«Sul voto a Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue abbiamo deciso in autonomia» racconta a Panorama Dino Giarrusso. Che definisce «irrazionale» il no della Lega. E l’eurodeputato grillino si scaglia contro la stampa e il potere ostile…
Onorevole
Giarrusso, la notizia è il vostro voto sulla Commissione europea. Decidete di
sostenere Ursula von der Leyen e nel voto segreto diventate determinanti.
Sì, è vero, siano stati decisivi. Ma
il bello è che quando abbiamo deciso di votare si, nessuno di noi pensava che
saremmo diventati i «king maker» della nuova presidente della Commissione.
No?
Von der Leyen è passata per soli nove voti, a scrutinio segreto, il distacco
più basso della storia.
Si sapeva che
lei era sul filo.
Noi le abbiamo dato 14 voti. Siamo stati decisivi, nella sua elezione, e lo
saremo anche in futuro, intuiti i voti che verranno. Ma nulla era ed è
scontato: decideremo strada facendo se confermarle la nostra fiducia.
Ci racconti
il retroscena. Chi ha deciso davvero questa mossa?
Von der Leyen è stata brava: ci è venuta a parlare, chiedendoci il voto, con un
discorso molto franco, e ci ha assicurato delle cose ben determinate.
Vi siete
fidati?
Eravamo ben disposti dopo questo incontro. Poi, nel suo discorso, ha confermato
quelle aperture in maniera clamorosa, ha scelto i nostri temi e li ha messi al
centro della sua agenda.
Si è
scritto: con questo voto avete deciso consapevolmente uno strappo con la Lega,
che ha votato contro, per avere un ruolo autonomo in Europa.
Le rivelerò un dettaglio: quando abbiamo iniziato la nostra discussione nel
gruppo, lunga e appassionata, eravamo convinti che anche la Lega avrebbe votato
a favore.
Così non è
stato, e la vostra è risultata un’operazione spregiudicata con un colpo a
sorpresa. Chi ne è stato il vero regista? Conte? La Casaleggio e associati? Di
Maio?
(Sorride). Guardi, abbiamo deciso proprio noi. Lo abbiamo fatto dopo una
discussione tutta politica guardandoci in faccia, non siamo stati teleguidati
da nessuno. Sfatiamo questa assurdità dell’essere teleguidati: io da Casaleggio
non ho mai ricevuto un solo sms.
Lei pretende
che io le creda?
È semplicemente la verità. Conte ha fatto una lunga e abile trattativa sulla
Commissione, ma noi, alla fine, sulla von der Leyen abbiamo deciso da soli.
Avete scelto
così anche per dare un colpo a Salvini, a livello nazionale?
Ripeto: non sapevamo che la Lega fosse per il «no». C’è un tweet di Salvini
molto positivo con l’hashtag #vonderleyen. Noi abbiamo pensato al bene degli
italiani.
Vi siete
omologati all’establishment, come denuncia Salvini?
Saremo l’ago della bilancia, questo ci rende forti. Il nostro è stato prima di
tutto un gesto di grande responsabilità, un voto per assicurare la possibilità
di un nuovo governo all’Europa.
Perchè dice
che nulla è scontato in futuro?
Come le ho detto a noi non interessano le politiche di piccolo cabotaggio, nè
posti.
Sarà, ma un
vicepresidente lo avete trattato e ottenuto.
Aveva lavorato bene, la sua rielezione non c’entra con quel voto. Noi abbiamo
deciso sui grandi temi del programma: se diverranno realtà saremo leali.
Altrimenti, se le promesse non saranno mantenute, diventeremo una feroce
opposizione. È semplice.
Cosa avete
ottenuto?
Io credo che nelle parole della von der Leyen ci siano due aperture di
straordinaria importanza, non per noi ma per il nostro Paese.
Quali?
La prima è l’impegno a far diventare legge il salario minimo europeo. La
seconda, forse ancora più importante, è l’impegno alla revisione del tratto di
Dublino: ovvero quello di cui noi abbiamo chiesto la revisione per tutta la
nostra campagna elettorale. Lei però dovrebbe farsi un’altra domanda.
