Intervista all’ex premier greco e leader di Syriza che si dice soddisfatto del governo Conte 2 “perché ha salvato l’Italia dal populismo”
Alexis, vorremmo chiedere a te di raccontare l’Europa della rabbia dal tuo punto di osservazione.
È in Grecia che è iniziato tutto con la reazione al rigore, un’onda di malessere che a volte è andata a sinistra, e più spesso a destra.
Secondo te dove finirà questo ciclo? A destra o a
sinistra?
La rabbia è un sentimento sfruttato e indirizzato dai populisti per i propri
interessi. È un modo abbastanza facile.
Nella sfida di questi anni per la destra, e soprattutto la nuova destra, il compito è più facile. Parla una lingua semplificata, parla per slogan che in alcuni casi fanno il verso al linguaggio della sinistra.
Danno delle risposte semplicistiche e demagogiche per una politica che divide, una politica dell’odio. Se non staremo attenti queste risposte semplicistiche potrebbero prevalere. La sinistra invece, se non fa demagogia, deve usare una lingua più complessa. Ha più difficoltà a dare risposte, e non deve mai abbandonare i suoi valori.
Avete fatto una battaglia contro l’austerità. Pensi che in prospettiva si possa vincere, se si, si deve arrivare a dei compromessi o il neoliberismo ha un sistema immunitario troppo forte.
Sicuramente ha delle forti difese, perché anche se ci sono momenti difficili comunque si ricicla e in questo momento è il modello predominante dell’economia mondiale senza dubbio. Ma non è vero che è invincibile. Intanto perché creando queste crisi continue, crea dei conflitti politici che prendono una forma imprevedibile.
Ma la questione è che c’è questo continuo perpetuarsi del
sistema produttivo e di un sistema di sfruttamento della produzione. La domanda
è: potrà continuare anche lo sfruttamento delle nostre risorse naturali?
Il modello neoliberista non è invincibile proprio perché crea degli scontri e delle crisi. Ma la sinistra, per il momento, non è riuscita a dare una risposta, una alternativa al modello neoliberista della mondializzazione.
Quando ci riuscirà si dimostrerà che il modello neoliberista non è invincibile.
Che cosa manca in questo momento a Siryza per potere avere una sua rivincita?
Sono passati solo due mesi dalle le elezioni. Credo però che il risultato elettorale sia una seconda occasione per noi. Due mesi dopo le elezioni non abbiamo più il peso della responsabilità di dover salvare il paese dal default. Adesso quello che ci interessa è occuparci del partito, della sua ristrutturazione.
Dare nuova linfa e nuova forza al partito e una sinistra moderna con una identità vasta che si rivolga in modo aperto alla società e dare quelle grandi risposte che i cittadini stanno attendendo.
Ci puoi fare un esempio?
Quando abbiamo deciso di firmare il trattato di pace sulla Macedonia, sapevamo che quella posizione, attaccata con argomentazioni di tipo populistico-nazionalistiche non era facile.
Sapevamo che prendendo una posizione favorevole all’accordo avremmo pagato un prezzo elettorale, e tuttavia lo abbiamo fatto, perché la sinistra – quindi fa le sue scelte importanti – deve guardare alle condizioni politiche contingenti, ma deve sempre pensare ad un bene comune, a non distaccarsi dalla sua prospettiva ideale.
A livello elettorale, forse, questa posizione ci è costato più di quelli con l’Unione Europea, ma comunque era una scelta che andava fatta. Non solo non abbiamo cambiato idea ma difendiamo con orgoglio questa scelta perché non abbiamo dato peso al costo politico, ma abbiamo seguito una politica dei principi che la sinistra deve seguire quando si trova al potere.
La sinistra ha il dovere di ricordarsi chi rappresenta, ma deve anche lasciare la sua traccia nei momenti storici in cui è al governo con una politica contro l’odio contro la divisione, contro la retorica della destra e aiutando l’amicizia tra i popoli.
È vero che Syryza si sta avvicinando sempre di più all’internazionale socialista?
(Sorriso). Io direi così: è molto importante per il bene di tutti che l’internazionale socialista avvicini le sue posizioni a quelle della sinistra e alle nostre radici. Ma la verità è che tutte le forze progressiste devono capire che il grande avversario è l’estrema destra.
