ai buoi. Diventa un soccorso politico a Salvini e un salvagente per il M5s».
L’area che fa capo all”ert premier – questo è il sospetto di Zingaretti – sta rivelando il suo interesse a blindare la legislatura. Per un principio semplice: con i rapporti di forza di oggi per i renziani sarebbe impossibile riportare nelle Camere anche solo un parlamentare su tre di quelli attuali. Ecco perchè lo scontro fra Franceschini e Renzi è il punto di precipitazione di una guerra interna che arde sotto la cenere dai tempi dello streaming con Bersani del 2013. Faide antiche, grane future.
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