Quale?
Perché Salvini non ha votato la von der Leyen? Tra noi e loro, il voto
irrazionale è stato il suo, non il nostro.
Dino Giarrusso è tornato da Bruxelles raggiante. Il MSS ha alzato il livello dello scontro con la Lega, in Italia e in Europa, e il governo gialloverde è tornato, ancora una volta, sul filo della rottura irreversibile. L’ex inviato delle Iene, che in questa consultazione è risultato il candidato più votato nella storia del MSS, rivela lo stato d’animo dei grillini in questa fase. E si lancia in una articolata invettiva contro il ruolo dei media: «Contro di noi razzismo intellettuale e disprezzo. Il potere reale è rimasto ostile ai gialloverdi».
Avete perso
un voto su due.
E stata una brutta sconfitta, ma nulla è deciso: se sapremo riconquistare la
fiducia dei nostri elettori i voti torneranno presto.
Votare con
la Merkel e Macron non scandalizzerà gli eurocritici del M5s?
Né la Francia né la Germania sono riusciti a imporrei loro candidati designati.
L’elezione della von der Leyen è avvenuta perché le politiche che noi in questi
anni abbiamo combattuto sono andate in crisi.
Per esempio?
Il rigore. Non è un caso che Conte, con grande abilità, sia riuscito a
disinnescare la procedura di infrazione che era già puntata come una pistola
alla tempia contro di noi.
State
cambiando pelle?
Anche questo voto conferma che siamo l’unica forza di rottura: in Europa e in
Italia. Se la neopresidente s’impegna a riscrivere i trattati che contengono le
regole più dannose per l’Italia sull’immigrazione, è lei che viene incontro a
noi, non il contrario.
Il 17 per
cento è un dato che segna un declino irreversibile o no?
Assolutamente no. Dipende solo da noi. Io credo che questa scelta in Europa sia
uno dei primi passi per tornare a vincere.
Perché avete
perso?
Perché le Europee sono elezioni diverse dalle nazionali, e perché noi diamo
fastidio al potere, quello vero. La Lega invece gli è funzionale. Noi abbiamo
tutti contro: un sistema che ci odia, ancora più che in passato.
Si sente
assediato?
Siamo assediati, questo è indubbio,
e dovremmo difenderci meglio.
Governate
con numeri che nessuno ha mai avuto!
Faccio un esempio. La Rai ha da sempre un significato simbolico nel nostro
Paese. Se con il 33 per cento e il direttore generale nominato da te non hai
mosso un solo portacenere di viale Mazzini, l’establishment si convince che può
spararti addosso.
Ripeto: avete
la maggioranza più ampia degli ultimi trenta anni.
Abbiamo un contratto di governo che sta facendo benissimo, certo. Ma il potere
è rimasto in mano ai soliti noti.
Dice che la
Lega è meno osteggiata di voi?
In questi mesi noi del M5s abbiamo realizzato conquiste incredibili: il salario
minimo, il decreto anticorruzione, il decreto dignità. Leggi che si attendevano
da un decennio. Ma se la narrazione dei media è che siamo una banda di cretini,
è più difficile raccontarlo agli italiani.
Tuttavia
anche Salvini ha la maggioranza delle testate ostili.
Salvini è funzionale perché con lui si può ripetere lo schema «uno contro
tutti», che sotto Berlusconi ha assicurato prebende ai berlusconiani quanto
agli antiberlusconiani. Per questo Salvini viene sempre messo al centro della
scena, anche da chi lo attacca. Ma la vicenda di Mosca ha rivelato che è umano
e fragile, come chiunque altro, in politica.
Perché la
maggioranza dei media sarebbe ostile ai gialloverdi?
Perché rappresentiamola fine dei poteri che hanno sempre governato l’Italia,
nella pantomima del bipolarismo.
E oggi?
Pd e Forza Italia sono minoranza tra gli elettori, ma mantengono intatto il
loro peso nei gangli dello Stato e nei media.
Lei dice che
contro di voi c’è un pregiudizio ostile?
(Ride). Ah ah ah. Non lo «dico», ne ho le prove. È razzismo
intellettuale purissimo.