Insomma, l’obiettivo è portare la socialdemocrazia sempre più vicina alla sinistra e alle nostre radici e non andare noi verso la socialdemocrazia.
Ma appunto, quello che dobbiamo capire è che il grande nemico, il grande avversario è l’estrema destra che riesce a convincere e a diventare maggioranza.
Dobbiamo capire quali sono le politiche che nutrono questo mostro dell’estrema destra. Sono le diseguaglianze e sono le politiche che mettono in pericolo la coesione sociale. Sono le politiche che aumentano la disoccupazione.
Quindi dobbiamo parlare comunicare e trovare delle risposte per contrastarle. E poi ci vuole un fronte contro l’estrema destra e una risposta ai cambiamenti climatici. E per delle risposte alle insicurezze sociali un fronte progressista vastissimo che parta dalla sinistra della sinistra e arrivi fino al centro del fronte progressista.
Cosa pensi del nuovo populismo di destra?
Contro questo nemico serve un fronte europeo vastissimo che parta dalla sinistra della sinistra e arrivi fino ai confini del centro progressista. Questa alleanza deve arrivare fin dove sarà più efficace la resistenza contro l’estrema destra.
Non sto parlando di un partito uniforme, ma di un fronte comune per fermare l’ascesa di quelle forze politiche.
Le carte geografiche del consenso in Italia dicono che la vecchia sinistra è asserragliata nei quartieri del benessere: non solo il Pd, ma persino Leu, nella sconfitta, toccano percentuali più alte nelle sezioni elettorali del centro. Questo fenomeno è stato chiamato partito Ztl, dal nome della “zona a traffico limitato”, quella dei quartieri storici dove è vietato il traffico delle auto. Ma è accaduto lo stesso con la Brexit in Gran Bretagna, o con la vittoria di Trump in America. È la condanna della sinistra nel mondo?
Direi che non è un fenomeno che riguarda la Grecia perché abbiamo visto che Syriza è riuscito a mantenere la rappresentanza delle classi popolari. Un rapporto profondo e sincero nel rappresentare le classi popolari.
Lo abbiamo visto anche nelle ultime elezioni che abbiamo perso. Dove abbiamo visto che comunque abbiamo avuto una percentuale del 40 per cento del voto che interessa i disoccupati, le zone popolari, i giovani, le zone della campagna. Direi che forse abbiamo perso l’influenza di quando eravamo un piccolo partito di sinistra e la forza che avevamo nel ceto medio e non nelle classi popolari e non nei disoccupati.
Ci siamo trovati in un momento molto difficile. Ci siamo trovati al governo con delle decisioni molto difficili, delle decisioni speciali dettate dalla maggior crisi economica dopo il ritorno della democrazia e la fine della dittatura del 1974. Dovevamo scegliere una specie di big bang con delle condizioni molto difficili per la classe media.
Abbiamo deciso di non seguire né lo scontro totale, né l’obbedienza totale ma di cercare di avere e di creare delle collaborazioni a livello europeo. Trovare delle alleanze. E alla fine della giornata avevamo un’unica soluzione: dividere i pesi che avevamo, dividerli con un sentimento di giustizia e tenendo conto con attenzione alle classi più deboli.
E poi quando abbiamo avuto qualche possibilità a livello di politica economica e di bilancio abbiamo sempre aiutato la classe media e i ceti più deboli. Questa nostra scelta è stata da una parte la causa del nostro rapporto stretto con le classi popolari, ma contemporaneamente è stata anche la causa della nostra sconfitta
Come spieghi questo fatto?
Con le scelte che abbiamo fatto governando, prima di tutto, che hanno sempre avuto un segno chiaro anche quando le risorse erano pochissime, per quel che riguarda il voto popolare.
Perché abbiamo sempre pensato che una priorità fosse la redistribuzione della ricchezza. I grossi capitali, quelli che controllano anche i mezzi di comunicazione di massa, hanno creato un’immagine che corrispondeva a un’ingiustizia verso le classi medie per quel che riguarda soprattutto il peso fiscale e che contemporaneamente rappresentava un aiuto solo per le classi popolari.
