Luca Telese

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Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Il fondo del direttore: la Restanza

Restare sui territori, restare nel “mondo a parte”, restare nelle province incantate di questa regione, restare perché si ha chiaro che nessun miraggio può farti staccare dalla tua terra, dai tuoi valori, dalla qualità della vita che nessuna metropoli ti può restituire.

Luca Telese

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Restanza è una parola nuova, che fa rima baciata con una parola bella e antica: speranza. Restanza è una parola a specchio che rimbalza come un contrario su una parola piena di vita, di storia e di dolore: partenza. Restanza è una parola assonante con una parola bellissima che in ogni tempo racconta il coraggio di non arrendersi mai: Resistenza.

Ma Restanza è, anche, una parola inventata da un professore meridionale – Vito Teti – per dare un titolo al suo libro, e raccontare una passione del passato che si declina nel futuro. Restanza è una battuta fantastica di “Un mondo a parte” di Riccardo Milani, la scena – se lo avete visto state già ridendo con me – in cui è tutto ribaltato.

è l’Abruzzo dell’interno dove il figlio vuole restare a coltivare la terra e i suoi genitori contadini, disperati, vorrebbero che il professore arrivato da Roma – Antonio Albanese – lo convincesse a partire per la città. Allora Antonio tira fuori dallo zaino il libro (un delizioso volumetto delle Vele Einaudi) del professor Teti: “È bellissimo che vostro figlio abbia questo desiderio! È proprio quello che Teti racconta in Restanza”. E allora il padre imbufalito urla in faccia al profsssore: “Ma vattene a fangulo, tu e la restanza!” (Alla fine del film il ragazzo controcorrente resta nel suo paese di montagna, felice di cavalcare il suo trattore). La gag di Albanese, nel film di Milani, è costruita come un bel gioco del contrario, per rompere il cliché dei padri che vogliono restare e dei figli che sognano di fuggire: ovvero la piaga del nostro tempo. Restare sui territori, restare nel “mondo a parte”, restare nelle province incantate di questa regione, restare perché si ha chiaro che nessun miraggio può farti staccare dalla tua terra, dai tuoi valori, dalla qualità della vita che nessuna metropoli ti può restituire. Restanza – oggi – sembra una idea controcorrente, ma spesso è una scelta lungimirante: il progresso è le tecnologie hanno cambiato la percezione degli spazi, hanno moltiplicato le connessioni.

Si può fare carriera, fortuna, esperienza, anche senza essere sradicati dal luogo in cui siamo nati. Io sono innamorato di un verso di “Don’t give Up” di Peter Gabriel, splendida cantata a due voci scritta in duetto con Kate Bush, quella in cui la moglie, nel ritornello, rassicura il marito (che ha perso il lavoro e la propria identità) dicendogli: “Non arrenderti/, purché ci hai ancora/ non renderti perché siamo orgogliosi di te/ non arrenderti/ perché tutti noi abbiamo un luogo a cui apparteniamo”. “Don’t give up” sarebbe un bellissimo inno per chi sceglie di non andarsene, perché è un canto di speranza che gira intorno a questa idea potente: si appartiene ai luoghi, e quando si sa di appartenere ai luoghi, è molto più difficile essere sconfitti. Verranno giorni duri, è possibile, anche in questo 2025 pieno di incertezze: e anche nei momenti più duri Restanza continuerà a fare rima con appartenenza.

Si può partire o restare – senza perdersi – perché si è forti, mai perché si è deboli. Ecco perché oggi guardo con occhi particolari la foto della prima nata del 2025 in Abruzzo: si chiama Nicole, ha visto la prima luce della sua vita a Lanciano, il 1° gennaio a mezzanotte e dieci secondi. nell’immagine che pubblichiamo piange di energia vitale. Ha già capito che non sarà facile, per fortuna, ma non si arrenderà. Guardo questa foto piena di luce, nel suo contrasto, mentre con Domenico e Gian Paolo decidiamo di metterla in prima pagina: le luminose donne dello staff medico, la madre soddisfatta, e il sorriso radioso di questo padre sono un concerto pieno di sfumature importanti. Se l’Italia del 2025 sarà il paese che noi vogliamo, Nicole non sarà costretta ad un destino che non ha scelto. Non sarà costretta a diventare un cervello in fuga, e nemmeno un corpo in trappola: non sarà schiacciata come una pressa fra Partenza e Restanza, sarà quello che sceglierà di essere, aiutata dall’amore che l’ha portata al mondo. Mi fanno molta simpatia queste donne, ma oggi vorrei abbracciare il sorriso bello e solare di questo padre e dirgli che in quella notte di parto non ha regalato solo un futuro, a sua figlia, ma una luce di speranza, a tutti noi. Sono contento di appartenere anche io alla stessa speranza che il sorriso di questo padre ci racconta.


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