«Razzismo»?
Il razzismo è quando si dà torto a qualcuno senza nemmeno considerare chi sia.
Noi siamo raffigurati come imbecilli, ignoranti, incapaci, in maniera
pregiudiziale, sempre.
Non accade con
chiunque governi?
Noooo! Lei quanti articoli ha letto sulle bugie della ministra della Pubblica istruzione
che decantava una laurea e non era nemmeno diplomata?
Ce l’hanno
con voi? Siete vittime?
Se noi avessimo sfondato nella classe intellettuale avremmo davvero avuto una
maggioranza solida, quindi si è scelta la strada della delegittimazione
sistematica. Chi sta con noi sta con i paria, con gli inguardabili: sai chi
faceva così con gli avversari politici? Il fascismo. Ricorda che Mussolini era direttore
di un giornale? Molta gente dice «grillino» come negli anni sessanta si diceva
in Alabama: «Negro».
Addirittura?
Mi faccia degli esempi.
Il gruppo di Repubblica ha scelto
questa narrazione, cosi – benché siamo al governo – il potere culturale è rimasto
nelle stesse mani del passato. Noi siamo «il nemico» da abbattere.
Ripeto. A
chi si riferisce?
Le faccio un piccolo esempio. Il regista Paolo Virzì ha detto che il M5s è: «La
rivincita di quelli che andavano male a scuola». Quanto è falsa e discriminatoria
una visione così intellettualmente razzista, è puerile?
Non è
un’opinione come un’altra?
No, perché è totalmente falsa! Tra di noi ci sono ricercatori, professori
universitari che si sono fatti largo nel mondo: Lorenzo Fioramonti, Pierpaolo
Sileri, Nunzio Angiola, Laura Paxia, Mario Turco, Ugo Grassi, Pasquale Tridico
all’Inps, il professor Mimmo Parisi all’Anpal. Abbiamo portato molte eccellenze
italiane nel mondo.
Cosa c’entra
con la battuta di Virzì?
Questa era gente che andava benissimo a scuola, e forse chi propone questa
visione distorta non sa che abbiamo portato in parlamento il maggior numero di
laureati.
Non lo
sanno?
No, perché nessuno controlla: e un coro qualunquista che dice «quelli sono
barbari, zotici e ignoranti», parlando di persone molto più colte e preparate
dei «coristi».
Mi faccia un
altro esempio.
Virginia Raggi è stata linciata su pubblica piazza. Sputtanata pur avendo
combattuto la corruzione a Roma, con insinuazioni sulla sua femminilità,
dicerie, attribuzione di amanti. L’Espresso l’ha raffigurata come un mostro
sfigurandole anche il viso!
Lei è un
giornalista, questa non è libertà di informazione?
No. Se non racconti che Virginia è stata assolta da tutto non lo è. Se poi non
racconti che il capo gabinetto di Veltroni è finito in Mafia capitale no. Se
non dici che Buzzi era iscritto al Pd, no. Se ometti che due assessori di
Marino sono stati condannati per Mafia capitale, no. Se non dici che il
minisindaco di Ostia, pupillo di Zingaretti, è stato definito «permeabile alla
mafia» e condannato, no. Se non dici che la Raggi è stata assolta da tutto, no.
Ma la Raggi
non è attaccata per le buche o per i rifiuti, come qualsiasi sindaco?
Le buche esistono da sempre, ma oggi vengono tappate e non se ne parla più. Nessuno
dice che prima di lei non c’era un solo autobus bruciato. Oggi ne esplode uno
al giorno, e si bruciano gli impianti di smaltimento dei rifiuti.
Quindi c’è
un complotto contro di lei?
Non un complotto: un attacco sistematico. In una città corrottissirna in cui i
soldi correvano da sempre, la reazione del potere palazzinaro e tangentaro contro
questa ragazza è stata feroce. Lei è colpevole di aver riportato regole e
legalità, e di aver fatto scoprire a tutti che sia possibile agire legalmente.
E lei come
la giudica come amministratrice?
Sarà ricordata, tra dieci anni, come
il miglior sindaco di Roma.