La realtà è invece che abbiamo aiutato la grande maggioranza dei cittadini. Però bisogna chiedersi e capire cosa vuol dire classe media. In Grecia in realtà anche chi non appartiene alla classe media si sente psicologicamente di appartenervi.
La politica che abbiamo seguito ci ha fatto mettere radici nelle classi popolari, ma la classe media anche per una campagna dei mezzi di comunicazione di massa è stata portata verso la destra e abbiamo avuto questo risultato elettorale.
Perché?
Perché molto spesso, in Grecia, si sente parte del ceto medio anche chi non fa parte del ceto medio. Perché, anche nei momenti più duri nel confronto con l’Europa Syriza ha scelto di seguire politiche di redistribuzione del carico fiscale salvaguardando i ceti più disagiati.
È questo elemento è stato usato contro di noi dalla propaganda della destra.
Che destra è la destra greca? Quale è il punto di forza di Nuova Democrazia e quale sarà il suo punto di debolezza quando finirà la mina di miele del dopo voto?
Il nuovo premier greco di Nuova Democrazia ha fatto una scelta precisa: coccolare coloro che volevano sentire delle parole e dei discorsi nazionalistici e seguire la strada di un populismo nazionalista per quel che riguarda anche l’accordo con la Macedonia del Nord e in questo modo ha convinto dei pezzi di estrema destra e alcune parti dei ceti popolari che hanno seguito questa retorica. Nuova Democrazia ha costruito la sua identitá intorno a due pilastri che sono in nazionalismo e il populismo.
Quando l’esperienza di governo andrà avanti avrà sempre più difficoltà a mantenere questo equilibrio.
Perché è vero che Alba dorata nelle ultime elezioni ha preso pochi voti, ma è anche vero che quel sentimento di destra a cui Alba dorata ha dato una identità è ancora vivo nel paese. Governando, Nuova Democrazia andrà incontro ad un destino inevitabile: o ad accentuare e subire l’egemonia di questa anima di destra o a scontentare molti dei suoi elettori.
Insomma quello che è stato fondamentale per la sua vittoria, sarà anche l’ostacolo principale che lui incontrerà nell’immediato futuro. Perché nella politica come nella vita tutto quello che fai poi te lo ritrovi davanti.
Questa politica estrema se la seguirà si troverà con grossi problemi a livello del partito e se non la seguirà si troverà con grossi problemi a livello dell’estrema destra. Dobbiamo dire che dando forza a questa retorica estrema poi incontrerà nella società greca una specie di mostro. Oggi sappiamo che Alba dorata non è all’interno del parlamento. Ma le forze ipernazionalistiche ci sono e vogliono e chiedono una politica estrema.
Lesbo come Lampedusa. Le porte dell’Europa sono assediata dai disperati, e su questa disperazione si costruisce la parte più efficace del messaggio propagandistico della destra. Come si può disinnesca questo meccanismo, secondo te?
Le risposte populiste e nazionaliste ai flussi migratori servono a ottenere voti facili, e sono costruite per ottenere voti facili. Ma alla distanza, sul lungo periodo, queste risposte, demagogiche e xenofobe sono inefficaci perché senza fermare le guerre e ridistribuire la ricchezza a livello globale le persone continueranno a muoversi dai paesi più poveri per provare a spostarsi nei paesi più ricchi.
La risposta deve essere una risposta che abbia dentro di sé la solidarietà e l’umanesimo.
Non è una strada facile, ma è una risposta che deve comprendere i principi della sinistra e i principi della cultura europea. Chi crede che alzando dei muri in Europa contro i disperati si potranno fermare i profughi si inganna e procede nel buio della notte.
Perché finché ci saranno guerre, finché ci saranno scontri, finché ci saranno problemi con i cambiamenti climatici e finché l’Europa invecchierà e sarà più ricca dell’Africa e dell’Asia questo problema e questi fenomeni resteranno.
