Metà delle persone che in queste ore sono state terrorizzate ad arte dalla campagna di demonizzazione della rete, non hanno mai navigato su Internet nemmeno un minuto, in vita loro. Non sarebbe grave se, purtroppo non apparisse chiaro che neanche molti dei giornalisti che hanno lanciato con tanto clamore il cosiddetto “allarme internet” lo abbiano fatto: si capisce da quel che dicono. Solo in Italia, e in certi Tiggì, si può parlare di Facebook – uno dei più noti social network del mondo – come se fosse una rete para-terroristica, capace di fiancheggiare, se non addirittura di ispirare nefandi delitti. Se non si lasciasse intuire che internet sia lo strumento occulto attraverso cui il povero Massimo Tartaglia è stato indotto a compiere la sua vergognosa aggressione contro Silvio Berlusconi. Non c’è uno straccio di prova, per affermarlo, ma intanto si dice: allarmate, allarmate, prima o poi qualcuno provvederà.
Spesso mi chiedono: “E come la mettiamo allora con le scritte inneggianti all’omicidio nelle pagine di Facebook? Rispondo sempre con molta semplicità: e come la mettiamo allora con le scritte di ingiuria che affrescano tutti i cessi degli Autogrill? Ci sono, non sono belle (anzi, fanno schifo) ma nessuno penserebbe mai di chiudere gli Autogrill perché ci sono quelle scritte. Non ho mai visto nessun Garante intervenire perché nell’area di servizio Arrone est si diffondono i dati sensibili (il telefonino) di una tale “Federica la roscia” invitando gli astanti a chiamarla per ottenere delle magnificate prestazioni orali (ogni volta che vado mi sorprendo della persistenza di questa scritta, povera Federica). Altrettanto curiosamente, nessun tiggì e nessun preoccupato editorialista ci ha parlato della pericolosità di internet quando il giovane Renzo Libertà Bossi, detto simpaticamente “la trota” (non da un efferato web-calunniatore, da suo padre), metteva in rete sulla sua pagina Facebook il simpaticissimo videogioco “Affonda il clandestino”. Consisteva nel decimare gli immigrati sui gommoni per impedirgli di toccare terra. Che tenero. Non ricordiamo grida maroniane quando (sempre gli allegri giovani leghisti, di Mirate) raccoglievano adesioni per conto del faceto gruppo “Tortura i clandestini”. Non sono stati lanciati allarmi istituzionali, malgrado persino qualche baldanzoso deputato del Nord (Roberto Cota) figurasse tra i sostenitori. Ed era giusto. Come le scritte nei cessi queste iniziative fanno schifo e vanno censuriate, ma non certo proibite.
Due giorni fa, però, viene fatta filtrare ad arte sulle agenzie questa velina: “Nel prossimo consiglio dei ministri si pensa di rendere più difficoltosa la navigazione verso certi siti. Un procedimento simile a quello che si mette in atto per bloccare i siti con contenuti pedopornografici”. Altre voci dicono: servirà l’autorizzazioni per le dirette in streaming. Curioso. Perchè gli unici paesi in cui si conoscono limitazioni di questo tipo sono l’Iran, Cuba e la Cina, più le repubbliche asiatiche gestite dai dittatori con i colbacchi di pelliccia. Dopo la rivolta della rete, indietro tutta: nessuna limitazione.
Perchè mai allora si prende a pretesto quello che succede nelle latrine di Internet per chiedere limitazioni di libertà su internet? Si suggeriscono al candidato tre soluzioni: 1) Maroni è incazzato perchè ha problemi con la sua chiavetta da 56 K 2) C’è una società di Mediaset che vuole vincere l’applato del sistema filtri 3) Fra le tante belle cose che nascono in rete c’è stata – anche – una manifestazione di opposizione da 300mila persone.
Luca Telese
Rispondi