Mi faccia
altri esempi di razzismo.
Parliamo di pesi e misure differenti, così comprende. In quale Paese del mondo
uno che parla con dei giudici per piazzare capi delle procure «graditi» può
ancora fare politica.?
Si riferisce
a Luca Lotti?
In quale Paese un ex ministro protagonista di quelle intercettazioni vergognose
si dice «autosospeso» eppure convoca la sua corrente?
Me lo dica
lei.
In nessun Paese del mondo. In Francia un ministro di Macron si è dimesso per
una cena di aragoste!
Voi eravate
i principaliaccusatori della vecchia classe politica. Chi la fa l’aspetti?
Il governatore della Campania dipinge Di Maio come un «bibitaro», cosa che fra
l’altro è falsa. Quanti hanno scritto che ha preso 100 centesimi alla maturità?
Non si parla
tanto dei voti dei politici?
Mi dice se qualcuno ha mai scritto
che Zingaretti è un «dentieraro»? Mi dice se Repubblica così attenta
agli amanti – falsi – della Raggi ha mai indagato sul diploma del segretario
del Pd? Zingaretti ci dice se è diplomato o meno, in che anno e in che istituto
si sarebbe diplomato?
Oggi siete
al governo, ovvio che siate sotto i riflettori.
Bene, giusto. Ma giudicate i fatti, non altro! E magari scrivetelo che Tassone,
giudicato «troppo permeabile alla mafia», era il candidato di Marino e
Zingaretti!
Era un
personaggio minore.
Ah sì? La giornalista antimafia Federica Angeli sosteneva che era un politico
onestissimo e che ci «metteva la mano sul fuoco», non mi risulta si sia
scusata. La verità è che Mafia capitale è stata rimossa.
Ma da chi?
Lei ha mai letto la lettera di Buzzi: «Da iscritto al Pd difendo Scajola?». Lei
ha mai letto una riga su Michela Campana, deputata che definiva Buzzi «grande
capo», e poi confermata parlamentare del Pd? E invece quante paginate ha letto
sulla carriola del papà di Di Maio?
Ripeto: quando
si va al governo si finisce sotto una lente d’ingrandimento.
Lei non ha sentito la Boldrini dire: «Tutti quelli che vanno su quel blog solo
dei potenziali stupratori». E si riferiva al nostro blog.
Giarrusso,
se fosse come lei dice voi non avreste vinto.
Abbiamo preso il 33 per cento malgrado tutto perché la siamo risultati comunque
più credibili. Ma proprio quel 33 per cento ha scatenato la reazione: noi siamo
rimasti nemici pubblici per la classe dirigente. Gente da richiudere in gabbia.
Parliamo di
lei.
Sa che Aldo Grasso sul Corriere mi cita una volta al mese per irridermi?
Mi faccia un
esempio.
Io che ho dato un esame di costituzionale, ho studiato il caso Salvini, prima
di parlarne in tv, e spiegato che «non era un caso di immunità parlamentare».
Grasso mi ha preso in giro, eppure tre giorni dopo Sabino Cassese ha usatole
mie stesse identiche parole. Chi è l’ignorante?
È una forma.
Un’altra volta ha scritto che ero un No vax (ed è falso!) poi ha ironizzato
sulla mia presenza nella giuria dei David, ma ha letto il mio curriculum?
Non le sta
simpatico, capita.
Certo, ma tra la critica legittima e la delegittimazione basata su dei falsi
c’è differenza. lo sto cercando di spiegarle il clima culturale che c’è intorno
a noi. Ho querelato diverse testate fra cui Repubblica.
Lo ha fatto
davvero?
Certo. Per un articolo pieno di falsità su di me che parlava dei miei pezzi su
Stamina, i vaccini e il veleno dello scorpione anticancro. Solo che io non ho
mai fatto nemmeno mezzo pezzo su questi temi! Ma ancora in rete mi si
rinfacciano cose che semplicemente non ho fatto. Capisce quanto possa nuocere
la diffamazione sistematica?
Lei ha fatto
inchieste su Brizzi.
E ne vado orgoglioso. Se vuole le dirò cosa penso di quella storia.
