Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

È un atto di civiltà togliere le autostrade ad Atlantia

Intervista a Dino Giarrusso, eurodeputato del Movimento Cinque Stelle: «Governare col Pd non mi piace ma è necessario. Il nostro obiettivo non è vendicarci ma applicare il principii per cui chi sbaglia paga. Chiunque dopo Benetton farà meglio, anche lo Stato»

Onorevole Giarrusso, risponda sinceramente: state perseguitando Autostrade?
«Se è una barzelletta non fa ridere. Chi lo racconta?».

Sa benissimo chi: Luciano Benetton nella sua clamorosa lettera a Repubblica di ieri.
«Ho letto la lettera, ovviamente. Mi pare, semmai, un clamoroso caso di ribaltamento della realtà. Pagano per gli errori che hanno fatto, questo sì».

Dice l’azionista più importante di Atlantia: «Le posizioni di ehi minaccia di revocare le nostre concessioni ci stanno danneggiando economicamente».
«Ma dove? Casomai è il contrario».

Cioè?
«Sono le scelte fatte in questi anni a danneggiare il gruppo. Sono state le sottovalutazioni degli allarmi, i risparmi sulle manutenzioni già accertati dalla Procura e gli effetti di queste scelte a minare la fiducia dei mercati e la credibilità della società».

Quindi?
«Non credo affatto che stia accadendo quel che dice Benetton, anzi: noi oggi stiamo solo tutelando i cittadini, dopo tutte le assurdità che le indagini hanno portato alla luce».

Addirittura?
«Certo. Non eludo la domanda, ma offro una spiegazione diversa a quella degli azionisti».

Dino Giarrusso, eurodeputato del M5s, si trova a Strasburgo per il suo impegno nel Parlamento europeo. Da li interviene sui grandi temi di cui si discute in queste ore: il caso Atlantia e il dibattito sul Mes e sulle nuove regole del fondo salva Stati («Rischiano di essere un problema per l’Italia»). Ma torniamo al caso Autostrade.

Si potrebbe dire: voi avevate la stessa posizione contro la società Atlantia anche nell’agosto 2018. Quindi quello che dite oggi non può dipendere dalle indagini.
«Mi scusi, ma questo è un segno di coerenza e di lungimiranza piuttosto. Ipotizzavamo delle responsabilità che adesso le indagini stanno confermando. Dovremmo preoccuparci se quello che avevamo detto fosse risultato falso, semmai».

Quindi secondo lei siete stati profetici o avete avuto fortuna?
«Ci consideravano estremisti e dicevano che non avevamo gli elementi per sostenere che Atlantia fosse responsabile. Dicevano che parlavamo a caldo, sull’onda dell’emozione e animati da uno spirito vendicativo o dalla ricerea di facili consensi. Tutte sciocchezze».

Perché?
«Perché le perizie dicono che il   ponte era deteriorato, che i sensori erano tranciati, che i monitoraggi erano insufficienti: significa che avevamo ragione noi a mettere in discussione la licenza di concessione e non gli altri a difendere Atlantia».

II valore del titolo in queste ore è caduto del 7%, questo è innegabile.
«Stiamo parlando di cittadini morti senza colpa, glielo ricordo. Quando succede questo è normale che tè conseguenze investano chi ha gestito Autostrade in questi anni».

Però, se poi Luigi Di Maio, che è leader di maggioranza, dice «Revochiamo le concessioni», è ovvio che questo faccia cadere il titolo.
«E quindi? Non pretenderà che un governo agisca sulla base delle fluttuazioni di una società privata in Borsa! Altrimenti anche se ci fossero colpe gravissime non si potrebbe mai intervenire perché questo danneggerebbe un privato…».

Il vostro obiettivo è fare vendette?
«No; è fare giustizia, tutelare i cittadini. Non c’è nessun atteggiamento punitivo. Era ovvio che dopo una catastrofe di queste proporzioni ci fossero delle conseguenze. Chi sbaglia paga: è un principio civile, e non una forma di vendetta».

È giusta la durezza Di Maio nei confronti della società, dunque, secondo lei?
«Si. Trovare i responsabili e prendere provvedimenti è un atto di civiltà. A far crollare il titolo sono i nodi che vengono al pettine. La nostra severità è figlia dello sconcerto per quello che avevano intuito al momento del crollo del ponte Morandi, oggi corroborato dalle inchieste».

Ovvero?
«C’è qualcuno responsabile del crollo di un ponte, della morte di 43 persone e di un danno economico e infrastrutturale a Genova e a tutto il Nord. Ciò che accade oggi, compresa la valutazione sulle condizioni in cui il servizio viene gestito, è il prodotto di questi eventi. La nostra severità, se la vuole chiamare cosi, è solo l’effetto di quelle scelte dissennate e infine tragiche».