Ci vogliono più passi. Accogliere e integrare nella società europea, nella realtà sociale i profughi e chi fugge da guerre e situazioni di difficoltà. Trovare una soluzione europea, di tutti i paesi dell’Europa nella gestione dei profughi e dei migranti, è un progetto di pace e di sviluppo economico e di diminuzione delle enormi differenze sociali per i paesi in via di sviluppo.
Avete vinto quando nessuno pensava che Siryza potesse vincere. Avete perso, ma compiendo una rimonta che sembrava impossibile. Che cosa pensi che serva perché Siryza torni a vincere?
Intanto bisogna dire che sono passati solo due mesi dalle elezioni politiche. Il futuro della sinistra non si scrive da sé, né lo scrivono i singoli leader. Dipende dalle lotte, dalla partecipazione del popolo, dalle battaglie dei cittadini.
Ci vuole un cammino comune ma non sarà una addizione di varie parti una somma, ma dovrà avere una dinamica molto più forte. Non vuol dire che avremo tutti la stessa opinione e saremo tutti nello stesso partito Ma vuol dire che quando stanno arrivando i barbari per buttare giù le mura della città, lo capiamo, ci uniremo e agiremo insieme per mandare via i barbari.
Come vedi Salvini dalla Grecia. Che impressioni hai di questo nuovo populismo che contamina parole della vecchia destra, nuove lingue, il codice della rete e anche la capacità di occupare spazi della sinistra tradizionale?
Appena ho detto la parola barbari mi domandate di Salvini?
È pura coincidenza…
Mi provoca inquietudine il fatto che con un linguaggio semplicistico scaricando la responsabilità sui più deboli riescano poi a convincere le classi popolari, Salvini fa parte di altri populisti europei ben noti, che danno risposte molto semplici per cercare di convincere.
In realtà i populisti e l’estrema destra non sono mai antisistema, ma sono l’altra faccia e la longa manus del sistema. Usano i mezzi che tradizionalmente la sinistra ha usato per comunicare con il suo popolo e noi sbaglieremmo se per cercare di contrastarli dovessimo impegnarci a difendere la normalità del sistema.
Parlano sempre dell’establishment di Bruxelles. Ma a Roma a Berlino, non c’è l’establishment? C’è solo a Bruxelles? Vediamo le risposte di Orban ad esempio. Ovunque hanno posti di potere, hanno aiutato l’establishment nazionale e non hanno aiutato i lavoratori.
Alexixs, pensi che questo ciclo del populismo e della destra possa chiudersi, possa cioè iniziare la parabola discendente la grande onda? O credi che sarà un avversario competitivo in grado di dare filo da torcere nei prossimi anni?
Negli anni Trenta questo ciclo si è chiuso in modo drammatico per le società. La grande minaccia non è come diceva qualcuno qualche anno fa Siryza, ma è l’estrema destra.
Aumentano la loro forza in questo momento in Europa e la loro capacità di influenza anche dall’altra parte dell’Atlantico e costituiscono una minaccia. Sarei più ottimista per la sinistra se riuscisse a convincere le classi sociali a una egemonia sul piano della politica e delle idee. Questo ci insegnano i vostri filosofi e soprattutto Gramsci.
Come è il futuro di Alexis Tsipras e il futuro di Siryza in Europa.
Il futuro di Siryza e di tutte le forze della sinistra non viene scritto da quel che fanno i leader ma da quello che fanno i cittadini, le masse, i popoli. Quindi se i popoli daranno battaglia, se i cittadini si impegneranno avrà un futuro sia Siryza sia la sinistra italiana sia le forze progressiste in generale.
Hai un consiglio per Speranza? Salvini dice che questo è il governo più a sinistra della storia italiana perché c’è un estremista di sinistra come Speranza. Un consiglio dopo l’esperienza di governo che dai a Speranza.
Penso che per Speranza questa accusa di Salvini sia una medaglia. E che debba fare del suo meglio per dimostrare che Salvini aveva ragione.
Ti piace il governo Conte?
Mi piace che il governo Conte 2 sia stato fatto. Perché per chi ama l’Italia per chi conosce la lotta antifascista, provocava tristezza vedere prevalere delle idee e delle pratiche che sono una vergogna per la cultura europea.
*L’intervista è stata realizzata alla festa di Articolo 1
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