Chiudiamo la
parte sui media.
Siamo ingiuriati ogni giorno su quel giornaletto che vende meno del mio
gazzettino del liceo.
Quale
giornaletto?
Il giornalino che ha celebrato Cuffaro come un eroe quando dopo la condanna
mangiava i cannoli. Che chiamava Berlusconi l’amor nostro e rimpiange Renzi
come una vedova. Bene, questo giornalino, Il Foglio, mi ha definito per mesi un
trombato. Ma lo avete mai letto di Emma Bonino plurimegatrombata? O di Carlo
Calenda, che come me è stato bocciato alla Camera prima di essere eletto in Europa?
Da dove
viene lei?
Da Catania. Mio padre si chiama Dino, come me.
E come funzionava
a casa?
Mia madre chiamava «Dinooooo!». E non si muoveva mai nessuno. Ah ah ah.
E fuori?
Nei tornei di tennis a cui partecipavamo entrambi, lui è ancora un fanatico, ci
chiamavano «Dino jr. e Dino sr.».
Suo padre
cosa faceva?
Impiegato al Comune di Catania. È un chimico industriale, si occupava
dell’ufficio ecologia.
E sua madre?
Si chiama Teresa. La loro è una meravigliosa storia d’amore. Lei aveva 12 anni
e lui 15. Mai dato un bacio ad altri nella loro vita.
Che lavoro
faceva?
Impiegata comunale. Per dieci anni è stata la segretaria particolare di Enzo
Bianco. Oggi ha una pensione di 1.040 euro.
Perché me lo
dice?
È entrata quarto livello ed è uscita quarto livello. Poteva chiedere qualsiasi
cosa. Ma noi in famiglia siamo fatti così.
Mi dica un
aneddoto su di lei.
Comprò il telefonino per lavoro, ma se lo pagava lei. Erano i primi. Le tariffe
erano stellari. Il suo stipendio era un milione e quattro, arrivò una bolletta da
un milione e mezzo. Mio padre, basito, disse solo: «Teresa mi pare che stiamo
esagerando».
E poi? Ha continuato a pagarselo. Quando ho letto che la segreteria di Bersani prendeva 250 mila euro l’anno ho riso amaro.
Suo padre
faceva politica?
No, l’ha scopertacon me. Alternava il voto per Democrazia proletaria a quello
per il Pli, dove si candidava spesso un suo caro amico.
Lei votava Dp? Votato mai, è morta prima. La seguivo, sì. E dal ‘92 al ‘97 andavo alla festa di Cuore portandomi dietro papà: quando Serra era ancora di sinistra, Fazio era di sinistra….
Lo avete
bombardato.
Non è come Danilo Dolci che ha occupato una casa per difendere degli orfani.
Attaccava sempre Mike Bongiorno, è diventato più «medio» di lui, peraltro
snaturandosi.
E la sua
famiglia?
Mio nonno Salvatore Papale è stato sindaco di Catania negli anni Sessanta.
Claudio Fava ne scrisse un peana che si concludeva con la frase: «Era un
bell’uomo. L’ultimo anche in quello». Epigrafe divina.
Cosa voleva
fare da ragazzo?
Il calciatore. Ho giocato negli esordienti con il Catania. Un bel numero dieci.
Ma a 14 anni devi lasciare tutto.
E lei?
Non l’ho fatto. A 22 anni ho fatto l’ultimo provino importante, al Siena, con
Beppe Savoldi. Non mi hanno preso.
Perché?
(Sorride). A questi livelli o sei un fenomeno o sei fisicamente una bestia.
Non ero né l’uno né l’altro.
Amava il
campionato?
È stato una malattia: seguo il Catania ovunque. Ho giocato fino all’eccellenza.
Amavo i tempi in cui l’Inter del triplete perdeva con il mio Catania tre a uno.
Studi dove?
Classico allo Spedalieri. Dove hanno studiato Pippo Baudo, Vitaliano Brancati,
Luciano Modica. Alla maturità ho preso 52.
E poi?
Dopo aver visto Palombella rossa ho pensato, sognato, di fare il regista. Ho
fatto l’Università a Siena, Scienze della comunicazione.