Benetton dice: «Anche noi abbiamo subito le scelte del manager».
«In questo Paese c’è libertà di opinione e pensiero».

La sento sarcastico.
«Come mai parlano solo ora? Perché queste cose le hanno dette solo dopo un anno e mezzo e non a caldo?».

Me lo dica lei.
«Noto che scaricano i manager solo dopo averli sostituiti. E che quando dovevano prendere atto di quel che dicono ora – cioè subito dopo il crollo del ponte – non lo   hanno fatto».

Quindi è giusto revocare?
«Certo. I manager chi ti ha scelti? Dino Giarrusso, Di Maio o Benetton? I proprietari della società subiscono le conseguenze delle loro decisioni. E poi…».

Cosa?
«Ho visto che a Castellueci è stata pagata una buonuscita di 13 milioni di euro. Un travet dovrebbe lavorare 10.000 anni per raggiungere questa cifra».

Che cosa c’entra questo?
«Non conosco i termini del contratto, ma non mi pare il trattamento che si riserva a un manager da cui ti senti tradito».

Tutta la colpa è dei Benetton, dunque?
«No, anche di chi ha concesso condizioni così vantaggiose a un privato».

Qualcuno si chiede se Di Maio usi Autostrade per ricompattare il Movimento.
«Assurdo. Non ho mai sentito qualcuno, nel nostro Movimento e nel Paese reale, che sia contrario alla revoca. Siamo compattissimi, soprattutto su questo».

Se si revoca, chi dovrebbe gestire Autostrade?
«Atlantia in questi anni ha fatto guadagni e profitti straordinari a fronte di scarsissimi investimenti sulla sicurezza e sulla manutenzione. Chiunque prometta di evitare questi errori sarebbe meglio di loro».

Anche in questo caso pensate alla nazionalizzazione?
«Tra poco le risponderò. Ma sembra davvero che nessuno si preoccupi di quello che sta emergendo dalle indagini. Come se fosse indifferente. Non lo è».

Bene, ma chi deve gestire il servizio?
«Il governo ha il dovere di intervenire a tutela di un bene in cui il valore deriva da investimenti pubblici. In tutta Europa i gestori guadagnano meno o sono costretti a investire di più».

Può essere anche lo Stato, dunque.
«I ricavi certi possono rimpinguare i bilanci pubblici. E Autostrade era una gallina d’oro anche prima di Atlantia. Dobbiamo capire che il sistema Paese ha alcune priorità industriali da tutelare e per questo è importante anche l’idea del ministro Stefano Patuanelli di una nuova Iri».

Passiamo al salva Stati; oggi Nicola Zingaretti vi ha fatto un appello ad accettare. In nome dei valori europei.
«Partiamo dal vecchio salva Stati, per provare a spiegare; non ha fatto bene alla Grecia. Ha fatto bene alle banche che avevano investito in Grecia».

Siete contrari perché volete contendere i voti sovranisti a Matteo Salvini e Giorgia Meloni?
«No, anzi, quel meccanismo non ci è mai piaciuto e lo abbiamo scritto chiarissimo anche nel nostro programma elettorale».

Carlo Calenda dice che lo criticate senza conoscere il testo.
«Vorrei che Calenda spiegasse questo: se vengono concessi più facilmente i crediti a chi ha un rapporto tra debito e Pil fino al 60%, come può convenire all’Italia che ha il secondo peggior rapporto?».

I difensori del resto dicono che il trattato entra in funzione solo se lo chiedono i governi. Il governo siete voi.
«Che c’entra? Se domani ci tosse un nuovo governo Monti lo considererei preoccupante».

Che cosa paventate di un teorico intervento?
«Il Mes può chiedere consolidamenti fiscali. Può chiedere tagli alla spesa pubblica. Questo scenario va scongiurato oggi».

I liberisti dicono: noi siamo responsabili del nostro debito.
«Non tutti sanno che abbiamo già pagato interessi si debito superiori all’intera cifra del debito. Basta giocare sui sensi di colpa.

Ma il governo giallorosso durerà?
«Quando è nato il governo con la Lega, e poi quando è nato governo con il Pd dopo il tradimento di Salvini, ho pensato la stessa cosa».

Cioè?
«Non mi piace, ma è necessario».

E oggi?
«Penso la stessa cosa. Se loro vengono a noi e se insieme votiamo leggi compatibili con la nostra storia e i nostri valori, è una cosa positiva».

E quindi?
«Abbiamo ottenuto: reddito, taglio dei vitalizi, spazzacorrotti, quota 100, codice rosso e riforma della prescrizione: mi sembrano cose ottime».

Andiamo al sodo. In Emilia dovete allearvi con il Pd o no?
«Il tema non si pone, perché come ha ricordato anche Di Maio noi non possiamo sostenere il candidato di un partito. Lo dice il nostro statuto. In Emilia Romagna siamo pronti a fare una grande campagna elettorale».


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