Governo Pd M5s: circola già il nome di un possibile presidente del consiglio, Enrico Giovannini, ex ministro di governo Letta, ma uomo che è stato indicato da Beppe Grillo perché, da esperto nel mondo del lavoro, si è avvicinato in questi mesi ai Cinque stelle sui temi per loro cruciali del reddito di cittadinanza.
Con l’emergere dei primi totonomi, dunque, inizia la prova di fuoco che ci dirà se può nascere o meno un governo giallorosso. Ieri, i due possibili sposini, si sono mostrati reciprocamente le zanne, dandosi anche qualche colpo sotto la cintura.
Il PD ha tenuto aperta la possibilità del voto anticipato, sapendo che in questo caso Nicola Zingaretti incasserebbe un doppio risultato: fare fuori in un colpo solo i renziani del Senato e ridimensionare gli uomini di Luigi di Maio.
Ma anche i Cinque Stelle hanno tenuto aperta una possibilità subordinata, quella di un clamoroso ritorno di fiamma con la Lega, che serve loro a non andare alla trattativa con il Partito Democratico completamente disarmati.
Tuttavia, per la prima volta ci sono documenti ufficiali che aprono la trattativa. I Cinque stelle hanno addirittura nominato una loro delegazione, guidata dal grande emergente di queste ore, il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli.
E il punto che ieri pomeriggio sembrava l’ostacolo insormontabile, adesso diventa un possibile terreno di accordo.
Sì, perché proprio il taglio dei parlamentari, apparentemente molto indigesto per Zingaretti e compagni, se accompagnato da una riforma elettorale e da un pacchetto di aggiornamenti costituzionali adeguati, potrebbe da un lato blindare per un periodo di tempo di tranquillità all’esecutivo, proprio mentre muove i primi passi.
E dall’altro tagliare le unghie alla Lega, sottraendole il primato che attualmente può vantare in tutti i collegi del Nord, e in tanti collegi dell’Italia centrale, soprattutto in alleanza con la Meloni, e persino in alcuni collegi del Sud.
Sarà davvero Giovannini il prossimo premier? Oppure l’altro nome che circola in queste ore, quello di Massimo Bray, ex ministro della cultura, di origine dalemiana, ma anche lui molto apprezzato da Grillo e compagni?
O forse c’è un’altra carta, un altro nome che per ora resta coperto? È presto per dirlo. Tuttavia i gialli e rossi hanno solo una possibilità, quella di mandare in campo la loro prima squadra, quella di scegliere nomi al di sopra dei giochi lottizzatori, e delle miserabili dinamiche di partito.
O riescono a scegliere il meglio, a dare un grande segnale di svolta, oppure saranno spazzati via, il governo cadrà, chiunque lo guidi. E a quel punto l’Italia finirà – come una pera – nelle mani di Salvini.
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