Buona
formazione?
Una discreta fucina di talenti. C’era il numero chiuso, mi sono laureato con
106.
Tesi?
Con Omar Calabrese e Maurizio Boldrini, grandi maestri. Sulla personalizzazione
della politica. Poi seguo la campagnadi Enzo Bianco pensando di farci la tesi e
mi trovo a girare i suoi spot.
Belli?
L’idea era non farlo apparire per 55 secondi. E alla fine diceva solo: «E poi
abbiamo messo anche dei fiori».
Perché era
accusato di essere il sindaco delle fiorifere.
Lo chiamavano «A’ ciurara». Per dire che era omosessuale, cosa che non è vera.
Amici di
allora?
Fra i politici da bambino ero amico di Salvo Pogliese, oggi sindaco. Abbiamo
fondato il club di ultrà del Catania: eravamo due fascisti e due comunisti. Lui
deve la sua fortuna politica anche alla curva…
Il suo
esordio?
Ad Antenna Sicilia Tele Etna, in modo causale. Un mio amico doveva fare un
servizio sul bordelli e lo accompagno perché parlavo bene il dialetto. Mi
appassiono, lo seguo anche al montaggio. E poi? Andrea Lodato, che lavorava lì,
mi dice: «Mi è piaciuto molto il servizio». Ho continuato, pagavano 50 mila
lire a pezzo.
Lei arriva
alla Sicilia?
Mi occupavo di stregoneria, cioè di internet. Un giorno Mario Ciancio mi
chiede: «Come si naviga?».
Lo hanno
indagato per mafia.
Gli hanno sequestrato i beni. L’inchiesta non è finita. Ma ha scelto di
proteggere il potere, non c’è dubbio. lo avevo un buon rapporto con lui.
Chi era il
suo modello?
Pippo Fava. Lo considero un eroe. A casa leggevamo anche il Giornale del Sud
e poi i Siciliani.
E il grande
salto?
Puro caso. Si sposava mio cugino Mimmo e non sono andato al matrimonio.
Per fare
cosa?
Andare alla Festa dell’Unità di Modena. Giro un cortometraggio lì.
E la
fortuna?
C’era Ettore Scola nel pubblico, che apprezza l’idea nonostante la mia regia
fosse terribile. S’intitolava La fine: dei ragazzi venivano «mangiati»
alla Festa dell’Unità.
Surreale.
Scola ha voluto conoscermi: «Che bella idea!». Poco tempo dopo mi ha
telefonato, proponendomi per un corso in Francia che poi però è saltato.
Tuttavia?
Un giorno ho la febbre. Accendo la tv e sento che lui sta per girare un film, Concorrenza
sleale. Gli scrivo una lettera ironica: «Se mi prende come stecchinatore di
olive agli aperitivi, sarei felice di farlo».
E lui?
Mi risponde: «Va bene. Vieni».
Inizio come assistente con lui e in breve divento aiuto regista. Si
guadagnavano 2 mila euro a settimana…
Voleva fare
il regista, però.
Non sono ricco. Avevo fatto anche il cameriere e il maestro di tennis. Il
cinema era comunque un salto di qualità.
Punto di
svolta?
La sera del G8 a Genova ci troviamo davanti alla Diaz Ricky Tognazzi, io e Citto
Maselli. Momenti che ti uniscono.
E poi?
Dopo poco Tognazzi viene incaricato di girare lo spot dell’euro. E mi chiama.
E dopo?
Vengo convolto in un film su Papa Giovanni XXIII. E inizio a lavorare con
Massimo Ferrero.
E come era
prima della Samp?
Pazzo, intollerabile ma geniale. Un giorno lo incontro dopo anni di buona
carriera e mi fa: «M’hanno detto che sei diventato bravo, che ora sei ‘n fijo
de mignotta. So’contento».
Aneddoto
cult?
Durante Ragazzi fuori si era fidanzato con una vigilessa, le aveva preso la
paletta. E la usava per girare con le macchine di produzione. Ahahah.
E come
regista?
Non ho mai sfondato. Ho fatto Faceboom, su Facebook, buona idea ma non se lo
ricorda nessuno. E poi qualche bella sceneggiatura scritta.
E le Iene?
Avevo un amico, Marco Occhipinti, che ci lavorava. E mi fa: «Vieni».
Cosa
risponde?
«Mai». Non mi piaceva l’idea di rompere i coglioni alle gente.
E poi?
Sui social mi espongo da grillino, e iniziano a dirmi: «Ma chi te lo fa fare di
sostenere quelli?». Contemporaneamente, perla crisi ho iniziato a lavorare
meno. Nel 2014 mi saltano sei film. Ero senza soldi, incontro Occhipinti e gli
dico: «Provo».
Ci è rimasto
quattro anni…
Ho imparato tanto e guadagnato bene.
Quando diventi volto lavori molto, anche fuori; per due ore in un centro
commerciale ti danno 2 mila euro.
Il suo pezzo
con Benigni sul referendum Boschi, uno dei più visti.
Era il giorno del mio compleanno. Mollo tutto e corro a Camogli. Lo intercetto
in un bar. È stato gentilissimo.
E la saga
della Panda di Marino. Lo ha portato alle dimissioni.
Tutto nasce per una piccola multa. Ma guardando il permesso sul parabrezza noto
un dettaglio. Il permesso del centro storico era retrodatato!
Si può
arrivare alle dimissioni per questo?
Sarebbe bastato rispondere… Lui non lo ha voluto fare ed è stata la sua
rovina.
E su Salvini.
Sui centri sociali. Capii allora che era il più abile politico italiano. Non si
arrampicava sugli specchi, e dimostrò che era meglio ammettere che dire balle.
Lei ha fatto
fare pace a Sarri e Mancini.
E Sarri è andato in campo con la sciarpa che gli avevo portato: io lo amo.
Si pente
della sua campagna contro Brizzi per le molestie?
Di cosa dovrei pentirmi?
È stato
eletto grazie a quella battaglia?
Ero già notissimo prima del caso Brizzi.
Ma la
sentenza di assoluzione?
Ho raccolto 15 testimonianze univoche. Ragazze che Brizzi ha contattato in vari
modi, circuito, ingannato.
Come?
Diceva loro: «Sei brava ma devi migliorare». Iniziava sempre con un provino. Le
metteva in soggezione. E poi finiva con spogliarsi, masturbarsi, toccarle…
altro che provino! Io ho raccontato queste verità mai smentite: di cosa dovrei
vergognarmi?
Basta per
condannare un uomo?
Penalmente decidono i giudici, è giusto così. Dal punto di vista umano ed
etico, invece, chi organizza dei «provini» e fa ben altro ingannando ragazze molto
giovani, come dovremmo considerarlo? Siamo l’unico Paese al mondo in cui uno
così è stato difeso.
Ha mai
pensato che quei racconti potessero essere non del tutto veri?
No. Perché ho conosciuto quelle ragazze. E poi lui non ha querelato nessuno.
Anche lei
non ha parlato mai di questa storia.
È stato il primo motivo degli attacchi della stampa contro di me. È triste,
perché nessuno ha pensato a quelle ragazze, le ha difese… Ho letto cose
assurde contro di loro, che hanno avuto grande coraggio.
Si è
candidato usando il nomignolo «iena». Paraculo.
A Catania mi chiamano iena. Anche Pannella si chiamava Giacinto ma sulla scheda
c’era scritto «detto Marco». L’idea mi è venuta così. Ma ho preso più di 117
mila voti… basta?
Le Iene le hanno fatto un comunicato contro. È andato su tutti i giornali. Eravate d’accordo?
No. Mi ha chiamato Parenti, che per me è un maestro, e mi ha detto: «Sono costretto perché sennò ci dicono che le Iene tirano la volata a un grillino».
E poi?
Il comunicato era durissimo. Mi dicevano che dovevo ritirare la foto con la cravatta nera. Che rubavo la loro immagine.
E lei?
Gli ho risposto: «Tarantino ha detto che la potevo tenere, quindi anche voi
potete usarla». Ahahah.
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